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Il controesodo degli ucraini che tornano a casa

Sono più le persone che rientrano nel paese colpito dalla guerra di quelle che lo lasciano. Perché? Che cosa sta succedendo?

Redazione
05/06/2022 - 6:30
Esteri
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Sono più le persone che rientrano in Ucraina di quelle che lasciano il Paese. È quanto rileva Frontex, l’agenzia europea per la protezione delle frontiere, che nell’ultimo bollettino scrive che 2,3 milioni di persone sono tornate a casa dall’inizio della guerra. Nell’ultima settimana sono state 260 mila.

Dall’inizio del conflitto, 24 febbraio, sono scappati in circa 7 milioni e, al momento, sono 5,3 milioni i cittadini ucraini che si trovano all’interno dell’Unione Europea. In Italia, nello specifico, sono circa 125 mila: 65.481 donne, 18.631 uomini e 41.088 minori che hanno trovato un rifugio soprattutto nelle grandi città (Milano, Roma, Napoli e Bologna). Nell’ultima settimana (25-31 maggio), i Paesi in cui si continuano a registrare il maggior numero di arrivi sono Polonia (147.000) e Romania (32.800).

Resta il fatto che, rispetto alle scene cui abbiamo assistito nelle prime settimane della guerra, ora a far impressione è il controesodo. Si legge nel bollettino: «Il 23 maggio il numero di sfollati interni in Ucraina è diminuito per la prima volta, per un totale stimato di 7,1 milioni, con una riduzione dell’11% rispetto al 3 maggio».

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Diverse ragioni

Quali le ragioni di questo fenomeno? Difficile identificare un solo motivo. Come avevamo già scritto, è probabile che siano diverse le ragioni che spingono gli sfollati a tornare nel paese martoriato dall’invasione russa: «C’è chi non vuole più vivere nei campi per rifugiati in Polonia, perché senza soldi o senza lavoro, chi vuole stare vicino ai propri familiari, chi ha nostalgia di casa».

Venerdì su Libero, Renato Farina ha poi messo sotto la lente d’ingrandimento un aspetto che non si può trascurare. Pur di fronte a moltissimi episodi di generosa accoglienza, vanno registrate anche le insofferenze. È sempre così, non bisogna scandalizzarsi troppo. Dopo la prime fase dell’emergenza subentrano i problemi economici e di convivenza.

Recinti di filo spinato

In Bulgaria, ad esempio, scrive Farina, «le risorse sono finite. E quelle che dovrebbero arrivare da Bruxelles latitano. Da quel momento la guerra che covava tra i poveri locali e gli sventurati ucraini si è accesa. […] Ora non è più aria per loro. Dai municipi tolgono la bandiera ucraina, gli ospiti adesso puzzano. Per vendicarsi della cacciata dagli alberghi hanno usato i loro escrementi per scrivere sulle pareti “Gloria all’Ucraina”. Il fatto è che non hanno trovato di meglio che accompagnarli in veri e propri lager, celle microscopiche, chi voleva andare in bagno (quasi tutte donne) erano scortate alla toilette dal custode, attraversando recinti di filo spinato. Un modo simpatico per dire: filate via».

Così la Repubblica Ceca dove il governo ha deciso di interrompere l’accoglienza di rifugiati dall’Ucraina dal 15 giugno. E anche in Polonia, dove pure l’accoglienza dei profughi è stata e continua ad essere straordinaria, si verificano le prime lamentele per una situazione che si sta prolungando.  

Foto Ansa

Tags: bulgariaguerra ucrainapolonia
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