IL SAGGIO FEDRO E L’INSIPIENTE MARGHERITA

Di Gianni Baget Bozzo
24 Giugno 2004
Quale è il destino della Margherita, che sembra sempre più una versione aggiornata degli “indipendenti di sinistra” inventati dal Pci nel ’72?

Quale è il destino della Margherita, che sembra sempre più una versione aggiornata degli “indipendenti di sinistra” inventati dal Pci nel ’72? Le elezioni europee e amministrative hanno posto in luce che l’alleanza del Triciclo è andata tutta a vantaggio dei Ds. L’identità politica della Margherita sembra ancora, come quella degli indipendenti di sinistra, tesa a un solo scopo: quello di garantire il carattere non comunista del partito postcomunista. In realtà non ce ne sarebbe bisogno, il postcomunismo italiano è una cosa assai diversa dal Pci da cui proviene: tuttavia la memoria della sua identità è viva sia nei suoi aderenti che nei suoi avversari. Ciò che viene mantenuto intatto nei postcomunisti rispetto ai comunisti storici è il sentimento della loro diversità, del loro essere custodi della legittimità democratica italiana fondata sul nesso tra Risorgimento e Resistenza: di fare corpo con la loro storia e di essere, in questo senso, ancora un corpo separato. Non è un caso che non ci sia un dirigente postcomunista che non sia stato un militante o un dirigente comunista.
L’alleanza con i postcomunisti è per la Margherita l’alleanza con un’identità stabilita, che non ha perso nulla dal fatto che la rivoluzione è divenuta non solo impossibile ma nemmeno presentabile.
Di fronte ad una identità che vive sulla continuità storica tra comunismo e postcomunismo, cosa rappresenta la Margherita? La sinistra democristiana, si potrebbe dire, ma anch’essa mascherata: la Margherita cerca di presentarsi come non sinistra e come non democristiana. Il suo leader Rutelli è un ex radicale come Willer Bordon, altro dirigente di rilievo della Margherita.
L’idea iniziale della Margherita fu quella di imitare Forza Italia e di comprendere nel suo seno cattolici e laici: ma questa convivenza non è più un problema dopo la fine della Dc e non fonda quindi una identità.
Ed è questa identità che la Margherita cerca, creando con i giscardiani francesi un gruppo parlamentare europeo, mentre gli altri eletti nel Triciclo se ne vanno nel Partito Socialista europeo. Ma François Bayrou, leader dei giscardiani, vota con il Partito Popolare europeo. Che faranno i margheriti europei? Come si vede, proprio il Triciclo di “Uniti per l’Ulivo” ha messo in luce le crepe che dividono la Margherita dai postcomunisti, tanto che Marini, rappresentante della componente democristiana della Margherita, ha già per conto suo deciso che alle regionali la Margherita si presenterà con lista propria. Resta il fatto che, non avendo identità politica ed essendo alleata con i Ds, che sono la maggior identità politica italiana, essa appare ancora come i vecchi “indipendenti di sinistra”, una garanzia all’elettorato non comunista perché voti a sinistra non votando comunista. Il tutto coperto dal cappello di Prodi e dalla pressione delle liste di estrema sinistra, da Rifondazione in là, che sarebbero necessarie per costruire una maggioranza. Le elezioni europee hanno rivelato che non è mai felice la lotta compiuta a fianco di un alleato più forte, secondo l’antica saggezza di Fedro.

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