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L’Armenia, abbandonata da tutti, offre il Nagorno-Karabakh a Baku

Il premier Pashinyan è pronto a cedere il territorio storicamente armeno in cambio di una pace duratura e garanzie internazionali. È la mossa della disperazione

Leone Grotti
24/05/2023 - 5:40
Esteri
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Nikol Pashinyan in Armenia commemora l’anniversario numero 108 del genocidio
Il primo ministro Nikol Pashinyan durante la commemorazione dell’anniversario numero 108 del genocidio armeno, 24 aprile 2023 (foto Ansa)

Il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, si è detto pronto a riconoscere la sovranità dell’Azerbaigian sul Nagorno-Karabakh se in cambio Baku riconoscerà l’integrità territoriale dell’Armenia e garantirà la protezione dei diritti della popolazione armena residente nella regione montuosa.

L’Armenia pronta a cedere all’Azerbaigian

Le dichiarazioni del premier non costituiscono una novità di per sé. Contro il sentimento di parte della popolazione armena, Pashinyan ha più volte dichiarato di essere pronto a sacrificare il Nagorno-Karabakh per ottenere una pace duratura con il regime di Ilham Aliyev e preservare il territorio armeno davanti alla minaccia di un’invasione congiunta turco-azera. «L’Armenia è pronta a riconoscere gli 86.600 chilometri quadrati di integrità territoriale dell’Azerbaigian», ha dichiarato il premier lunedì. «E ci sembra di capire che Baku è pronta a riconoscere i 29.800 chilometri quadrati di integrità territoriale dell’Armenia».

La possibilità di raggiungere un simile piano di pace dipenderà dal «nodo dei diritti e della sicurezza degli armeni del Nagorno-Karabakh, che potrebbero essere dimenticati. L’Azerbaigian potrebbe infatti continuare la sua politica di pulizia etnica e genocidio contro gli armeni attraverso l’utilizzo della forza».

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Come prevedibile il governo dell’Artsakh, nella persona di Artak Beglaryan, consigliere del ministro di Stato, ha rigettato questa possibilità: «Qualsiasi documento e dichiarazione che riconosca l’Artsakh come parte dell’Azerbaigian è inaccettabile. Solo il nostro popolo ha voce in capitolo sul nostro futuro».

Chi garantirà la sicurezza degli armeni?

A 164 giorni dall’inizio del blocco illegale da parte dell’Azerbaigian del corridoio di Lachin, che ha isolato i 120 mila armeni del Nagorno-Karabakh scatenando una crisi umanitaria, e dopo ripetuti attacchi armati con i quali l’esercito di Baku ha rosicchiato diversi chilometri quadrati di territorio dell’Armenia, Erevan sembra intenzionata a cedere un territorio storicamente armeno al nemico in cambio della pace.

Resta da capire chi garantirà la sicurezza degli armeni sotto il regime di Aliyev, dal momento che l’Azerbaigian ha sempre attuato una politica di discriminazione di Stato e pulizia etnica nei confronti degli armeni, con l’appoggio e il sostegno della Turchia.

Addio all’alleanza con la Russia?

Importanti in questo senso sono le dichiarazioni con cui Pashinyan si è detto pronto ad abbandonare l’alleanza militare che lega l’Armenia alla Russia. L’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Otsc), in vigore dal 1992, prevede infatti che Mosca intervenga in difesa di Erevan qualora il paese subisca un attacco militare. Negli ultimi due anni l’Azerbaigian, anch’esso firmatario del trattato, ha più volte attaccato direttamente il territorio dell’Armenia, ma la Russia, distratta dalla guerra in Ucraina e troppo interessata a mantenere un buon rapporto con la Turchia, non è mai intervenuta.

L’appartenenza dell’Armenia all’Otsc ha impedito a Erevan negli ultimi anni di acquistare armi da altri paesi. Le dichiarazioni del premier armeno avvengono in un momento in cui gli Stati Uniti potrebbero essere interessati a strappare un alleato alla Russia. «Se l’Armenia dovesse uscire dall’Otsc con una decisione de jure, lo farebbe soltanto dopo aver constatato che l’Otsc ha deciso di abbandonare l’Armenia».

L’Armenia è sola e disperata

Non è da escludere che Pashinyan, che il 9 maggio in occasione del Giorno della vittoria in Russia è volato a Mosca, stia cercando disperatamente di fare il doppio gioco per attirare l’attenzione di Vladimir Putin, dal quale Erevan resta dipendente dal punto di vista energetico ed economico.

Di sicuro le ultime scelte del premier armeno, disposto perfino a sacrificare un pezzo di terra armena contesa pur di salvare il resto della Repubblica, mostrano un leader solo, quasi disperato, senza alleati e inferiore militarmente rispetto al nemico che gode dell’appoggio di un paese Nato.

Se Unione Europea e Stati Uniti si interessassero anche solo per un attimo alla vicenda armena, vittima di un’aggressione e di un’invasione in piena regola, Pashinyan non sarebbe costretto a tanto. Ma l’Armenia è sola e anche se per ragioni storiche non può in alcun modo fidarsi dell’Azerbaigian (oggi mi prendo il Nagorno-Karabakh, domani chissà), ha sempre meno carte da giocare nel suo mazzo.

@LeoneGrotti

Tags: armeniarmeniaazerbaigianilham aliyevnagorno-karabakhnikol pashinyanRussiavladimir putin
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