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Intervista – Il corpo che elabora e denuncia di Regina José Galindo
Leone d’Oro alla 51esima Biennale di Venezia come migliore giovane artista, Regina José Galindo (Guatemala City, 1974) è protagonista della mostra Estoy Viva, aperta al PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano fino al prossimo 8 giugno. Artista tra le più rappresentative del panorama latinoamericano, racconta a Tempi.it le peculiarità della sua arte molto fisica.
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Regina, il tuo corpo è lo strumento della tua arte: esplora, soffre e racconta come i mali del mondo (gli abusi, le discriminazioni, il razzismo) influenzano le nostre vite. Quando e come hai iniziato ad elaborare questo concetto nella tua mente e attraverso le tue performance?
Fin dall’inizio sono stata accompagnata da una preoccupazione latente per il mio contesto. Il disagio per quello che non capivo è stato una spinta fondamentale per la decisione di cominciare ad esprimermi. In primo luogo attraverso la parola, in seguito attraverso il corpo. Un corpo che esplora e denuncia, che non soffre. Elabora, crea, discute.
Il corpo personale è riflesso di un corpo collettivo e sociale. Come i tuoi lavori coinvolgono e stimolano la sensibilità degli spettatori?
Attraverso l’onestà del concetto, è questo quello che mi piace supporre.
La mostra al PAC di Milano è strutturata in cinque sezioni: Politica, Donne, Violenza, Organico e Morte. L’urgenza riguarda, quindi, i diritti dell’uomo. Come il potere della tua arte può aiutare a superare i limiti umani?
Credo che l’arte abbia un potere. Limitato, certo, ma alla fine bisogna usarlo. Ha il potere della discussione, del dibattito aperto, ed è attraverso il dialogo che ogni limite può essere superato. Attraverso ogni parola detta, ogni parola ascoltata, i confini cominciano ad indebolirsi.
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