
Inizia il Ramadan, ma la grande moschea promessa da Pisapia non c’è
«Sento doveroso rivolgere alle sorelle e ai fratelli musulmani che iniziano il digiuno del mese sacro di Ramadan, un messaggio di simpatia e di solidarietà. Messaggio rivolto anche a nome della città e che cerca di interpretare il sentimento di vicinanza di tanti uomini e donne credenti e non credenti di religioni diverse». Queste le prime parole del messaggio inviato dal vicesindaco Maria Grazia Guida ai rappresentanti della Comunità musulmana di Milano in occasione dell’inizio del Ramadan, venerdì 20 luglio. «Vi assicuriamo anche il rinnovato impegno di proseguire con la vostra comunità il clima di dialogo operoso, per cercare tutti insieme soluzioni concrete e stabili poter vivere in modo sereno il ritrovarsi a pregare».
Il “ritrovarsi a pregare” è difatti una spina nel fianco dell’amministrazione comunale, e non da oggi. Qualche giorno fa si è tenuto l’ennesimo incontro tra Palazzo Marino e le associazioni religiose della città (islamiche, evangeliche, buddiste, induiste) in vista di un “Albo permanente delle confessioni religiose” previsto entro la fine dell’anno. A tutti è stato dato appuntamento a settembre per un confronto sui criteri di ammissione, che verranno definiti «da un’apposita commissione di esperti». L’Albo è rivolto «a quelle associazioni che si riconoscono nella dimensione pubblica dell’esercizio del culto», ha spiegato il vicesindaco. Per iscriversi occorre sottoscrivere un protocollo (ancora tutto da scrivere) dal momento che «l’esercizio del proprio specifico culto non avviene in una landa deserta, priva di storia e di altre appartenenze, religiose e non religiose, ma si colloca in un quadro caratterizzato dalla inderogabile condizione del rispetto di tutti i diritti costituzionalmente tutelati».
Ma in campagna elettorale non si era parlato di una grande moschea? Il capogruppo Pd, Carmela Rozza: «Posso dire in tutta sincerità che non c’è mai stato un confronto di maggioranza sul tema. Nel programma si parla di un’unica moschea, mentre un pezzo importante di giunta sostiene la necessità di una moschea in ogni quartiere». In effetti il vicesindaco ha presentato ai consigli di zona una “fotografia delle associazioni socio-culturali a carattere religioso di fede musulmana” che da anni operano sul territorio milanese. Guai a chiamarla, però, “mappa delle moschee”. «Innanzitutto perché è improprio utilizzare il termine moschea. Una moschea per essere tale ha bisogno di determinate caratteristiche tra cui, ad esempio, la presenza di un minareto o di spazi precisi per le abluzioni». Di fatto, però, gran parte delle sigle milanesi usano un espediente giuridico consolidato, per cui hanno veste formale di associazione culturale (e non religiosa) ma gestiscono un luogo di culto. Tanto che Enzo Venturini Abdel Quddus, uno dei fondatori della Casa della Cultura Islamica di via Padova, ha annunciato l’apertura di altre strutture, nei quartieri di Gratosoglio, Baggio, Quarto Oggiaro e Lorenteggio. Abdel Quddus ha parlato di «vere e proprie moschee indipendenti» da affiancare alla casa madre di via Padova.
Una moschea per ogni quartiere, quindi, minareto o meno. «Il fatto che contestualmente alla presentazione dell’albo alcune comunità proclamino la costruzione di tante moschee in città suona abbastanza curioso» commenta il capogruppo Pdl, Carlo Masseroli. E l’Albo? «È la solita linea ambigua di questa amministrazione. Il mio timore è che sia una scorciatoia per accreditare separatamente, uno a uno, i vari interlocutori milanesi. Di certo la prospettiva di costruire o regolarizzare i luoghi di culto già presenti sul territorio milanese è legato al Pgt. Lo ha confermato l’assessore all’urbanistica, Ada Lucia De Cesaris. L’iscrizione all’Albo «agevolerà il percorso di valutazione urbanistica per la regolarizzazione degli spazi» o per «l’assegnazione di luoghi per l’esercizio del culto. Intendiamo allestire un ufficio dedicato che contiamo di organizzare entro il prossimo autunno».
L’operazione potrebbe precludere a una serie di deroghe al piano del territorio? «Nessuno può, ed è giusto così, impedire a un gruppo di persone di ritrovarsi in un luogo a pregare. Diverso è parlare di assegnazione di luoghi pubblici, perché serve un soggetto riconoscibile» ribadisce Masseroli. «Il riconoscimento del soggetto pubblico, non essendo l’Islam una religione concordataria, deve far riferimento alla norma nazionale. La Costituzione va rispettata, non aggirata: la legge, semplicemente, non prevede che possano essere assegnate delle aree». In seguito alle ennesime polemiche, il vicesindaco ha sottolineato che nessun fondo o contributo sarà erogato dal Comune alle associazioni. Ma non sembra essere un problema. Asfa Mahamoud, presidente dalla Casa della Cultura Islamica di via Padova, ritiene l’Albo «poco concreto» e specifica che «noi al Comune non chiediamo soldi, chiediamo i permessi, le aree. Ho fatto una preghiera al vicesindaco: che ci dica quando possiamo iniziare a costruire. Questa giunta non ha un progetto futuro per la nostra comunità, nonostante ci avessimo sperato moltissimo. Ci sono state fatte tante promesse, ma dopo un anno non esiste ancora un luogo degno in cui farci pregare».
Articoli correlati
1 commento
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
Solidarietà per il Ramadan?? (Guida). Cos’è il Ramadan?? Una strage?? Un terremoto?? Emmenomale che la moschea non c’è……cucù…cucù…..moschea non c’è più…..hai votato Pisapia e l’hai preso nel…….