
Halloween sì, chiese no: le contraddizioni dell’Arabia Saudita “liberale”

Il 27 e 28 ottobre in Arabia Saudita si è festeggiato lo “scary weekend”, il fine settimana spaventoso. Le autorità del regno ultraconservatore wahhabita non hanno avuto il coraggio di chiamarlo esplicitamente Halloween, un tempo bandito perché considerato una festa simbolo della decadenza occidentale, ma cambia poco.
L’Arabia Saudita festeggia Halloween
Dopo aver dato il via libera ai festeggiamenti di San Valentino, il regime islamico ha dunque sdoganato anche scheletri, streghe e zombie. I festeggiamenti sono stati anticipati di due giorni perché nessuno potesse affermare che l’Arabia Saudita aveva dato il via libera a un festival con radici cristiane in passato ritenuto haram, proibito. Ma tant’è.
La liberalizzazione dei costumi, lanciata da Mohammad bin Salman (Mbs) come parte del piano “Vision 2030”, ha rimosso il divieto di guidare per le donne, ha limitato il potere della polizia religiosa e aperto a concerti, cinema e partite allo stadio.
Perché proibire la libertà di culto?
Non si capisce, a questo punto, perché Riyad non possa anche permettere la costruzione di chiese e consentire il culto cristiano. La libertà di culto non fa sicuramente girare l’economia come Halloween o San Valentino, ma darebbe alla “terra delle due sacre moschee” quell’immagine liberale tanto agognata dal primo ministro e principe ereditario del regno Mbs.
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