
I viaggi del tossico-deputato, tra paranoie e fantasie di persecuzione
La satira può scrivere la storia. è accaduto con Le iene, che hanno documentato come un terzo dei nostri parlamentari siano tossicodipendenti. Era già capitato: nella decadenza dell’Impero romano, in quella dell’Ancien Règime. Accade quando un regime, decadendo, diventa, più o meno sottilmente, autoritario. E le denunce della sua corruzione non appaiono più, dunque, nei luoghi istituzionali, appunto corrotti, o, oggi, nella stampa “seria”, asservita al potere, ma solo in quello spazio interstiziale della comunicazione che è rappresentato dalla satira. Essa, per sua natura, deve mantenere una quota di innocenza, di rivelazione infantile della verità sulla nudità del Re, senza la quale è morta. Due dati dunque: un clima culturale autoritario e conformista (come mai non l’abbiamo saputo prima?), e la realtà di una fetta importante della classe politica che lavora in stato di intossicazione psichica e cognitiva.
Aggiungiamoci la ribellione di molti deputati (e dell’Authority per la privacy, che qui gioca in difesa del conformismo), che, come il verde Mauro Paissan, dicono di temere che questi controlli si estendano dai deputati ad altri cittadini. Dimostrando così di non sapere, apparentemente, che i deputati non sono cittadini come gli altri. Essi ricevono un ottimo stipendio dalla collettività per esercitare un potere decisionale, e rappresentativo, di tutta la nazione. A questo potere deve corrispondere un particolare rigore, se non altro nei processi cognitivi, e nell’equilibrio psicologico, proprio i due campi dove l’uso costante di droga (il test delle Iene, ne rivela l’uso recente, dunque costante, non storico), porta i suoi più che accertati danni. Su di loro, quindi, vanno esercitati controlli da cui un disoccupato, o un creativo di un’agenzia pubblicitaria, può forse essere esentato. Le droghe scelte sono interessanti, e spiegano molto dello stile politico del nostro parlamento, e della sua maggioranza.
La cannabis infatti è un noto “adattatore” della realtà. Essa ti fa vedere la realtà non quale è realmente, ma quale tu vorresti che sia. Certe uscite che hanno lasciato a bocca aperta il resto del mondo (una per tutte: il no alla Tav Lione-Parigi-Torino-Vienna, che la trasformerà in Lione-Parigi-Ginevra-Vienna, con gaudio della Svizzera e marginalizzazione storica dell’Italia), sono figlie della cannabis. E del suo provincialismo: il tossico, in fondo, conosce bene solo il suo angolino dove farsi la canna.
Il travestimento abituale del mondo attuato dalla cannabis, però, produce paranoia e fantasie persecutorie. L’Ego intossicato si difende dalla realtà, che intuisce diversa da come se la rappresenta, producendo nemici immaginari. Da qui lo stile persecutorio della polemica politica: anche trovate come “I ricchi piangano”, con il loro fondo depressivo, sono intrise di cannabis. E la coca? Beh: i discorsi interminabili, il narcisismo maniacale, imbarazzante. Un parlamento tossico, maniaco-depressivo. A casa, a curarsi.
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