Indesit e Whirlpool in Polonia. «Perché morire di tasse in Italia quando qui l’imposta è al 19 per cento?»

Di Matteo Rigamonti
17 Luglio 2013
Intervista a Martin Miszerak, consulente delle imprese che si spostano nel paese: «Abbiamo un mercato del lavoro più flessibile e nessun balzello strano tipo l'Irap»

Perché grandi aziende come Indesit e Whirlpool, veri e propri colossi del bianco, vogliono chiudere gli stabilimenti rispettivamente di Fabriano (Marche) e Trento, e lasciare il nostro per trasferirsi in Polonia o in Turchia, con il rischio di causare esuberi tra i lavoratori che difficilmente verranno ricollocati? Tempi.it l’ha chiesto a Martin Miszerak, presidente di Miszerak & Associati, società di consulenza polacca che si occupa di accesso al credito e finanziamenti ed elabora studi di fattibilità e piani industriali anche per chi vuole sbarcare con la sua azienda in Polonia.

Miszerak, come giudica la decisione di Indesit e Whirlpool di trasferirsi?
Indesit
ha già cinque stabilimenti in Polonia, dove il gruppo è radicato da tempo; francamente non sarei così stupito se decidesse di trasferirvi tutta la produzione. Per Whirlpool, invece, il discorso è diverso, perché non si tratta di un’azienda italiana bensì statunitense, abituata a operare secondo le logiche del mercato internazionale.

La delocalizzazione è la strada che seguirà anche Indesit?
Non conosco i piani dell’azienda, ma certo è che la Polonia negli ultimi 10-15 anni è diventata il centro della produzione di grandi elettrodomestici come frigoriferi, freezer, lavatrici e lavastoviglie, un po’ come la Cina lo è diventata per quelli più piccoli come ferri da stiro e microonde. Ormai non c’è più la possibilità che questo tipo di elettrodomestici vengano prodotti in Europa occidentale: è un problema di costi, bisogna capirlo. Io penso che in Italia potrà continuare ad esistere soltanto la produzione di alta gamma o di nicchia, dove i margini di guadagno sono molto maggiori di quelli garantiti dagli elettrodomestici destinati al mercato di massa. Del resto è un po’ la stessa cosa che sta accadendo nel comparto auto con le piccole prodotte all’estero e quelle di lusso che restano in patria.

È per via del minor costo del lavoro che sempre più aziende scelgono l’estero?
Non solo. Diciamo che è un problema di costi in generale, alla luce anche della concorrenza cinese e da parte di altri mercati: si va dal costo della manodopera, che in Polonia è decisamente inferiore all’Italia, al costo dell’energia, anch’esso penalizzante da voi, passando per l’elevatissimo livello di tassazione che patite. Pensi che in Polonia, per esempio, la tassazione sulle imprese è pari al 19 per cento e non ci sono ulteriori balzelli indesiderati che invece in Italia le aziende devono pagare, come quella strana tassa che è l’Irap.

In Polonia c’è disoccupazione?
La disoccupazione c’è, ma in Polonia è un fenomeno diverso da quello che state conoscendo in questo periodo in Italia: qui riguarda in prevalenza alcune aree poco sviluppate del paese, per esempio le regioni più a est, e coinvolge soprattutto persone che non sono disposte a spostarsi e viaggiare.

Quali sono i pregi del mercato del lavoro polacco?
È la struttura del mercato ad essere diversa, perché è decisamente più flessibile e ciò permette lo sviluppo dell’economia. Se il mercato del lavoro, infatti, è eccessivamente rigido, come in Italia, le imprese non investono. Le dirò di più: le aziende straniere non investono nel vostro paese perché sanno che, una volta dentro, non potrebbero più ristrutturarsi e licenziare. Cose che invece possono fare in Polonia. Il mercato del lavoro polacco, insomma, favorisce lo sviluppo e l’occupazione della gente; quello italiano, invece, li uccide. Sono due mentalità completamente diverse a confronto, come testimoniato anche da un altro fatto particolare.

Quale?
La Polonia è uno dei paesi più capaci di aggiudicarsi l’accesso ai fondi europei, mentre l’Italia è uno degli ultimi. E la maggior parte di questi fondi è destinata proprio alle imprese. Anche un grande gruppo come la Fiat, in Polonia, è stato capace di aggiudicarsi questi fondi.

@teorigaz

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3 commenti

  1. gino

    Davvero, in Italia è impossibile licenziare. Tutti quelli che sono a spasso hanno dato volontariamente le dimissioni, altrimenti le aziende sarebbero costrette a mantenerli in eterno. Ma valeva la pena di andare fino in Polonia per intervistare questo disertore della vanga che parla come Brunetta?

  2. Cisco

    Se la politica non si mette al servizio del paese e continua a non prendere decisioni impopolari c’è il taglio della spesa e delle tasse qui non ci si risolleva più. Quanto invece alla flessibilità, In Italia si può già fare di tutto, persino manodopera gratis licenziabile da un giorno all’altro (vedi stage). Il problema e’ la disparita’ tra chi è troppo protetto e chi non lo è affatto, oltre naturalmente a imprenditori che giocano a golf invece di innovare.

  3. francesco taddei

    x emanuele. il nostro stato ladro e tossicodipendente è così grazie alla costituzione, alla società civile, all’idea della maggioranza degli italiani che deve servire per trovare il posto fisso e dall’apparato “democratico” dei corpi intermedi. o facciamo la rivoluzione o aspettiamo che l’italia sia un deserto di cenere.

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