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Il Papa guarda attraverso una finestra del palazzo apostolico. L’obelisco che Caligola aveva portato dall’Egitto – e che lui, Sisto V, tre anni prima ha piantato nel bel mezzo di piazza San Pietro – è lì. Per innalzarlo ci sono voluti 900 uomini, 160 cavalli e 40 argani fatti lavorare insieme al suono della tromba, per arrestarsi al suono della campana. Ora tutti possono vederlo: l’anfiteatro vaticano è stato soggiogato dalla basilica romana, il monolite coi suoi geroglifici si trova al di sotto della Croce del Verbo incarnato…
Ma ecco che oggi, sul punto di firmare la sua ultima bolla, il Papa esita; e questo non gli piace. Allora guarda l’obelisco, opera sua, che si eleva come un indice che non può essere piegato. Non è forse lui infallibile? Non ha forse salito a uno a uno i gradini che portano al supremo pontificato, lui, il pastore che ha sottomesso la grande famiglia dei Colonna, che ha messo la museruola ai Borgia e agli Orsini?
Era un uomo qualunque, il piccolo Felice...
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