«La guerra in Ucraina sarà lunga. Serve creatività per ricercare la pace»
«La guerra in Ucraina è destinata a essere lunga e sanguinosa». Ne è convinto Mario Mauro, già ministro della Difesa e fondatore del centro studi di relazioni internazionali Meseuro. In un’intervista a Tempi l’ex vicepresidente del Parlamento europeo sostiene che soprattutto davanti alla minaccia nucleare di Vladimir Putin «bisogna restare fermi nel sostegno a Kiev ma anche essere creativi nel ricercare una prospettiva di pace».
Come influirà sul conflitto la «mobilitazione militare parziale» annunciata dal Cremlino?
Allungherà la guerra che, al momento e al di là dei rovesciamenti di fronte, sul piano tecnico-militare resta in una fase di stallo. Le forze non sono in grado di prevalere l’una sull’altra, nel Donbass sono trincerate già dal conflitto del 2014 e tutto ciò rende i tentativi di conquista russi e quelli di riconquista ucraini molto difficili.
Putin è in difficoltà?
Senza dubbio e tutto fa pensare che avremo un lungo inverno di guerra, con i russi che cercheranno di colpire obiettivi civili per indebolire il sistema di difesa dell’Ucraina.
Putin ha agitato lo spettro della guerra nucleare. È una minaccia che dovremmo prendere seriamente?
Sì, è una minaccia che riguarda il mondo intero. Per questo credo che nel rapporto con i russi l’Occidente debba tenere insieme da un lato la fermezza nel sostenere l’Ucraina, che ha permesso una resistenza esemplare, dall’altro la creatività politica e istituzionale per costruire una prospettiva di pace.
Le proteste in Russia contro la mobilitazione parziale di Putin denotano che qualcosa sta cambiando all’interno del paese?
Sicuramente dimostrano l’esistenza di un senso di smarrimento rispetto alle ultime decisioni del Cremlino, ma da qui a immaginare un rovesciamento di Putin ce ne passa. Siamo ancora lontanissimi, anche perché il presidente può attingere con facilità a quel senso di appartenenza e di difesa del proprio mondo che è caratteristico della Russia. Certo, qualcosa comincia a scricchiolare all’interno di un ordinamento che ormai si può definire semidittatoriale. Vorrei però aggiungere una cosa.
Quale?
Io non credo che noi dovremmo auspicare o cercare attivamente un cambio di regime in Russia, quanto la maturazione di un dibattito che aiuti il popolo russo a giudicare quanto sta accadendo.
L’Italia che ruolo può giocare in questo senso?
Io ho sempre pensato che l’Italia potesse avere le carte in regola sia per fare questo che per cercare soluzioni di pace per il conflitto. Infatti nel nostro paese, insieme alla chiara posizione di Mario Draghi a sostegno dell’Ucraina, si è sviluppato un dibattito attento anche alle ragioni dei russi, pur non venendo mai meno alla consapevolezza di chi è l’aggressore e chi è l’aggredito. Ora però sarà tutto più difficile.
Perché dai sondaggi sembra che al governo andrà il centrodestra guidato da Giorgia Meloni?
Nessuno ha il diritto di mettere in discussione il risultato delle elezioni italiane, che non accetta lezioni da nessuno per quanto riguarda gli standard del suo processo democratico e istituzionale. Men che meno le istituzioni europee, e penso alle dichiarazioni di Ursula von der Leyen. Precisato questo, mi riferivo ad altro.
Alle dichiarazioni di Silvio Berlusconi a Porta a Porta? Il leader di Forza Italia ha detto che «Putin è stato spinto dalla popolazione a inventarsi questa operazione speciale per cui le truppe russe dovevano entrare, in una settimana raggiungere Kiev, sostituire con un governo di persone perbene il governo di Zelensky e in un’altra settimana tornare indietro».
Esattamente. Queste parole renderanno difficile qualsiasi iniziativa di un governo di centrodestra. Se c’era un modo per complicare la vita alla Meloni, che se sarà votata potrà legittimamente diventare presidente del Consiglio, c’è riuscito benissimo. Farà fatica adesso a presentarsi come atlantista ed europeista sul piano internazionale. Mi pare un vero e proprio atto ostile nei confronti delle chance di un governo di centrodestra.
Ha dubbi sull’atlantismo della Meloni?
No, lei resta garante della coalizione da questo punto di vista. Ma se dovesse scegliere un membro di Forza Italia per il ministero degli Esteri, non potrebbe più farlo a cuor leggero. Le frasi di Berlusconi la mettono in seria difficoltà: oltre che inaccettabili sono francamente incomprensibili.
Foto Ansa
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