I giornalisti insultano tutti. Ma se scrivi che hanno un taglio “cafonal” ti fanno una filippica sulla libertà di stampa

Di Francesco Amicone
12 Dicembre 2013
C'è chi si sente messo alla gogna dal blog di Grillo e c'è chi cerca un carnefice persino nel responsabile della comunicazione Pd, per accreditarsi come martire della libertà di stampa

Pare che i giornalisti amino fregiarsi di titoli ridondanti: cani da guardia della democrazia, fustigatori dei costumi, scoperchiatori di scomode verità. Titoli in declino, con l’avvento di internet e con l’ascesa del mondo virtuale e della democrazia partecipata. Dunque preferiscono fare le vittime. Non basta sentirsi giornalisti al servizio dei fatti, della notizia, del proprio taccuino. Fra coloro il cui mestiere è stato definito un «preconfezionato compulsare di cazzate sulla tastiera» (Carmelo Bene) oggi è d’obbligo l’essere considerati scomodi, sgraditi, vittime di un presunto nipotino di Mussolini. Dal momento che Silvio Berlusconi è decaduto e che Michele Santoro non è in esilio in un’isola dell’Atlantico, ma continua a guadagnare quattrini in tutta tranquillità, occorre rintracciare il germe fascista da altre parti. Beppe Grillo e Matteo Renzi sembrano offrire qualche spunto.

OCCHIO AL FASCISTA. Forse perché sa di non finire nel mirino del leader a 5 Stelle, Andrea Scanzi, giornalista del Fatto Quotidiano, per iscriversi all’albo dei martiri della libertà di stampa ha dovuto puntare su un dirigente appena nominato da Matteo Renzi. L’opinionista è stato costretto ad assurgere al ruolo di carnefice forse la più improbabile dei candidabili: Francesco Nicodemo, il quasi anonimo neo-responsabile della comunicazione del Pd. Il funzionario piddino, da anni non perde occasione di impallinare su internet i giornalisti del Fatto Quotidiano, compreso Scanzi e Marco Travaglio. I “cinguettii” di Nicodemo su Twitter, denuncia il giornalista del Fatto, «testimoniano un’idea squadrista e fascista  di informazione». «Una roba tipo: “O stai con me, o ti prendo per il culo, ti attacco e ti diffamo”».

DENIGRAZIONE  SQUADRISTICA. Scanzi è un «glaucopide», un «disperato», un «povero patetico», sono solo alcune delle bordate che il «dileggiatore seriale» Nicodemo si concede su Twitter contro la sua vittima inerme . Lo «squadrismo democratico» del funzionario renziano raggiunge il culmine quando in un tweet datato 2 dicembre 2013 dileggia la criniera dell’opinionista del Fatto: «Ma quanto è cafonal il taglio di Scanzi? Ma quanto?». Un vero e proprio «stalking denigratorio», scrive Scanzi, che preconizza un «Minculpop 2.0 che Renzi non può avallare». Se Nicodemo resta al suo posto, avverte il giornalista, «vuol dire che il Pd di Renzi è prossimo al fascismo come concezione della libertà di stampa» e che «la sua idea di informazione è illiberale, vendicativa e settaria». Scanzi vola con la fantasia e si immagina un inedito futuro dominato da «interviste pilotate, giornalisti embedded privilegiati, faccia a faccia gestiti da cronisti amici e pass-stampa concessi solo ai simil-Minzolini in quota renziana». E conclude: «Mettere Nicodemo alla comunicazione è come piazzare Borghezio all’immigrazione o Gasparri alla Cultura».

IL CASO GRILLO-OPPO. Scanzi aveva già preso le difese di giornalisti accusati da gente «che passa tutta la giornata a ridicolizzare i giornalisti “infedeli”». Uno di questi ridicolizzatori di mestiere è senza dubbio Grillo, che dopotutto è un comico. La scorsa settimana, Grillo aveva segnalato sul suo blog una giornalista dell’Unità, Maria Novella Oppo, come diffamatrice seriale del Movimento 5 Stelle. Premurosamente, Scanzi ha spiegato al comico che «non può permettersi di esporre al pubblico ludibrio un giornalista», che «la colonna infame è irricevibile, nonché un boomerang». Il giornalista del Fatto ha poi invitato Grillo a riflettere: e «se qualcuno facesse lo stesso con un ritratto di Casaleggio, infierendo sui boccoli da Yoko Ono folgorato sulla via di Cocciante»?

MERLO, LA VITTIMA. Grillo invece di dar retta a Scanzi, ha preferito inserire nell’elenco di giornalisti non graditi ai 5 Stelle un’altra firma orientata a sinistra, Francesco Merlo di Repubblica, colpevole, a suo dire, di aver preso le difese di Oppo. Merlo è un giornalista che la gogna mediatica dovrebbe conoscerla bene. Lui stesso può vantarsi di non essere mai stato tenero con nessuno, nemmeno con i colleghi giornalisti. Tuttavia si è indignato delle «schedature di “obiettivi sensibili”» di Grillo, sorprendendosi di commenti che gli stessi lettori di Merlo riservano alle vittime della sua illustre penna. «Il suo codice di violenza, i suoi roghi, le sue scomuniche, i suoi avvertimenti, i suoi manganelli foscamente rimandano alla “sgrammatica” dei terroristi, dei camorristi, dei mafiosi», scrive Merlo, a proposito di Grillo. In soccorso dell’editorialista di Repubblica è arrivato un tweet del direttore Ezio Mauro:  «Grillo attacca Merlo confermando che la sua concezione della libertà di stampa è quella tipica della casta».

GIORNALISTI, COMICI E POLITICI. Per Giuliano Ferrara, quella di Grillo a Maria Novella Oppo «è una critica un po’ sapida di un tizio che manda affanculo la gente come si sveglia al mattino». La giornalista dell’Unità, secondo il direttore del Foglio, è in grado di cavarsela da sola. Non ha tutti i torti. Oppo, come Merlo e come Scanzi, è sempre stata brava a usare la penna per denigrare i suoi avversari. Per esempio del collega Ferrara aveva scritto che «data la mole, tracima su tutte le reti»; di Maurizio Gasparri, che il governo Berlusconi avrebbe dovuto fare un decreto per dotarlo di un cervello  «se non normale, almeno digitale»; di Berlusconi, che odia i comici perché «essendo un uomo ridicolo, teme la concorrenza». A Sandro Bondi, Oppo diede del «politico transgenico e simbiotico, residente nella villa di Arcore (ovviamente nell’ala della servitù)». Chi vedeva di buon occhio, la giornalista dell’Unità, erano invece i comici, compreso Grillo (che chiamava «sommo»). Per Oppo, questi erano le «persone più serie rimaste in circolazione». Esempi da imitare.

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