Il ddl anticorruzione non serve a nulla, se non a far aumentare la corruzione

Di Carlo Giovanardi
19 Ottobre 2012
Pubblichiamo l'intervento alla Camera del deputato Pdl Carlo Giovanardi, fra i pochi ad opporsi al disegno di legge. Percezioni, sondaggi, mai dati reali. Un bluff, insomma. Leggere per credere

Pubblichiamo l’intervento alla Camera del deputato Pdl Carlo Giovanardi, fra i pochi ad opporsi al disegno di legge. Sullo stesso argomento ha scritto su Tempi Oscar Giannino.

Signora Presidente, onorevoli colleghi, è un’occasione importantissima questa discussione sulla corruzione, tant’è vero che il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e il Ministro della giustizia sono assenti, per sottolineare l’importanza fondamentale che il Governo assegna a questo disegno di legge, che si costruisce su dei presupposti (mi rivolgo al sottosegretario Mazzamuto, che è presente e che ringrazio per la cortesia) a dir poco surreali. Infatti, un medico prima fa la diagnosi e poi la terapia.

Diagnosi della corruzione in Italia. Allora: tutti i giornali, la scorsa settimana, hanno riportato quello che ha scritto la fondazione «Libera», insieme ad altre due fondazioni, secondo le quali in Italia il 12 per cento degli italiani  ascoltate, colleghi senatori  nel 2010 si sono visti chiedere una tangente: sono 6 milioni di italiani che avrebbero dichiarato che qualcuno ha chiesto loro una tangente. Ma è roba da poco, perché invece il «Corriere della Sera» ha scritto che, secondo una ricerca fatta da un istituto europeo, gli italiani che si sono sentiti chiedere una tangente sono stati il 17 per cento della popolazione: sono 9 milioni gli italiani a cui qualcuno avrebbe chiesto una tangente. Chiaro che ci sarebbero poi, dall’altra parte, anche 9 milioni di italiani che hanno chiesto ad altri 9 milioni di italiani una tangente. Sono cifre terrificanti.

Se poi si va a vedere quante denunce nello stesso anno sono state presentate in tutti i tribunali italiani per il reato di corruzione e concussione si scopre che sono state 227. Il Governo, a cui ho chiesto in Commissione di chiarire questo mistero, si è posto allora il problema della differenza che esiste fra 9 milioni e 227? Vuole spiegare la differenza? Lo dico anche ad alcune colleghe che sono intervenute dando per buone cifre totalmente risibili e costruite sul nulla: sapete qual è la differenza? Tutte queste relazioni parlano della corruzione percepita, non di quella reale, perché, come il collega D’Ambrosio ha giustamente detto, è difficilissimo scoprire il reato di corruzione.

Come si fa allora a dire che sono 9 milioni di casi? Come si fa a parlare di 80 miliardi di euro  ripetuti come un mantra  sottratti ogni anno? Ma questi 80 miliardi di euro chi li ha calcolati? Certamente, non il presidente Giampaolino, che non si è avventurato a parlare di corruzione in Commissione e che neanche sull’evasione fiscale è stato in grado di dare dei dati precisi.

Faccio questa premessa (poi verrò anche a questo famoso rapporto del Governo che il ministro Patroni Griffi dovrebbe presentare lunedì) perché molte norme inserite in questo provvedimento, sulla base di questa illustrazione surreale, moltiplicheranno e favoriranno la corruzione. Il provvedimento favorirà cioè l’espandersi della corruzione vera in Italia; poiché non ho scheletri nell’armadio e potete rivoltarmi come un calzino, lo dico in Senato, anche a futura memoria, a quel giornalismo cialtrone che in Italia continua a fare disinformazione e non informazione.

Lunedì finalmente arriverà il Governo a presentare il suo rapporto, ed ecco «la Repubblica» che, in un articolo di stamattina che potrebbe essere intitolato: «Corruzione, ecco i dati, ecco le cifre che parlano chiaro», scrive: «I dati parlano chiaro: nella classifica del Corruption Perception Index di Trasparency International» – l’indice di trasparenza internazionale che, dunque, segnala la percezione – «l’Italia è al 69° posto (…)» (è ciò che ha detto anche il collega Perduca) . «E nell’indice di percezione della corruzione che va da 1 a 5, come scrive il rapporto, “le rilevazioni attribuiscono 4,4 ai partiti, 4 al Parlamento, 3,7 al settore privato e della pubblica amministrazione”». Inoltre, il 64 per cento degli intervistati dicono di ritenere inefficace la risposta del Governo al problema della corruzione. Insomma, apprendiamo che il famoso rapporto sulla corruzione è un sondaggio. È come avviene per il clima: c’è la temperatura dichiarata, magari 20 gradi, e poi quella percepita che è di 40 gradi. Lo stesso avviene per i dati relativi alla violenza nelle città: il questore afferma che si sono verificati 10 casi di omicidio, ma ne vengono percepiti 1.000. Quindi, c’è un senso di insicurezza.

Scusate, ma questo sarebbe il metodo attraverso il quale si effettua il monitoraggio dei fenomeni? Ma voi, colleghi senatori, sapete che se fermate la gente per strada vi dirà che tutti i vincitori di concorsi pubblici (per magistrati, notai, avvocati, tutti quelli che sono entrati nell’Accademia militare, tutti quelli che in Italia hanno vinto un concorso) hanno corrotto e pagato il concorso? Nella percezione popolare esiste questa leggenda metropolitana per cui chiunque arriva ad un risultato è un raccomandato, uno che ha pagato. E davanti al mondo noi, noi stessi, continuiamo ad alimentare questa diceria.

In Italia sono 4 milioni i dipendenti pubblici, e sono 9 milioni quelli che chiedono le tangenti? Tutti delinquenti, tutti farabutti, tutti buoni a niente! È così? Se fosse così sarebbe difficile riparare a questo fenomeno.

Poi, bontà sua, Patroni Griffi scrive anche che si dovrebbe pensare al costo dei ritardi nel definire le pratiche amministrative, al cattivo funzionamento degli apparati pubblici, all’inadeguatezza, se non inutilità, delle opere pubbliche, dei servizi pubblici, delle forniture pubbliche.

Forse, allora, c’è qualche problema di fondo nel nostro Paese. Forse c’è vischiosità, farraginosità, c’è burocrazia inutile e mille passaggi. Ho sentito che alcuni colleghi si lamentavano perché le aziende straniere non vengono ad investire in Italia. Ma state scherzando? Ma lo sapete che devono attendere anni ed anni le autorizzazioni dal Comune, dalla Provincia, dalla Regione, la VIA nazionale; poi arriva un comitato di 20 persone con un cartello e tutto quello che è stato fatto non vale più nulla. Se ne devono andare, perché nel nostro Paese per poter fare qualcosa incontrano un milione di intralci burocratici!

C’entra la corruzione? Può darsi che in qualche caso sia così, ma è sufficiente la nostra farraginosità burocratica a scoraggiare chiunque vuole investire in Italia.

Sono assolutamente d’accordo con Ostellino, che ha scritto sul «Corriere della Sera» che questo è un provvedimento che favorisce la corruzione, perché invece di semplificare, di fare chiarezza nei rapporti fra imprese, cittadini e pubblica amministrazione moltiplica i controlli.

Voglio segnalare due piccoli capolavori, su cui ho presentato degli emendamenti, per chiarire con quale logica il Governo e il ministro Patroni Griffi hanno presentato le misure.

È stato stabilito che ogni Comune italiano dovrà predisporre un piano anticorruzione. Ebbene, gli 8.000 funzionari comunali ed i relativi apparati che dovranno essere individuati cosa dovranno fare? Alcune delle iniziative possono anche essere giuste. Lo è, ad esempio, prevedere la rotazione dei funzionari, ma questo può essere disposto dal sindaco o dal segretario comunale. Sentite invece cosa dovrebbe fare il funzionario di ogni Comune, ad esempio, quello di Roma: deve «monitorare i rapporti tra l’amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche» – state attenti – «verificando eventuali relazioni di parentela o affinità» – quindi non si parla solo di mogli, mariti – «sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’amministrazione». Stiamo parlando di decine di migliaia di persone!

Pensate ad un’azienda con 3.000 dipendenti che ha stipulato un contratto a Milano con il sindaco Pisapia. Ebbene, il funzionario dovrebbe andare a verificare le parentele e le affinità di tutti i dipendenti di quell’impresa che lavora per il Comune per escludere che vi siano rapporti di parentela e di affinità con ognuno dei dipendenti comunali (per esempio, l’operaio dell’impresa e l’operaio che lavora in Comune). Una cosa elefantiaca! E se scopro che l’azienda che ha rapporti di lavoro con il Comune ha un dipendente con relazioni di parentela o di affinità con un dipendente del Comune, con un vigile urbano, o un operaio, cosa ho appurato? Se potete, spiegatemi a cosa serve! Non è una follia?

Ma cosa succede dinanzi ad un caso di corruzione passata in giudicato in un Comune italiano? Ebbene, nel punto 12 dell’articolo 1 si legge che il responsabile viene condannato alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi. Il funzionario addetto, dunque, deve predisporre il piano, deve effettuare i controlli relativi al piano, e se qualcuno, nel Comune di riferimento (ad esempio Roma, Milano, Torino o anche il più piccolo Comune d’Italia) viene condannato, lo stesso funzionario è automaticamente punito a meno che (quindi, inversione dell’onere della prova): «provi tutte le seguenti circostanze: a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di cui al comma 5 e di aver osservato le prescrizioni di cui ai commi 9 e 10 del presente articolo; b) di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del piano» (ripeto: di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del piano). Un capolavoro.

Dunque, ci saranno questi 8.000 funzionari con i loro apparati (perché è chiaro che se a Roma un funzionario – che naturalmente sarà lautamente pagato – deve controllare tutto quello che avviene nel Comune, avrà bisogno di 10, 20, 30 o 40 addetti) e i casi sono due. Nel caso più benevolo il funzionario dirà: fermi tutti! Se succede un caso di corruzione pago io e quindi non firmate più niente, non fate più niente, congeliamo tutto, perché devo controllare sei volte che non succeda qualcosa, dal momento che se non dimostro che ho vigilato con la massima diligenza, ne rispondo personalmente. Con una tautologia, qualsiasi magistrato potrebbe infatti dire, chiamando in causa quel funzionario: se c’è stato un caso di corruzione, vuol dire che non ha vigilato abbastanza. Questa però è l’ipotesi benevola.

Nell’ipotesi meno benevola, più aumentano i controlli, più aumentano le pastoie burocratiche, come accadeva nei Paesi socialisti. Giustamente Piero Ostellino ricorda, infatti, che il record di corruzione si registrava proprio nei Paesi socialisti, dove tutto era pubblico, dove c’erano mille controllori, dove tutti controllavano tutti e dove si ponevano ulteriori ostacoli burocratici affinché il cittadino, per ottenere qualcosa, fosse costretto a darsi da fare per superarli e si paralizzava tutto, se non altro per il timore di essere chiamati a rispondere oggettivamente per responsabilità che riguardano altri funzionari.

Ho dunque presentato due emendamenti su tali aspetti, perché spero nel buon senso del Senato. Non posso rivolgermi ai due Ministri assenti, anche se li ho già invitati in Commissione a fare una riflessione sulle cose che scrivono, affinché almeno un domani, una volta che ne deriveranno i guai, qualcuno sappia se si deve vergognare o se non si deve vergognare, perché almeno, per tempo, queste storture le ha denunciato.

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5 commenti

  1. luigi lupo

    “Se poi si va a vedere quante denunce nello stesso anno sono state presentate in tutti i tribunali italiani per il reato di corruzione e concussione si scopre che sono state 227. Il Governo, a cui ho chiesto in Commissione di chiarire questo mistero, si è posto allora il problema della differenza che esiste fra 9 milioni e 227? ”

    Cari signori Tito e Charlie, tutta la prima parte dell’intervento del Senatore è improntata al dubbio che in Italia il problema della corruzione è sopravalutato, certo io ho estremizzato il discorso facendogli dire che per lui il problema non c’era ma è del tutto evidente, anche per i tempi che viviamo che il problema corruzione è uno dei cancri che mina la vita democratica di questo paese. Le argomentazioni che fà nella seconda parte e cioè che con i provvedimenti del governo c’è il rischio di un aumento fanno parte del suo pensiero che non mi sono minimamente messo a criticare, è tutta la premessa iniziale che non va bene. Quì non c’è bisogno di minimizzare.
    Al signor Charlie voglio solo ricordare che ad una opinione ne può contrapporre un’altra ma non offendere.

    1. Charlie

      La dislessia è un disturbo, non un’offesa.

  2. luigi lupo

    Il Senatore dopo averci spiegato che in Italia la corruzione non c’è, è un’invenzione giornalistica, ci dovrebbe spiegare il perchè il costo delle opere pubbliche, sempre secondo i giornali, sono più alti che negli altri stati, sicuramente ci farà capire che da noi le opere pubbliche costano la metà.
    Da ultimo si è dimenticato di ringraziare il governo di non aver reintrodotto il reato di falso in bilancio perchè, in effetti, come tutti sappiamo, in Italia nessuno falsifica i bilanci.
    Peccato che in parlamento siano in pochi, ma buoni, a pensarla come lui, che con il suo intervento ha dimostrato di avere le idee chiare sulla reale situazione della corruzione che si può tranquillamente derubricare, al massimo, a marachella.

    1. tito

      Non mi pare di aver letto che la corruzione non esiste, mi pare di aver letto che questo provvedimento potrebbe farla aumentare. mi pare che ognuno davvero capisca un po quello che gli pare. non si è mai finito di imparare

      1. Charlie

        Caro sig. Tito,

        la dislessia è un disturbo non solo infantile.

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