«Il problema più urgente per le aziende? Manca la manodopera»

Di Gianluca Salmaso
11 Luglio 2022
«Mancano 300 mila lavoratori solo nel settore turistico. È un problema di mentalità, per cui si accetta solo il lavoro che soddisfa». Intervista a Paolo Preti (Bocconi)
Cefalù,zona rossa durante il lockdown per il Covid-19

Cefalù,zona rossa durante il lockdown per il Covid-19

L’Osservatorio Cerved lancia l’ennesimo allarme sulla tenuta del sistema economico nazionale: con questi chiari di luna sarebbero 100 mila le imprese a rischio fallimento.

Se la prima fase della pandemia è stata in qualche modo affronta e per sommi capi superata a suon di indennizzi, aiuti e contributi, l’atteso rimbalzo è finito con lo schiantarsi tanto sull’inflazione quanto sulla crisi legata alla guerra in Ucraina.

Tutto ciò colpisce duramente una platea di piccole e piccolissime imprese che, entrando in sofferenza, metterebbero a rischio oltre 830 mila lavoratori e pure il sistema finanziario, visti gli oltre 107 miliardi di euro di indebitamento a loro riconducibili e a conseguente rischio insolvenza.

Soffrono il settore delle costruzioni, i servizi mentre gli energetici non sentono poi la crisi a differenza di quei comparti che ancora devono affrontare possibili recrudescenze della pandemia, come il turismo e i viaggi aerei.

Abbiamo chiesto a Paolo Preti, fellow in leadership, organization and human resources presso l’Università Bocconi, come il nostro sistema-paese si stia preparando ad affrontare questa nuova sfida sistemica.

Professore, siamo alla vigilia di una nuova crisi per le piccole e medie imprese italiane?

Molti parlano di tempesta perfetta per settembre sui temi evidenziati dal Cerved ma ciò che ritengo molto più grave e con effetti analoghi sulle imprese è la mancanza di manodopera: a questi dati che non nego ma a cui le nostre imprese riusciranno, com’è già successo, a far fronte, ciò che blocca le imprese è la mancanza di lavoratori. Si stima siano 300 mila solo nel settore turistico. Questa credo sia una difficoltà oggettiva di oggi, quella di cui parla il Cerved è una sicura difficoltà di domani.

Da cosa si origina, secondo lei, questa carenza di lavoratori?

La mancanza di lavoratori, ad esempio, nel turismo è dovuta al fatto che i giovani ritengono quel tipo di lavori troppo pesanti, magari con salari troppo bassi, e dal lato delle imprese è opinione diffusa che derivi dal reddito di cittadinanza e da un’evoluzione culturale tale da rendere impossibile trovare personale. Manca, insomma, la manodopera qualificata, ma, mentre in altri settori, come la raccolta della frutta, ciò può essere supplito con lavoratori non specializzati e immigrati, nel turismo servono persone formate e preparate.

Un problema rilevante ma perché sarebbe più importante del rischio di default?

Paradossalmente questa problematica è più grave di quella pur importante rilevata dal Cerved che ha implicazioni finanziarie e di mercato, però questo tipo di sviluppi sono di lungo periodo, mentre la carenza di personale è un problema immediato di difficile soluzione nel breve perché c’è una componente culturale di fondo da risolvere.

Le radici del problema, insomma, sono profonde.

In primo luogo ne nascono sempre meno, secondo c’è un problema culturale delle famiglie che pensano che tutti i loro figli debbano essere laureati e con l’errore di fondo che una cultura superiore debba automaticamente accompagnarsi con un lavoro coerente agli studi e, terzo, il fatto che una fortuna costruita negli ultimi 50 anni si stia rivelando un grande handicap.

Le due generazioni precedenti a quella attuale, genitori e nonni, hanno una situazione di relativa sicurezza economica e possono quindi altrettanto giustamente assicurare alla terza generazione che si affaccia al mondo del lavoro delle condizioni economiche positive. Questo ha un risvolto negativo nella misura in cui quella voglia di fare, di realizzarsi e mettere in gioco i propri talenti viene lasciata da parte: non accetto più un lavoro purché sia un lavoro ma ne cerco uno adatto a me, anche se probabilmente non esiste.

Le nostre imprese sono consapevoli della molteplicità di sfide a cui sono chiamate?

Alle sfide che propone il Cerved sono convinto che la grandissima capacità imprenditoriale dei nostri imprenditori troverà delle risposte. Da quel tipo di difficoltà ne usciremo, cadrà qualche albero ma la foresta si salverà. Dalle problematiche che pongo io paradossalmente è più difficile perché è un nemico che si trova nella testa delle persone, invisibile.

O introvabile, come i lavoratori.

Dove tutti cercano il meglio, com’è giusto, questo porta a star male un po’ tutti. Vivendo le giornate si trovano mille imprenditori che parlano di questi problemi, poi alla sera alla televisione sembra che il problema siano i giovani italiani che devono andare all’estero per trovare un lavoro. Due mondi completamente diversi e anche questo è un bel problema su cui anche i mass media hanno le loro responsabilità: a furia di disegnare un mondo parziale e riduttivo non fanno che confermare quei tre problemi che evidenziavo prima.

Foto Ansa

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