Erano in preghiera, radunati di nascosto in una casa, quando la polizia è entrata e li ha arrestati. Il Consiglio nazionale di resistenza dell’Iran ha spiegato così la scomparsa di otto convertiti al cristianesimo nella città di Karaj. Lo scrive il Christian Post, citando gli attivisti secondo cui gli agenti, vestiti in borghese, all’inizio di agosto hanno fatto irruzione in una delle tante chiese domestiche dove i cristiani iraniani si rifugiano a pregare, attuando un piano d’azione più ampio con lo scopo di reprimere tutti i raduni religiosi clandestini. Le fonti non ufficiali, infatti, parlano di una popolazione nascosta di circa 360 mila cristiani perseguitata dal regime.
POCHE INFORMAZIONI. Secondo alcuni testimoni oculari, la polizia, una volta fatta irruzione nell’abitazione, ha colpito i presenti confiscando loro le Bibbie e altri testi religiosi. Una volta arrestati, i cristiani sono stati caricati su un auto diretta verso la prigione. Tre dei detenuti sarebbero poi stati rilasciati su cauzione, ma degli altri cinque non si hanno notizie. «Non ci sono informazioni sulla loro sorte o sulle loro condizioni fisiche, anche se una fonte non ufficiale ha indicato che i detenuti sono stati portati nel quartier generale del ministero dell’Informazione», ha spiegato il Mohabat News. Anche dell’identità dei detenuti non si hanno molte informazioni. Fra i nomi trapelati c’è quello di Esmaele Falahati, un trentacinquenne padre di due bambini, nella cui casa la polizia si sarebbe recata dopo l’arresto, sequestrando altri testi sacri, alcuni dvd e un computer. Gli altri nomi emersi sono quelli di Nematollah Yousefi, Shahin Bashiri, Mona Chardooli, Razmik e Haydeh.
UN GRIDO D’AIUTO. Denunciando il clima repressivo la presidentessa del Consiglio nazionale di resistenza dell’Iran, Maryam Rajavim, aveva spronato i leader cristiani di tutto il mondo a informare il pubblico sulle pratiche disumane del regime iraniano, ricordando che in Iran «cristiani, ebrei e musulmani, sciiti e sunniti hanno convissuto per centinaia di anni in un clima d’amore, amicizia e fratellanza», mentre oggi sono perseguitati con la maggioranza che «ha dimenticato che negli ultimi tre decenni il regime iraniano ha compiuto atrocità molto peggiori di quelle dell’Isis». Anzi l’Iran è «il padrino del terrorismo, dell’Isis e di altri gruppi terroristici nella regione. Ma l’instabilità del Medio Oriente metterà inevitabilmente in pericolo la pace e la sicurezza globale».
«OCCORRE LOTTARE». Rajavim aveva quindi elencato le atrocità della presidenza Rouhani, incluse le punizioni disumane, come gli occhi cavati, l’amputazione degli arti e le esecuzioni di oltre 1.800 persone, fra cui quella del vescovo Hosepian Mehr. Secondo il leader è quindi necessario «sostenere la resistenza iraniana», perché già «si vedono i risultati e l’impatto degli sforzi di molti leader religiosi soprattutto in America». Oggi che il Medio Oriente è al bivio e che altri cristiani sono detenuti, aveva continuato Rajavim, «le forze moderate che si battono per i diritti umani devono essere supportate. E i leader della comunità dei fedeli possono dare un grande contributo all’istituzione di un Iran libero». Perché «il progresso umano non è né automatico né inevitabile. Ogni passo verso l’obiettivo della giustizia richiede sacrificio, sofferenza e lotta».