Il cattolico non si rassegna a cosa passa il convento

Di Peppino Zola
04 Dicembre 2018
Caro direttore, perché subire il famigerato "crollo delle evidenze"? Già sessanta anni fa don Giussani ci metteva in guardia dal «peccato di venir meno alla realtà»

Caro direttore, vedo e sento dire sempre più spesso nel mondo culturale ed anche in quello cattolico che oggi vivremmo in un’epoca in cui sono cadute le “evidenze”. Fior di sociologi ci hanno spiegato come ciò sia avvenuto, anche a seguito della “rivoluzione” di costume avvenuta nel 1968. Molti cattolici hanno fatto propria questa diagnosi e si stanno impegnando su molti fronti per capire come reagire. Il minimo comune denominatore delle analisi laiche e cattoliche è costituito dal fatto che tale abbandono delle evidenze viene accettato quasi fatalisticamente come un dato di fatto contro cui non vi sarebbe più nulla da fare. Quasi con rassegnazione si sente dire che così vanno le cose, sottintendendo che occorre accettare quasi passivamente il dato di fatto.

UN GIUDA PER OGNI EVENIENZA

In questi giorni, nei quali ho in corso l’ennesimo trasloco dovuto alla mia attuale situazione, sono costretto a tirare fuori da casse e cassetti cose vecchie e cose nuove, sperando di trovare qualche cosa da gettare (compito inane!). Tra tutte le tante cose da tenere (la mia vita è oramai stata molto lunga), ho ritrovato alcuni miei appunti personali nei quali ho annotato ciò che il servo di Dio don Luigi Giussani ci diceva negli anni 1959-1961, incontrando i “giessini” in varie occasioni.
In una di queste, don Giussani ci parlava dei possibili errori che potevamo commettere e che, con la solita chiarezza, definiva come «peccati». Si riferiva al peccato di «tenersi un Giuda pronto per ogni evenienza» (cioè di aderire a Cristo, ma non troppo) e al peccato di vivere con una «impostazione diversa da quello che si vede». Ma, sempre in quella occasione, segnalava un terzo errore, che riteneva il più grave rispetto agli altri due. Così mi sono appuntato le sue parole: «Gli uomini amano le tenebre e non la luce; il peccato è il venir meno alla realtà, è il non aderire alla realtà; è il peccato contro la luce: è il peccato contro l’evidenza».

CONTRO IL LAICISMO STRAVAGANTE

Mi hanno colpito due cose: la prima è che il “profeta” don Giussani aveva già visto sessanta anni fa che le evidenze stavano cadendo, tanto che ne parlava a noi giovani. La seconda è che don Giussani definisce il venir meno delle evidenze come un «peccato». Il che significa che la perdita delle evidenze non è un fatto da subire ineluttabilmente, ma un fenomeno da combattere come un «peccato», di cui chiedere perdono a Dio e agli uomini. Un fenomeno con il quale sfidare la libertà degli uomini e delle donne di oggi a cambiare strada, a convertirsi a partire dalla totale lealtà rispetto a ciò che la realtà ci propone ogni giorno. Dire che il sole non è il sole non è solo un stupidaggine “scientifica” e filosofica, ma anche una vera e propria offesa alla realtà creata da Dio.
Tutto ciò mi ha fatto pensare, ancora una volta, che noi non possiamo rassegnarci a ciò che passa il convento (mi si passi la parola) del laicismo più radicale e stravagante. Dobbiamo sì testimoniare con la nostra vita la bellezza e la convenienza del cristianesimo; ma dobbiamo anche fare chiarezza, pure dialettica quando occorre, su alcuni punti fondamentali dell’esperienza umana, visto che il “peccato” ci allontana dalla realtà. Perché il peccato esiste.

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