Il caso Alloush, il jihadista siriano accolto in Francia dagli islamologi pro “ribelli”
L’arresto il 29 gennaio scorso a Marsiglia di Majdi Mustapha Nameh, alias Islam Alloush, accusato di crimini di guerra in Siria, non è solo il primo caso di ribelle siriano non affiliato all’Isis che finisce sotto processo in Francia. Con lui viene messa in stato di accusa una parte del mondo accademico francese che si occupa di islam politico.
L’ex portavoce di Jaysh al-Islam, il gruppo salafita che per lungo tempo ha dominato la Ghouta orientale e attaccato ripetutamente Damasco grazie al sostegno militare ed economico dell’Arabia Saudita e di altre monarchie del Golfo, era entrato in Francia regolarmente, con un visto di studi rilasciato da un consolato francese in Turchia nell’ambito del programma Erasmus Plus che prevede scambi fra le università turche e francesi. Ad accogliere la sua domanda è stato l’Istituto di ricerche e di studi sul mondo arabo e musulmano (Iremam) dell’università di Provenza Aix-Marseille, associato al Cnrs (l’equivalente francese del Cnr italiano) e per lungo tempo diretto da François Burgat, il più giustificazionista fra gli studiosi francesi dell’islam politico.
UN «PROFILO INTERESSANTE»
Il suo successore e attuale direttore, Richard Jacquemond, si è difeso negando di essere stato al corrente della storia di militanza guerrigliera del giovane siriano che sarebbe diventato assistente ricercatore nella sua università, e spiegando che in generale «centinaia di giovani attivisti di questi paesi (quelli investiti dalla primavere arabe, ndt) hanno convertito il capitale politico acquisito nei loro anni di militanza in progetti di studi o di ricerca in scienze sociali», e che si tratta di «profili molto interessanti, perché possono apportarci una conoscenza di prima mano».
Effettivamente Nameh era già potuto uscire dalla Turchia per studiare in Europa. Nel paese di Erdogan l’ex portavoce di Jaysh al-Islam ha studiato in tre diverse università, risiede e risulta vicepresidente del think tank “Toran for strategic studies” con sede a Reyhanli nell’Hatay, la provincia turca adiacente all’Idlib siriano, l’ultima regione nelle mani dei ribelli islamisti e jihadisti. In Europa ha trascorso sei mesi presso l’Università Eötvös Loránd di Budapest.
RESPINTO DAL REGNO UNITO
Invece una sua successiva richiesta era stata respinta da «un’importante università britannica», secondo quanto afferma Chris Doyle, direttore del Council for Arab-British Understanding (Caabu) di Londra, la quale avrebbe saputo delle sue passate attività terroristiche, e già nel giugno scorso il suo nome appariva in una lista di affiliati ed ex affiliati a Jaysh al-Islam denunciati per crimini di guerra presso le procure di vari paesi europei da tre Ong per i diritti umani: la Fidh, Federazione internazionale per i diritti umani, il Centro siriano per i media e la libertà di espressione (Scm) e la Ldh, Lega per i diritti umani di Francia.
A segnalare alle autorità francesi la presenza di Islam Alloush sul loro territorio è stata il 10 gennaio scorso proprio la Fidh: l’uomo era apparentemente arrivato nel mese di novembre con un visto di studio di tre mesi rilasciato dopo l’espletamento delle normali procedure previste dal ministero degli Esteri e da quello degli Interni.
INTELLETTUALI E «RIVOLUZIONARI»
Fra i ricercatori dell’Iremam compare Thomas Pierret, che secondo il sito internet Valeurs Actuelles ha collaborato col think tank Toran di Islam Alloush per la stesura di un articolo avente per oggetto la deradicalizzazione di un gruppo di jihadisti presentati come «rivoluzionari». Nel dicembre 2012 sul sito Mediapart Pierret aveva scritto che «la decisione annunciata dal governo americano di iscrivere Jabhat al-Nusra sulla lista delle organizzazioni terroriste internazionali è un errore dalla conseguenze potenzialmente disastrose». Nel 2014 Jabhat al-Nusra, filiale siriana di Al Qaeda, è stata inserita anche dall’Onu nella lista delle organizzazioni terroristiche internazionali.
Quanto a Burgat, il direttore emerito dell’Iremam, si tratta del terzo più noto islamologo francese dopo Olivier Roy e Gilles Kepel. La sua tesi di fondo è che l’islamismo politico è una reazione al colonialismo europeo e al neocolonialismo occidentale, e che i vari partiti islamisti usano «un lessico musulmano ma non una grammatica musulmana»: sono solo degli indipendentisti che usano la simbolica islamica per coagulare adesioni.
Burgat fa parte di una lista di 50 personalità che auspicano la riabilitazione di Tariq Ramadan, l’islamologo nipote del fondatore dei Fratelli Musulmani Hassan al-Banna accusato di violenze sessuali. È apparso in vari contesti pubblici con esponenti salafiti, compreso il telepredicatore Yousuf al-Qaradawi, ideologo dei Fratelli Musulmani. Nel 2014 ha accolto il jihadista libico Abdelhakim Belhadj nel quadro di un seminario organizzato al Ceri/Sciences Po di Parigi.
LE ACCUSE: DALLA TORTURA AI RAPIMENTI
Le accuse contro Majdi Mustapha Nameh provengono dalle famiglie di 20 ex residenti della Ghouta orientale che attraverso la Fidh si sono rivolte alla giustizia francese, e comprendono atti diretti di tortura e partecipazione in atti di tortura, complicità nel rapimento e scomparsa di civili, reclutamento forzato di minorenni nelle file di Jaysh al-Islam, formazione che al massimo del suo splendore raccoglieva 20 mila armati, e che le Ong umanitarie accusano di aver instaurato un «regno del terrore» nei sobborghi orientali di Damasco, in particolare nella cittadina di Douma.
«Alloush non era solo il volto mediatico di Jaysh al-Islam», dice il giornalista siriano dell’opposizione laica Hadeel Oueis. «Era anche molto vicino a Zahran Alloush, il fondatore e capo supremo del gruppo armato. Costui aveva grande fiducia in lui e gli affidava certi affari che permettevano di raccogliere maggiore sostegno finanziario e militare per il gruppo nei primi anni della guerra civile».
MASSACRI E SCUDI UMANI
Jaysh al-Islam è accusato del massacro di Adra (cittadina della Ghouta sotto controllo governativo) nel dicembre 2013, di aver usato civili alawiti come scudi umani e soprattutto di aver rapito, sempre nel dicembre 2013, l’avvocatessa e giornalista siriana Razan Zeitouneh (premio Sakharov per i diritti umani), suo marito Waël Hamada e due loro collaboratrici, Samira Khalil e Nazem Hammadi: i quattro erano attivisti anti-Assad che denunciavano allo stesso tempo la dittatura islamista imposta da Jaysh al-Islam sulle cittadine della Ghouta orientale.
L’organizzazione islamista ha sempre negato di avere a che fare col destino dei quattro attivisti, mai più ricomparsi dopo il rapimento, ma vari testimoni e molti indizi portano ad essa. Islam Alloush dovrà rispondere anche di un capo di imputazione relativo a questo evento.
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