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Il «compagno don Camillo» torna in Russia

Storia della prima edizione assoluta in russo di "Mondo Piccolo" di Guareschi. La traduttrice Ol’ga Gurevicˇ racconta le peripezie che hanno accompagnato il lungo lavoro e il suo amore per un autore «fortemente sconsigliato»

Redazione
13/11/2012 - 14:47
Cultura
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“Mondo Piccolo” uscirà per la prima volta tradotto in Russia. La raccolta di racconti di Giovannino Guareschi sarà presto disponibile a Mosca, per le edizioni Rudomino, dopo un lungo lavoro portato avanti da Ol’ga Gurevicˇ, docente di lingua italiana all’università statale di Scienze e Studi Umanistici di Mosca. Pubblichiamo stralci di un articolo scritto dalla traduttrice per “La Nuova Europa”, la rivista ufficiale di Russia cristiana, in cui racconta delle traversie attraversate per pubblicare questo testo:

(…) Una sera [durante un soggiorno per studi in Italia; ndr] c’è stata la proiezione di un film, ed era Don Camillo. Il film mi è piaciuto molto. Si era nel 1994 e mi affascinava l’idea di un prete che trionfava (così mi è sembrato sul momento) sui comunisti. Dopo il crollo del comunismo in Urss trovavo strana e imbarazzante la forte presenza dei comunisti in Italia, ed ero curiosa di sapere come questo fosse possibile e che cosa volesse dire il comunismo per gli italiani. Pochi giorni dopo ho visto, su una bancarella di Salò, il primo volume del Mondo Piccolo di Guareschi. L’ho comprato e l’ho letto tutto d’un fiato, in una notte. Molte cose del libro mi hanno colpita. Prima di tutto, il libro trattava temi ben più importanti e profondi rispetto al film e anche con maggior lirismo. E poi mi faceva conoscere quell’Italia che, come credo adesso, stava per sparire nel vortice della storia, quasi sotto i miei occhi. È da allora che ho cominciato a interessarmi alla politica italiana.

(…)

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Pochi anni dopo la laurea ho cominciato a insegnare nella mia stessa Università e una casa editrice si è rivolta a me perché preparassi un libro di lettura per gli studenti d’italiano. Si trattava di scegliere un testo e di accompagnarlo con prefazione, commento storico-culturale e note grammaticali. Na­turalmente il primo testo che mi è venuto in mente era Don Camillo. E ho cominciato a cercare materiali biografici e critici su Gua­reschi. Ma per quanto consultassi una quantità di antologie e volumi di storia della letteratura italiana, non ho trovato quasi niente. Le poche righe che gli dedicavano alcune enciclopedie mi lasciavano perplessa, ma sopratutto mi stupiva il tono adoperato, che era condiscendente per non dire sprezzante. Infine ho trovato del materiale biografico su Internet e anche qualche articolo, ma erano tutti troppo di parte, scritti o dai fan di Guareschi o dai suoi avversari politici, niente analisi serie, niente critica letteraria.

Tuttavia ho scritto la prefazione, il commento e le note. Arrivate le bozze, le ho corrette e consegnate, e a questo punto la casa editrice ha rotto il contratto, senza darmi spiegazione alcuna. Solo piú tardi ho saputo da una collega che un recensore avrebbe «fortemente sconsigliato la pubblicazione di questo autore». Ero senza parole. Ma come, correva l’anno 1999, la censura era da tempo abolita. E allora perché? Cosa aveva Guareschi da poter suscitare quella reazione? Dovevo proprio scoprirne il mistero ma soprattutto mi premeva ristabilire la giustizia. Ho deciso di non mollare.

Più andavo avanti nelle ricerche, più diventava chiaro che questi atteggiamenti si spiegavano con le scelte politiche di Guareschi. La sua avversione ai luoghi comuni dei partiti, la sua fede, la coerenza, l’integrità morale non andavano a genio agli intellettuali dell’epoca, fu odiato dai comunisti e criticato dai democristiani. Neanche i colleghi scrittori vollero capire il suo messaggio, lo trattarono come vignettista, come giornalista, mai come vero scrittore, gli rimproveravano una povertà lessicale, le famose 200 parole di cui lui stesso parlava nella prefazione a Don Camillo. Invece io ero sempre piú affascinata dalla figura dell’autore, dalla sua personalità forte, dalla sua fedeltà ai valori veri, inoltre io, come i milioni di lettori al mondo, non potevo non vedere che Guareschi era un abilissimo narratore, che le migliaia di parole che usava, le metteva insieme con grande maestria e che aveva un eccezionale talento di umorista.

(…)

Ho studiato o sfogliato altre traduzioni di Guareschi, decine e decine uscite in vari paesi anche in quelli dove magari non si sapeva chi fossero i comunisti o i cattolici. Però una lacuna c’era: in russo non ho trovato che pochi racconti tradotti da Elena Molocˇ­kovskaja e pubblicati su una rivista letteraria nel 2002. Da allora più niente. E cosí mi sono messa a tradurre Guareschi. Nel 2004 doveva uscire un numero speciale della rivista «Inostrannaya literatura» dedicato alla letteratura italiana. Mi hanno invitata a partecipare con i racconti di Guareschi ma ne sono usciti appena tre o quattro. Io continuavo a tradurre, lavorando con grande passione, finché nel 2011 la casa editrice Rudomino, su iniziativa dell’Istituto Italiano di Cultura e soprattutto del suo direttore professor Adriano Dell’Asta, mi hanno proposto di pubblicare l’intero Mondo piccolo: Don Camillo con la mia prefazione.

Non era facile rendere l’umorismo di Gua­reschi, far parlare in russo i suoi personaggi, sopratutto far parlare Cristo senza cadere in pathos o irriverenza, mantenendo il tono giusto. Sentivo che man mano che la traduzione andava avanti, mi immedesimavo con «quella fettaccia di terra che sta tra il Po e l’Ap­pennino», dove d’estate il «sole martella sul cervello» e d’inverno tutto è coperto da una nebbia fitta «da tagliare col coltello». Anche quest’inverno, viaggiando di notte da quelle parti, non mi sentivo estranea a quella nebbia. E neanche ai fantasmi e le paure del passato che erano tutt’uno con la nebbia e che stavano lí ad aspettare, insieme ai campanili, segni di stabilità e salvezza, di esser raccontati.

Guareschi fa sparire i fantasmi e le paure con la più potente arma che è il riso, l’umorismo. Forse è quello che ci serve anche adesso nel nostro mondo che è diventato «spaventosamente serio» e perciò pieno di paure, di delusione e di sospetto.

Traducendo il libro in russo ho pensato anche a quanto ci mancano i «don Camillo», quegli stravaganti preti «fuori dalle righe» dei quali nella sua ultima intervista ha parlato il cardinal Martini. I preti che parlano con Gesù e ragionano con il cuore. Perché il libro racconta non solo l’Italia, racconta l’uomo com’è, eternamente tentato di «versare il cervello all’ammasso» e ubbidire a un partito invece che alla propria coscienza, con l’innata sete di Dio ma anche con tanta abilità a sottrarsi ai Suoi comandamenti.

Tags: adriano dell'astadon camilloguareschila nuova europamondo piccolopepponetraduzione
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