

Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «È bastata un’intemperanza senile (quando certo si pensava di usare l’astuzia per sconfiggere il leone) che immediatamente la necessità del ricorso, invece, alla forza, si è espressa con lungimirante rapidità. Il governo Meloni è un governo di guerra, comprendiamolo bene. Con le relazioni internazionali non si scherza: ossia esse, le relazioni e quindi le dipendenze internazionali, quando l’orizzonte è quello bellico, non consentono astuzie e stratagemmi. Non siamo più solo in una Unione Europea che non riesce a trovare il suo destino perché non ha delle fondamenta costituzionali: siamo, invece e in prima istanza, nel plesso di un confronto tra Stati Uniti e Russia e Cina che si va delineando ancor più nettamente dopo Samarcanda, dove il 15 e il 16 settembre si è riunita la Shanghai Cooperation Organization (Sco), che ha avuto per obiettivo della Cina di contrastare l’accerchiamento – nel continente eurasiatico e nell’Indo-Pacifico – che Washington costruisce contro di essa».
Non si comprendono le dinamiche che hanno portato al governo Meloni così in fretta, se non si ha presente il quadro internazionale nel quale si sono sviluppate.
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Su Open si scrive: «L’incontro tra la premier Giorgia Meloni e il presidente della Francia Emmanuel Macron non farà desistere Parigi dalla “vigilanza” nei confronti dell’Italia. Questo è il senso di una nota citata dall’agenzia di stampa Ansa che la attribuisce a “fonti dell’Eliseo”. Sui diritti umani, “giudicheremo dagli atti del governo Meloni in modo concreto, e vedremo come reagire tema per tema. Nell’incontro di oggi a Roma fra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni, il presidente francese ha ribadito che da parte di Parigi continueranno vigilanza e atteggiamento esigente”. “Sullo stato di diritto e sui valori”, hanno fatto sapere le fonti dell’Eliseo, “guarderemo agli atti in modo concreto”».
La fretta con cui Macron ha voluto incontrare Giorgia Meloni, il fatto che il presidente francese abbia svelato un colloquio che forse doveva essere riservato, dimostrano le attuali difficoltà di Parigi, non considerata particolarmente fedele da Washington e non più ben coordinata con Berlino. Ma mentre cerca una sponda con la nuova presidente del Consiglio italiana, l’inquilino dell’Eliseo deve tener conto di quel che si muove a casa sua nella destra tra gollisti e lepeniani, e quindi non manca di fare un’inopportuna dichiarazione sulla sua vigilanza su “diritti e valori”. Tutto ciò dimostra come per Roma si presentino sia grandi opportunità sia grossi problemi. Una bella sfida per i neogovernanti.
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Sulla Nuova Bussola quotidiana Riccardo Cascioli scrive: «È molto più probabile, per non dire certo, che sarà ancora più inflessibile e determinato alla sinizzazione della Chiesa cinese dopo che, pur avendo intrapreso questa strada, non ha incontrato alcuna resistenza da parte vaticana. Ricordiamo che secondo i regolamenti approvati nel 2020 anche la Chiesa cattolica deve “aderire alla leadership del Partito comunista cinese, aderire al principio di indipendenza e di autogoverno e attuare i valori del socialismo”. Peraltro è stato lo stesso Xi Jinping, nel dicembre 2021, intervenendo alla Conferenza nazionale sugli affari religiosi, a chiarire che la “sinizzazione delle religioni” va intesa come controllo del Partito comunista cinese su tutte le religioni, e non inserimento di valori e tradizioni cinesi nelle pratiche religiose. Non sono solo parole perché in questi quattro anni in cui l’accordo è stato in vigore, la persecuzione contro i cattolici è aumentata».
Quella stucchevole metafora sul saggio che guarda alla luna e lo stupido al dito che la indica, forse può aiutare a spiegare come oggi mentre tutti parlano della Russia, la vera gigantesca questione che incombe sugli equilibri internazionali riguarda la Cina. Un bel problema sia per il Vaticano, come osserva Cascioli, sia per Olaf Scholz e il porto della sua Amburgo, e anche quegli storditi del Pd che parlano di allearsi/coordinarsi con i 5 stelle il cui cuore, come si può leggere sul Blog di Beppe Grillo, batte per Pechino.
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Sulla Zuppa di Porro Corrado Ocone scrive: «Anche se il primo problema da affrontare sarà ora quello dell’incipiente crisi economica, il successo di Meloni e alleati si vedrà già dai primi passi. Anche se poi il vero obiettivo è collocato sulla lunga distanza. E starà nella capacità di scalfire una egemonia pluridecennale della sinistra che è culturale prima ancora che politica, di rifondare su basi più solide e meno improvvisate una destra che deve essere liberale e conservatrice insieme, di ridisegnare con ciò stesso un sistema politico che è stato fino ad oggi contrassegnato dalla delegittimazione morale dell’avversario e da un “fascismo” strisciante che si è dato il nome di antifascismo».
Il centrodestra (o destra-centro come appare oggi) deve affrontare sicuramente i drammatici problemi dell’immediato, ma se vuole durare deve prepararsi per il medio-lungo periodo, e in questo senso senza una cultura politica strutturata (in fondazioni, giornali, associazioni) non potrà prevalere su un senso comune assai consolidato in questi decenni che ritiene come parlare di famiglia oggi sia un ritorno al Medioevo.
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