
«Il mio lavoro di 41 anni in fumo in un secondo. Riparto dalle persone e dalla Provvidenza»
«A Finale è crollata la Torre dei modenesi, sbriciolata gran parte della rocca, rovinate le nostre sette chiese, crollato il timpano del Duomo, sparito il campanile della chiesa del cimitero e molto altro». Il resoconto di don Ettore Rovatti è spietato: elenca opere d’arte di grande valore una dietro l’altra, tutte diventate macerie. E lui, che è parroco di Finale Emilia da 41 anni, aveva un legame speciale con il patrimonio artistico del territorio: «È dal primo giorno che mi impegno per restaurare i beni delle nostre chiese – racconta a tempi.it con voce serena -. Può immaginare quanto ci sia rimasto male a vedere il lavoro di tanti anni andato in fumo in un attimo. Poi però mi dico che bisogna reagire al male: prima queste chiese non c’erano e qualcuno le ha costruite, ora che quasi non ci sono più, possono essere restaurate e ricostruite».
A Finale ci sono state delle vittime?
No, questo è stato un terremoto davvero strano. A Finale non c’è stato nessun morto e pochi feriti, pochi anche i danni alle case, ma enormi quelli al patrimonio architettonico e storico del nostro paese. Non so come potremo riparare tutto. Sarà molto impegnativo. Il terremoto ha colpito soprattutto i monumenti e noi non eravamo preparati, anche perché non si è mai sentito a Finale di un terremoto così. Tanto che fino ad oggi tutto era rimasto intatto.
La gente è impaurita?
Sì, perché dopo il terremoto si succedono tante piccole scosse. E anche se sono sempre meno intense, questo non ti lascia mai sereno. Però la gente reagisce bene, molti sono andati a dormire dai parenti, tanti in auto o nelle tendopoli approntate molto in fretta dalla Protezione civile. Non vogliamo perderci d’animo. Per fortuna le persone non sono state molto colpite e spero che anche a livello occupazionale, per il crollo di alcuni capannoni, non si risenta dei danni.
Lei come ha vissuto questo terremoto?
Malissimo. Sono sacerdote qui da 41 anni e uno dei lavori che svolgo dal primo anno è restaurare tutte le chiese e il nostro patrimonio. Vedere andare in fumo tanto lavoro non è piacevole. Ma poi mi dico che la vita non è facile per nessuno. Bisogna avere la forza per reagire al male.
E dove trova questa forza?
Me l’ha insegnata e trasmessa mia mamma. Mio padre è morto quando avevo quattro anni e quindi mi ha cresciuto lei. Mi diceva sempre: «Meno male che c’è la Provvidenza». Ed è vero, aveva ragione. Non in teoria, ma in pratica: ho sempre visto con i miei occhi che quello che diceva era vero. E questo mi dà serenità, forza e speranza nella vita. La fede è la cosa di gran lunga più preziosa che abbiamo perché dà un senso profondo di tutto quello che esiste nel mondo, anche del dolore. Del resto, Gesù non è venuto mica a raccontarci barzellette. Noi abbiamo paura di ripeterlo, ma lui diceva: «Passeranno i cieli e la terra, la mia parola non passerà». Io poi nella vita ho sempre voluto vincere, per questo sono cristiano: solo Dio ha vinto il mondo, in senso letterale.
Il suo lavoro di 40 anni è andato in fumo. Da dove riparte?
I volontari hanno già detto che verranno ad aiutare, a dare il loro contributo. Si riparte dalle persone, le faccio un esempio. In questi anni ho restaurato i beni che avevamo qui a Finale. I lavori che ho fatto, sono riuscito a farli grazie all’aiuto di persone serie che ci sono qui. Per citarne uno, c’è un elettricista che mi fa tutti i lavori indispensabili a livello elettrico. Ora che è in pensione è sempre con me, ma prima lo faceva quando poteva. Lui ha figli da mandare a scuola, eppure non mi ha mai chiesto neanche una lira. Ha idea di quanti milioni ho risparmiato? Sono persone come lui che costruiscono il mondo. Certo, non fanno rumore perché il bene è silenzioso, non ne parlano i giornali. Il bene non fa notizia, però c’è. Il male invece fa rumore, basta vedere questo terremoto. Il male distrugge, ma noi ricostruiamo.
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