La Cassazione distrugge le scuole paritarie e affossa il principio della parità
Martedì la Cassazione ha assestato un bel colpo di piccone al non profit e alle scuole paritarie. Un attacco che potrebbe affondare più di un istituto, svilendo definitivamente anche l’ultima parvenza di parità scolastica nel nostro paese, riconosciuta dalla “Costituzione più bella del mondo”.
Con una sentenza non ancora resa pubblica, ma vista in anteprima dal Sole24Ore, la Corte ha infatti annullato, dichiarandolo «senza valore di legge», il decreto ministeriale 200/2012 del governo Monti. Questo fissava nuovi criteri per distinguere attività commerciali e non commerciali al fine di stabilire chi deve pagare la tassa sugli immobili (Imu-Tasi) e chi invece deve essere esente.
IL RICORSO DELL’UE E IL DECRETO MONTI
Fino al 2011 l’esenzione era generalizzata e bastava che una parte di un immobile fosse senza fini commerciali per l’esenzione dalle imposte. L’Antitrust dell’Unione Europea giudicò però questo sistema illegittimo, qualificandolo come aiuto di Stato a strutture ricettive, scuole e sanità “non profit” a danno dei concorrenti. L’Ue rinunciò a contestare gli arretrati ma chiese al governo di approvare nuovi regolamenti.
È quello che fece il governo Monti nel 2012: con il suddetto decreto stabilì, per quanto riguarda ad esempio le scuole, che il discrimine fra attività commerciali e non era dato dal costo standard per studente: dai 5.739,17 euro annui per la scuola dell’infanzia, ad esempio, ai 6.914,31 per le superiori. Se la tariffa media chiesta da una scuola paritaria era inferiore a quel valore, non doveva pagare l’Imu.
LA TROVATA DELLA CASSAZIONE
Se la Corte di giustizia Ue è tornata a pretendere che l’Italia chieda le imposte arretrate, precedenti al 2012, la Cassazione ha fatto peggio, annullando il decreto perché il governo non doveva «definire autoritativamente il concetto di “modalità non commerciali”, ma solo stabilire modalità e procedure da seguire in caso di utilizzazione mista di un immobile».
Per i giudici, va ritenuta «commerciale» qualsiasi «attività organizzata per la prestazione di servizi a terzi dietro pagamento – da parte dell’utente o di altri, compresi lo Stato, le regioni o altre pubbliche amministrazioni – di un corrispettivo funzionale ed adeguato alla copertura dei costi e alla remunerazione dei fattori della produzione».
COSÌ LA CORTE AFFOSSA TUTTA LA SCUOLA
Un parametro di questo tipo, commenta il Sole24Ore, «colpisce senza dubbio anche la scuola». L’unico modo per tappare la falla aperta dalla Cassazione ora è approvare una nuova legge. Il problema è che cosa succederà nel frattempo. Secondo il quotidiano di Confindustria, «con l’ordinanza in mano saranno molti i Comuni a ripensare le esenzioni sul proprio territorio e ad avviare accertamenti su attività finora considerate esenti».
Chiedere l’Imu-Tasi alle scuole paritarie significa non solo affossare definitivamente la parità scolastica, non solo far chiudere tutti gli istituti liberi, che sono pubblici a tutti gli effetti, ma far fallire l’intera scuola italiana. Come dimostrato da un’inchiesta del Corriere della Sera, per uno studente di scuola superiore statale il governo spende almeno settemila euro, con punte che arrivano fino a diecimila a seconda dell’istituto. Un alunno di scuola secondaria paritaria, invece, costa allo Stato appena 50 euro. I soldi recuperati dall’Imu di questi immobili non basteranno neanche lontanamente a coprire le spese che lo Stato dovrà sobbarcarsi per alloggiare tutti gli alunni delle paritarie nei suoi istituti. Un suicidio in piena regola di cui la Cassazione non sembra preoccuparsi.
Foto Ansa
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