La Brianza di Virzì? Inventata da un toscano convinto che dentro ogni Suv si nasconda un assassino
LA STORIA. «Ambientato nel paesaggio ostile della Brianza, dove i personaggi mostrano tutta la loro ingordigia di denaro e potere», come ha scritto Natalia Aspesi su Repubblica, il racconto si sviluppa a partire dalla vicende di un Suv che in una notte di inverno su una stradina buia investe una bicicletta guidata da un cameriere (il guidatore del Suv non si ferma a soccorrerlo). Questo evento deciderà il destino delle famiglie di Giovanni Bernaschi, speculatore, e di Dino Ossola, immobiliarista e cialtrone, nonché quello di due adolescenti con complicazioni emotive.
BRIANZOLI EGOISTI EVASORI. Il capitale umano è, secondo lo stesso Virzì, un noir. Volutamente girato tra «villette pretenziose» e «ville sontuose dai cancelli invalicabili», nell’intenzione del regista dovrebbe raccontare della gioventù tradita dai propri padri, degli italiani con «pochissimo senso civico», della borghesia «egoista e carente verso i bisogni degli altri», di un paese «plasmato dal berlusconismo, dagli ostentatori che rendono volgare la ricchezza e lo spreco, che fa dei truffatori e degli evasori dei martiri e degli eroi».
IL BUIO OLTRE LA SIEPE. Per ottenere informazioni sull’esistenza dei teatri brianzoli bastava controllare su internet. Non sarebbe stato necessario nemmeno uno dei 700 mila euro che il ministero della Cultura italiano ha versato ai produttori del Capitale umano. Non è stato fatto e il regista ha giustificato l’errore sostenendo che la sua «Como non è davvero Como», e che la sua Brianza «non è ovviamente la Brianza». Dunque, logicamente, l’Italia di cui parla Virzì non è davvero l’Italia, ma, appunto, una «località immaginaria». E il film, ambientato in un paesaggio umano e urbano liberamente ispirato all’Italia, è la proiezione delle fobie di persone politicamente definite che associano il Suv all’assassino, la bicicletta alla vittima della strada, la villetta a schiera alle illusioni e delusioni sociali, l’adolescente alla lametta, l’immobiliarista al venditore di fumo, gli affari al malaffare, il profitto al male assoluto, trovando ispirati legami fra l’attrice ingenua e il colto professore universitario, la donna e la generosità, il funzionario pubblico e il bene universale, il brianzolo e l’uomo nero. Solo in questo senso, un film cinico ben recitato, sceneggiato e diretto da una brava regia, si potrebbe salvare dall’irrealtà della sua storia e dalle sue fobie campate in aria.
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9 commenti
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Ehi, ma ma avete tutti la coda di paglia? E poi sto Francesco Amicone che ha fatto la recensione beandosi delle sue parole, compiacendosi della sua dialettica incravattata (capace si e’ masturbato rileggendosi).
Siete tutti patetici. Meno male ne avete per poco…
premetto che ho visto il film, le rare inquadrature delle villette a schiera potrebbero essere Brianza; il teatro Politeama non so dove sia, il film è stato girato interamente a Varese, il SUV era guidato dall’adolescente drogato ed emarginato di turno e non da un ricco diventato tale senza produrre per il Paese, le caricature dei personaggi sono artificiose, zeppe di stereotipi e luoghi comuni come pure il giudizio che si vuole trasmettere su uno spaccato di società che né a Varese né, immagino, in Brianza esiste come sentimento comune, è come dire che Napoli è pizza e mandolino e Palermo è mafia e illegalità, d’altra parte con un film pagato dallo Stato e dal canone Rai e con un regista di sinistra non ci si poteva aspettare di più, e poi non parlatemi di regia, musiche, ambientazioni, carattere dei personaggi che non giustificato assolutamente l’ideologia che sottende al misero prodotto …
Grazie per avermi svelato l’unica cosa che non era ancora stata detta su questo film. Adesso che so anche chi è l’assassino non ho più nessun motivo per vedere questo film
1. abbiamo registio che sono capaci solo di fare speculazioni politiche, antiberlusconiane e intellettuali…
2. parlano di un mondo che non conoscono
3. prendono soldi dallo stato (guarda caso) per farsi finanziare progetti “politici” (sembrano opere della propaganda sovietica)
4. si fanno recensire da quelle raffinate penne di intellettuali che hanno perso la rivoluzione con le armi e adesso la fanno con le satira di parte
Ma poi quando (?) li incassa i 700.000,00 euro, Virzì li restituisce allo Stato?
No perché ci sarebbe da prendere impegni di spesa per l’assistenza di anziani e disabili, incentivi a contrastare la disoccupazione e via discorrendo..
La brianza, l’insubria, l’altomilanese, bergamo e le valli, e tutti i vari distretti, provincie e territori lombardi (ma e in particolare tanti paesi della diocesi ambrosiana) danno fastidio a tanti perchè mostrano la ricchezza e il benessere generato da una radicata esperienza cattolica!
Certo decenni di clima anticattolico – anche all’interno di alcuni ambiti di Chiesa – ha portato alcuni a ripiegarsi sui propri beni e a idolatrare il denaro, ma quante iniziative di carità e di solidarietà che son nate e si sviluppano in quei territori!!
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Premetto che non ho visto il film e non mi permetto di giudicarlo a priori. Faccio notare che proprio su Monza è in corso un’indagine con decine di persone coinvolte (alcune ai domiciliari altre nelle patrie galere) per un sistema di aggiudicazione appalti, promosso da una importante famiglia brianzola ed esportato in tutta Italia, dove la corruzione era la normalità. La Brianza ha un capitale umano ineguagliabile ma forse è ora che riscopra le proprie origini e inizi a dare qualche calcio nel sedere a personaggi che non la rappresentano. Diversamente sulle copertine ci vanno persone spregiudicate.
ciao a tutti.
Virzi doveva dire anche che il suo film, ovviamente non è un vero film.