La droga, il ragazzo di Lavagna e noi. Lettera a Roberto Saviano
[cham_inread]
Caro Roberto Saviano,
le scriviamo dopo aver letto il suo articolo dal titolo “I dieci grammi del ragazzo di Lavagna e i miliardi della mafia” (Repubblica, 15 febbraio 2017).
Il dramma del giovane che si è tolto la vita dopo essere stato perquisito dalla Guardia di Finanza ci ha colpito anche per una particolare circostanza. Proprio ieri anche presso la nostra scuola, “In-Presa” a Carate Brianza, c’è stata una perquisizione della Guardia di Finanza con il supporto dell’Unità Cinofila.
È una iniziativa che ripetiamo ogni anno, e lo facciamo non solo come un tassello di una necessaria lotta contro il fenomeno della droga; lo facciamo soprattutto per i nostri ragazzi, perché ci stanno a cuore le loro vite, il loro presente e il loro futuro, perché conosciamo tanti dei loro drammi e dei loro disagi, della violenza che hanno subito e delle sconfitte che hanno patito.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]E vediamo quanti danni procura loro quella droga (pesante o leggera è solo un dettaglio secondario) in cui cercano una risposta che non arriva mai, anzi che rafforza i loro disagi, il loro sentirsi inadeguati ed estranei a tutto ciò che accade loro.
Lei scrive “Il fumo che si spaccia davanti alle scuole, nelle discoteche, negli stadi e ovunque ci siano ragazzi è fornito dai cartelli criminali. Il problema sono loro o sono gli studenti che fumano?”. Caro Saviano, noi crediamo che la questione sia mal posta. L’interrogativo è un altro: «Quando un ragazzo ruba una bicicletta che cosa importa alla società? La sorte della bicicletta o quella del ragazzo?» (G.Cesbron, “Cani perduti senza collare”).
La nostra scuola si rivolge soprattutto a ragazzi in dispersione scolastica, neet, giovani a rischio di disagio sociale… Sono ragazzi che hanno bisogno di essere voluti bene, di essere stimati, di sentire che la vita non è loro nemica, che c’è una possibilità buona. Non hanno bisogno di una droga che li stordisca e li affondi sempre di più nel fango da cui cercano di tirarsi fuori. Ne vediamo molti, che arrivano la mattina avendo già fumato il primo spinello: sono spenti, senza motivazioni, assenti…
Qualcuno gli ha fatto credere che il massimo che possono aspettarsi dalla vita è lo sballo, e lo cercano nello spinello o in sostanze più pesanti. Ma è una menzogna dietro cui si nasconde il desiderio più vero di ogni ragazzo: trovare qualcuno che li accompagni ad affrontare la vita e a godersela senza bisogno di fughe in benesseri creati artificialmente.
Lo ha detto benissimo la stessa mamma del ragazzo di Lavagna parlando ieri ai coetanei di suo figlio: “C’è qualcuno che vi vuole soffocare facendovi credere che sia normale fumare una canna, normale farlo fino a sballarvi. Diventate piuttosto veri protagonisti della vostra vita”.
Ma per questo c’è bisogno di amici e adulti che aiutino i ragazzi a guardare in faccia la realtà (e anche una ispezione può aiutare a farlo), a guardare in faccia il loro desiderio; amici e adulti che gli diano la possibilità di rialzarsi dopo un errore. La fondatrice della nostra scuola diceva: “Questi ragazzi meritano di più, c’è da fargli provare di più la bellezza della vita”.
È questo che si meritano i nostri ragazzi; non una scorciatoia che li stordisca, e nemmeno la complicità mortale di una droga liberalizzata che li renderebbe ancora più schiavi.
I responsabili di Cooperativa Sociale In-Presa
Davide Bartesaghi, Carla Garbelli, Chiara Frigeni, Evelina Cattaneo, Antonia Viganò, Caterina Cesana, Francesca Quattrocchi, Ian Farina
Foto Ansa
[cham_piede]
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!