Il referendum bolognese contro le paritarie è l’alito cattivo della propaganda grillina

Di Luigi Amicone
01 Novembre 2012
I promotori del referendum non conoscono la riforma Berlinguer? C’è proprio bisogno «di far guerra al silenzio di conoscenza che ci assedia»

Siamo onorati e lusingati di ospitare interventi come quello di Annalisa Teggi sul bambino che si è impiccato a Roma. Questo è il primo spunto che ci sollecita, ciò che scrive Annalisa: «C’è attorno a noi una sostanza viva e ferita di realtà che è ovattata dallo strabordante chiasso della sovra-comunicazione che ci sommerge. Dov’è la conoscenza che abbiamo perso nell’informazione?». Sì, cari amici lettori, «c’è da far guerra al silenzio di conoscenza che ci assedia».

Ed ecco un piccolo ma significativo esempio della guerra che ci aspetta, necessaria, indispensabile, costi quel che costi, «al silenzio di conoscenza che ci assedia». Cosa dice, infatti, la notizia di un referendum promosso da Sel e seguaci di Grillo contro la scuola non statale di Bologna? Dice l’alito cattivo che ha la propaganda, il deserto che avanza contro i bambini, il silenzio di conoscenza che buggera ogni santo giorno la gente comune: non conoscono, i promotori del referendum ideologico e partitocrtatico di Bologna, che dalla riforma Berlinguer, legge 2000/30, la scuola pubblica italiana cammina su due gambe, quella della scuola statale e quella della scuola privata riconosciuta dallo Stato, altrimenti detta “scuola paritaria”?

E cos’è una “scuola paritaria”? Come è noto, nella grande maggioranza dei casi si tratta di imprese educative no profit, senza scopo di lucro, che reinvestono eventuali guadagni (impossibili nelle condizioni italiane) nella medesima impresa. Insomma, scuole cattoliche – ma non solo – condotte da ordini religiosi o da fondazioni laiche, che svolgono un lavoro educativo al servizio della collettività. Sono opere, talora secolari come certi alberi, che rendono un servizio encomiabile alle famiglie e alla società. E lo rendono, soprattutto nel settore degli asili e della scuola primaria, svolgendo un lavoro di supplenza allo Stato che arricchisce il sistema dell’istruzione nazionale e che, per giunta, fa risparmiare lo Stato.

Infatti, la scuola paritaria collabora all’istruzione pubblica nazionale scolarizzando il 12 per cento degli studenti italiani. Ciò produce un risparmio secco di 6 miliardi per lo Stato in cambio di finanziamenti statali per la scuola paritaria che, stando al capitolo di spesa odierno (legge di stabilità del governo Monti), ammontano a 483 milioni di euro. Ovvero, rappresentano l’1 per cento dei finanziamenti che ricevono le scuole statali.

Fate voi il bilancio di conoscenza: di qua c’è il valore di un mondo educativo più che qualificato e il risparmio in solido di 6 miliardi per lo Stato per la scolarizzazione del 12 per cento dei ragazzi italiani in età scolare. Di là c’è la protervia ideologica di gente che dice di volere razionalizzare la spesa, combattere le inefficienze, promuovere la “giustizia” e invece si batte per azzerare le scuole che portano allo Stato meno spesa, più società e quell’elementare giustizia che consiste nel rispetto dell’esercizio della libertà di educazione.

Di qua c’è la libertà delle famiglie, i sacrifici fatti per i propri figli, anche a vantaggio dello Stato, poiché il contribuente che manda i propri figli nella scuola paritaria paga due volte, paga la retta per la scuola privata e paga le tasse per finanziare le scuole statali gratuite. Di là c’è una mentalità chiusa e menefreghista, che alle grandi parole fa seguire la volontà di schiacciare ciò che non conosce, ciò che non vuole sapere, ciò che non vuole né capire né, tanto meno, riconoscere nel dettaglio analitico di puro, semplice, autentico pezzo di società italiana che, “tirando su i figli”, educando ragazzi e bambini, concorre al bene dell’Italia intera.

Se partiti come Sel – Sinistra e libertà, già, quale sinistra e quale libertà? – e come M5S – movimento cinque stelle, già, quale  movimento e per quale hotel elettorale di lusso? – potevano ancora godere di un credito popolare, anche solo l’episodio di questo irrazionale e malvagio referendum indetto da vendoliani e grillini a Bologna, dice che dentro quei partiti c’è solo ansia di egemonia e prepotenza. Ok, c’è proprio bisogno «di far guerra al silenzio di conoscenza che ci assedia». Forza, compagni di città, campagne e officine, alla guerra come alla guerra.

@LuigiAmicone

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3 commenti

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  2. Enrico

    Controllare la scuola e la cultura in genere, è il primo comandamento del profeta Gramsci a cui gli ex(?)comunisti vogliono restare fedeli. A loro non interessano i costi economici, quelli li paghiamo noi.
    A garantire il successo dell’operazione provvedono i sindacati, autentiche lobby di manipolazione e consenso, ben ripagate dalla burocrazia e dalla politica.

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