Il giorno del Giudizio Universale in Italia non tutto sarà perduto. Si potrà sempre fare ricorso al Tar

Di Francesco Amicone
24 Marzo 2014
Dal decreto sulle grandi alla cattura degli scoiattoli rossi. Viviamo in un paese dove il tribunale che dovrebbe vegliare solo sugli atti amministrativi interviene su tutto

«Darò il mio voto a chiunque, di destra o di sinistra, metta la proposta di abolire i Tar nel suo programma elettorale», scriveva quattordici anni fa Angelo Panebianco sul Corriere della Sera. Da allora non è cambiato nulla. La giustizia amministrativa si occupa dei ricorsi dei cittadini contro l’amministrazione pubblica e, in teoria, dovrebbe limitarsi a sorvegliare la legittimità degli atti amministrativi. Ma il più delle volte ottiene, almeno in Italia, risultati quantomeno controversi.

I CASI RECENTI. Per ricordare alcuni casi recenti, in questi mesi i giudici hanno annullato le elezioni regionali in Piemonte del 2010 (su ricorso della sconfitta Mercedes Bresso), a causa di alcune firme false nella certificazione di una lista minore; hanno bocciato la sospensione governativa al metodo stamina, giudicando “di parte” la commissione governativa incaricata di verificarne la scientificità; per finire – è una notizia di alcuni giorni fa –  hanno annullato il decreto Clini-Passera scritto all’indomani del naufragio della Concordia, che vieta il passaggio delle grandi navi da crociera a pochi metri da Venezia, perché il Governo avrebbe dovuto provvedere a trovare una via dell’acqua alternativa. Insomma, che sia una elezione, una legge, la semplice nomina di una commissione, ogni atto pubblico rischia di essere bocciato da un tribunale.

TAR BLOCCA TUTTO. «In città ci sarebbero tante cose da ristrutturare e sistemare, ma non si riesce mai a portare a termine nulla perché interviene il Tar». Romano Prodi, parlando della situazione politica a Bologna, cinque giorni fa, ha ribadito una sua vecchia idea: abolire Tar e Consiglio di stato per ottenere immediati benefici economici. Già pochi mesi fa, l’ex presidente del Consiglio aveva suggerito, su tre diversi giornali, che l’immediata abolizione avrebbe effetti positivi sul Pil. Infatti, spiegava, «il ricorso al Tar è diventato un comodo e poco costoso strumento di blocco contro ogni decisione che non fa comodo, penetrando ormai in ogni aspetto della vita del paese», un «fatto normale ogni volta in cui si procede a un appalto o che sia pronunciato l’esito di un concorso pubblico o una qualsivoglia decisione che abbia un significato economico». Il problema, osservava giustamente Prodi, è che questo «blocca regolarmente e per anni gli investimenti infrastrutturali, ferma per periodi quasi indefiniti i concorsi universitari e viene usato per scopi che il buon senso ritiene del tutto estranei a un’efficace difesa dei diritti».

ACCOGLIE TUTTI I RICORSI. A passare per i tribunali non sono soltanto le lamentele di studenti bocciati agli esami, professori che non hanno passato un concorso. Chiunque può appellarsi al Tar e sperare di cavarsela in qualche modo. Anche gli ultrà. A Firenze, per esempio, il tribunale amministrativo ha smontato la legge sulla tessera del tifoso accogliendo il ricorso di 93 supporter della Sampdoria colpiti dal divieto di assistere agli eventi sportivi e che ora possono tranquillamente vedersi una partita in tribuna.
E non è insolito che anche i ricorsi più strampalati vengano, se non ammessi, quantomeno discussi e pubblicizzati dai media. Pochi giorni fa al Tar del Lazio, per esempio, è stato depositato il ricorso di Apple (non l’azienda di Cupertino, ma un’associazione che si batte contro i danni dell’elettro-magnetismo) che chiede allo Stato di avvertire gli utenti sui danni dell’uso dei cellulari con la scritta “può nuocere gravemente alla salute”. In questa categoria di casi “strampalati”, diffusissimi sono poi i ricorsi delle associazioni animaliste, spesso accolti dai Tar, come in Liguria, dove hanno recentemente sospeso la cattura e la sterilizzazione degli scoiattoli americani.

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8 commenti

  1. Castigamatti

    Ciò che viene raccontato nell’articolo lo vedo quotidianamente nella mia professione, e vorrei contribuire a dire come vanno le cose, precisando alcuni aspetti.
    Innanzitutto, è vero che ci sono moltissimi ricorsi al T.A.R., ma questi ci sono perché le Amministrazioni non applicano correttamente la legge, e perché, a loro volta, le leggi che dovrebbero essere applicate sono per la maggior parte scritte con i piedi e contraddittorie.
    Quanto agli investimenti pubblici, mi limito a far presente che esiste un rito accelerato con termini dimezzati rispetto al processo ordinario e che di solito i processi hanno una durata più breve rispetto a quanto accade nei procedimenti civili; resta fermo, inoltre, quanto ho detto prima: è contraddittorio che lo Stato si lamenti di sentenze e di giudici che bloccano le procedure di appalto, quando sono le stesse Amministrazioni a sbagliare l’applicazione delle normative in materia, soprattutto perché il D. Lgs. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) che disciplina gli appalti viene continuamente modificato con norme incomprensibili e dall’incerto ambito di applicazione; in terzo luogo, occorre tener conto che per queste controversie si paga un contributo unificato (= una tassa) dall’importo assai elevato (si va dai 2.000 ai 6.000 euro, a seconda del valore dell’appalto, contro i 650 euro che si pagano per un ricorso “ordinario”) che spesso scoraggia chi vuole ottenere giustizia a promuovere ricorso.
    E’ importante ricordare che il TAR giudica solo della conformità a legge degli atti amministrativi e non può (quasi) mai entrare nel merito, ossia decidere sull’opportunità dell’atto adottato dall’Amministrazione e sulla scelte discrezionali di quest’ultima.
    Quello che occorre, piuttosto, è un’Amministrazione che sappia applicare le regole che essa stessa si dà, che rispetti i termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi e che, soprattutto, se ha sbagliato risarcisca il danno, rivalendosi poi sui funzionari e sui dirigenti che non hanno fatto le cose fatte bene.
    Troppo spesso, invece, il TAR quando dà torto all’Amministrazione si limita a compensare le spese, così il privato che fa ricorso e vince è costretto anche a pagarsi il professionista, quando normalmente dovrebbe valere il principio della soccombenza (= chi perde paga, anche le spese legali altrui).
    È vero anche, però, che ci sono avvocati e ricorrenti che fanno ricorso pur sapendo che il gravame è infondato e che hanno palesemente torto: occorre pesantemente scoraggiare questa pratica, e la disciplina del processo amministrativo prevede dei rimedi appositi, come la condanna aggravata alle spese.
    Occorre uno sforzo culturale, un sistema di norme che sia chiaro e certo e soprattutto dei giudici che siano preparati e offrano garanzie di indipendenza (alcuni giudici amministrativi del Consiglio di Stato hanno anche incarichi dal Governo, per cui giudicano su atti di amministrazioni per cui lavorano).

    1. pallo

      ottimo commento …. magari l'”Amicone” fosse un pò meno fazioso potrebbe trarne giovamento 🙂

      1. Castigamatti

        Grazie! Ovviamente il mio intervento non aveva alcun intento polemico nei confronti dell’autore dell’articolo, ma voleva essere il modesto contributo di un (ancora giovanissimo) operatore del settore…

      2. SereNere

        Bravissimo!!!

      3. SereNere

        Sono più che d’accordo con te.. Ma per ne la stampa, prima di seguire un filone modaiolo, non approfondisce i temi?

  2. beppe

    caro francesco, unisciti alla lotta contro la burocrazia e contro i parassiti. troverai tanti disposti a lottare insieme a te. auguri e buon lavoro.

  3. leo aletti

    Si ricorrerà al TAR anche per la censura del non politicamente corretto e per proibire la predicazione della fede cattolica.

    1. filomena

      Sul politicamente corretto non mi pronuncio ma sul proselitismo….quasi quasi una….censurina anche si….

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