
«Bisogna avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome». Lo ha dichiarato l’osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite, monsignor Bernardito Auza, a una tavola rotonda organizzata dall’Onu sul terrorismo.
Anche se le Nazioni Unite hanno adottato una risoluzione per condannare esplicitamente la «cristianofobia», insieme all’islamofobia e all’antisemitismo, secondo monsignor Auza c’è ancora una certa reticenza a evocare la natura «specificamente anticristiana» di numerosi attentati. Il riferimento esplicito è alla strage di Pasqua in Sri Lanka, quando alcuni hanno parlato di «adoratori della Pasqua», un «nuovo eufemismo» coniato per non pronunciare la parola «cristiani».
BASTA DISCRIMINARE I CRISTIANI
Il nunzio apostolico ha anche sottolineato che gli Stati devono garantire «l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, a prescindere dalla loro appartenenza religiosa o etnica, come esigenza fondamentale della giustizia». In questo caso, il riferimento implicito è all’Iraq, dove il governo non aiuta volontariamente i cristiani a fare ritorno nelle loro case e non stanzia fondi per la ricostruzione dei villaggi cristiani.
In alcuni villaggi della Piana di Ninive, come ad esempio a Bartella, è invece in atto un tentativo di sostituire la popolazione cristiana con quella sciita. Nella città la sicurezza è affidata al gruppo etnico sciita Shabak, che minaccia e intimidisce i cristiani, per costringerli ad abbandonare la loro terra.
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