La preghiera del mattino

Così l’Italia prova a chiudere le spericolate aperture catto-grillesche ai cinesi

Di Lodovico Festa
13 Settembre 2023
L’exit strategy della Meloni dalla Nuova Via della seta, la partita con Xi Jinping sul porto di Taranto, la missione di Zuppi a Pechino. Rassegna ragionata dal web
Giorgia Meloni con il primo ministro cinese Li Qiang al vertice del G20 a New Delhi, 9 settembre 2023
Giorgia Meloni con il primo ministro cinese Li Qiang al vertice del G20 a New Delhi, 9 settembre 2023 (foto Ansa)

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Sul sito di Tgcom 24 si scrive: «“Con la Cina abbiamo parlato di come approfondire il partenariato”. A proposito del dialogo con la Cina, il presidente del Consiglio ha detto: “Abbiamo avuto un bilaterale con il primo ministro cinese Li Qiang, un dialogo cordiale e costruttivo su come possiamo approfondire il nostro partenariato bilaterale”. “In Cina quando avrò più elementi su sviluppo relazioni”. “L’invito è reiterato. All’esito di queste valutazioni che stiamo facendo intendo mantenere il mio impegno di una visita in Cina. Ha maggiore senso recarsi in Cina quando avremo maggiori elementi sulla nostra cooperazione bilaterale e su come svilupparla”, ha proseguito il premier».

Nei colloqui tenuti in occasione del G20 con il premier della Repubblica Popolare Cinese, Giorgia Meloni ha chiarito la sua scelta di superare l’adesione alla Via della seta, e di cercare insieme un partenariato “forte” con una Pechino che probabilmente non potrà permettersi atti di rottura con la nostra economia.

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Su Formiche Gabriele Carrer scrive: «L’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio ha respinto e archiviato l’istanza di Progetto internazionale 39 per la piattaforma logistica del porto di Taranto. Lo scrive il Corriere di Taranto, spiegando che la ragione della decisione che riguarda la società, il cui 34 per cento è detenuto da un delegato del governo cinese, è la mancata capitalizzazione e la mancata modifica dei soci».

In linea con la saggia segretaria del Tesoro americana, Janet Yellen, la Meloni punta a una strategia non di “decoupling”, cioè di separazione con l’economia cinese, bensì di “derisking” cioè di non consentire a Pechino di possedere asset strategici in Stati liberaldemocratici, asset strategici ad esempio come “i porti”.

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Su Huffington Post Italia Marco Lupis scrive: «Oggi Antonio Tajani sa bene che il disastro messo in piedi da Luigi Di Maio non si può ignorare oltre. Sì, perché la decisione di non rinnovare l’accordo è già stata presa e non si tornerà indietro. Ma con ogni probabilità la mossa non avverrà durante la visita di Giorgia Meloni a Pechino, prevista per il prossimo novembre, ma attraverso uno scambio di lettere tra le due capitali. L’esito della partita è stato sicuramente influenzato dalle pressioni del governo americano, rinnovate dal presidente Joe Biden nel suo incontro alla Casa Bianca con Meloni. Fatto sta, però, che i circa 30 accordi siglati nel 2019 dall’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal presidente cinese Xi Jinping hanno favorito gli investimenti cinesi in Italia, in particolare nel settore portuale, ma il nostro paese ha ricevuto ben poco in cambio delle sue aperture. Secondo l’Ice, dal 2019 al 2022 le importazioni cinesi dal nostro paese sono aumentate solo del 26 per cento, mentre le esportazioni cinesi verso l’Italia sono cresciute di 51 punti percentuali. Nella prima metà di quest’anno si è registrata una lieve correzione della bilancia commerciale, ma questa è molto più legata al crollo di circa il 15 per cento delle esportazioni cinesi verso l’Italia che alla crescita delle importazioni dei nostri prodotti (+0,7 per cento)».

Nella sciagurata fase del commissariamento della democrazia italiana inaugurata da Giorgio Napolitano tra il 2008 e il 2011, finita (almeno per ora) con l’autunno 2022, si è dato spazio anche a una straordinaria influenza cinese espressa innanzi tutto dai grillini ma coperta da personalità come Romano Prodi e Massimo D’Alema. Un’Italia tornata in controllo della propria democrazia ha dovuto fare i conti con gli esiti della fase “sciagurata”.

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Sulla Nuova Bussola quotidiana Stefano Magni scrive: «Il cardinal Matteo Zuppi, presidente della Cei, inizia oggi la missione della Santa Sede in Cina per la pace in Ucraina. Anche se Pechino non conferma, il cardinale dovrebbe incontrare il premier cinese Li Qiang. Sarebbe un evento storico: il primo incontro fra un capo di governo cinese e un alto esponente della gerarchia della Chiesa cattolica dal 1951, da quando si sono interrotti i rapporti diplomatici fra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese. Questo sarebbe anche un segnale positivo nel processo di avvicinamento fra il Vaticano e la Cina, iniziato cinque anni fa con gli accordi segreti. La situazione per i cattolici in Cina, tuttavia, registra anche notevoli peggioramenti. “Serve l’impegno di tutti”, ha dichiarato a Tv2000 il cardinal Zuppi, sulla missione di pace, “in particolare di quelli che hanno un’importanza maggiore come la Cina. La pace richiede lo sforzo di tutti, non è mai qualcosa che può essere imposta da qualcuno”. A chi rimprovera alla diplomazia vaticana mancanza di risultati, ribadisce un concetto espresso più volte anche da papa Francesco: “I tempi notoriamente sono eterni, i tempi della Santa Sede e i tempi della Cina sono notoriamente molto lunghi”. Questa frase può valere sia per la diplomazia sulla guerra in Ucraina, sia, soprattutto, sul progredire lentissimo dei rapporti fra Cina e Vaticano. Papa Francesco ha di nuovo teso la mano al governo di Pechino nel corso del viaggio apostolico in Mongolia. Ha invitato i cattolici cinesi ad essere anche “bravi cittadini”. Le risposte da parte del governo comunista, però, non sono sempre lineari».

La testimonianza di pace di papa Francesco è benedetta, l’azione internazionale del cardinale Matteo Zuppi è particolarmente preziosa. Vi sono però influenti ambienti cattolici che accompagnano le sacrosante testimonianze e azioni diplomatiche con aperture politiche all’iniziativa nazionalmente autoritaria e globalmente egemonistica di Pechino. Spesso in piena sintonia con i grillini.

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