«Io sono una mamma non tollerante, lui è il mio unico figlio maschio e non voglio che finisca come Freddie Gray»
«L’ho intravisto. E a quel punto, si sa, non ho pensato a telecamere o cose del genere. Lui è il mio unico figlio maschio e non volevo che alla fine della giornata diventasse un altro Freddie Gray». Toya Graham è una donna forte, vive a Baltimora da sola con sei figli ed è diventata famosa quando è stata ripresa in un filmato a strattonare, colpire e arrabbiarsi con il figlio, che si trovava tra i teppisti che da giorni si scontrano con la polizia nella città americana del Maryland.
FREDDIE GRAY. Le proteste a Baltimora sono scoppiate dopo che un giovane nero, Freddie Gray, è morto il 19 aprile mentre si trovava sotto la custodia della polizia. Lunedì, nel giorno dei funerali, sono cominciate le proteste, che si sono però tramutate in violenze criminali. Sono stati bruciati negozi, auto civili, mezzi della polizia, saccheggiati centri commerciali, picchiati poliziotti. Il sindaco di Baltimora ha imposto il coprifuoco e ha chiamato la Guardia nazionale per proteggere la città.
«SONO INTOLLERANTE». «Tra i teppisti scesi per le strade a lanciare sassi ai poliziotti, c’era anche il figlio di Toya Graham. «Quando l’ho visto, ero scioccata, arrabbiata, perché nessuno vuole vedere il proprio figlio fare certe cose», ha dichiarato in un’intervista a Cbs news. «Violenza e vandalismo non servono a fare giustizia e io non voglio questa vita per mio figlio», ha aggiunto. «Ci sono certi giorni che lo chiudo in casa per non farlo uscire, ma non posso comportarmi così per il resto della mia vita. Io sono una madre non tollerante. Chiunque mi conosca, sa che non scherzo».
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]«SPERO CHE CAPISCA». Quando il figlio si è accorto della madre, «sapeva di essere nei guai. Mi ha detto: “Mamma, quando ti ho vista, il mio istinto mi ha detto di scappare”». Dopo averlo riportato in casa, hanno guardato insieme il video che li riprendeva e che stava facendo il giro di tutte le televisioni nazionali. E al figlio sono cominciati ad arrivare messaggi su Facebook che davano ragione alla madre. «Ora spero, non sono sicura, ma spero che lui capisca la gravità di quello che è successo l’altra notte» dopo aver visto le immagini dei saccheggi.
«SONO LORO CHE DECIDONO». Quando il capo della polizia di Baltimora, Anthony Batts, ha visto il video ha dichiarato: «Vorrei che ci fossero più madri che si prendono cura così dei figli». Toya Graham sa però che non è facile: «Puoi arrabbiarti con i tuoi figli ma alla fine del giorno sono loro che decidono liberamente. Noi possiamo solo controllare che siano dove dovrebbero essere».
Articoli correlati
2 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Vorrei provare a spostare la riflessione un po’ oltre. Come mai il figlio di questa donna era a fare il teppista e a lanciare oggetti sulle forze dell’ordine? I genitori hanno precise responsabilità, non dimentichiamolo. La violenza chiama altra violenza e dovrebbe essere usata solo per difendersi e mai come metodo educativo. Ora mi chiedo che contributo diano alla società tutte le persone che ora osannano questa madre come madre dell’anno, dimenticandosi che su di essa grava, oltre a una verosimile responsabilità per la condotta del figlio, anche una chiara propensione alla violenza fisica. Io più che il titolo di madre dell’anno le darei quello di madre-simbolo, per come stanno andando le cose nel mondo. Ma non per celebrarla, ma per far riflettere tutti sui principi che trasmettiamo ai nostri figli, non solo con le nostre azioni, ma anche con i nostri giudizi.
Se fosse successa la stessa cosa qui da noi … magari ad una madre il cui figlio va al G8 col cappuccio per lanciare pietre e devastare negozi … beh, se fosse successo in Italia, non mi stupirei se per quella madre partisse una denuncia !!!
E nemmeno che decine di talk-show sprecassero le serata a discutere se era il caso di dare un ceffone o era meglio discuterne o addirittura affiancare il figlio nella protesta …
sigh 🙁