I fondi vanno usati per un cambio di passo nell’istruzione

Di Redazione
03 Febbraio 2021
Lettera aperta alla politica perché il Recovery Plan tenga in debito conto le esigenze della scuola: autonomia e pluralità dell'offerta formativa

Contributo scritto per la VII commissione della Camera dei deputati (cultura, istruzione, ricerca, editoria, sport) che sta esaminando – per esprimere il proprio parere alla V commissione (bilancio), che a sua volta riferirà all’assemblea dei deputati – sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (recovery plan) predisposta dal governo.

Gent.mo Presidente e membri della VII Commissione cultura della Camera dei deputati, scriviamo in relazione al Piano di Ripresa e Resilienza che il Governo ha presentato alle Camere in esito all’approvazione del Regolamento Ue 2020/2094 volto all’istituzione dello strumento dell’Ue per la ripresa a sostegno dell’economia dopo la crisi Covid-19, nel quadro del QFP approvato con regolamento 2020/2093 del 17.12.2020 che stabilisce appunto il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027.

Il documento approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 gennaio con riferimento al Potenziamento delle competenze e diritto allo studio, nell’ambito della missione Istruzione e ricerca, evidenzia in primis il divario esistente tra il nostro paese e la media dei paesi Ocse:

  • secondo il Programme for International Student Assessment (PISA), gli studenti italiani di 15 anni si collocano al di sotto della media Ocse in lettura, matematica e scienze, con ampie differenze territoriali che documentano risultati migliori della media OCSE al Nord ma molto inferiori al Sud;
  • il tasso di abbandono scolastico nel 2018 in Italia ammonta al 14,5% rispetto alla media UE del 10,6%;
  • la popolazione compresa tra i 25 e i 34 anni in possesso di un titolo di studio di livello terziario è pari al 28% in Italia rispetto al 44% di media nei paesi dell’Ocse.

Viene descritta, di fatto, la c.d. emergenza educativa, alla quale il PNRR dovrebbe contribuire a rispondere.

A tale proposito le riforme proposte non ci sembra possano comportare un “cambio di passo”. In particolare non si fa alcun riferimento all’autonomia, mentre l’emergenza sanitaria ha mostrato nelle scuole italiane l’importanza dei “fattori sensibili” che costituiscono al contempo le forze vitali dell’educazione: l’affezione al servizio, il radicamento nel territorio, il valore della relazione educativa, la responsabilità e il rinnovamento.

Forze che possono fiorire solo all’interno di una vera autonomia scolastica.

Il secondo aspetto che manca sia nelle riforme proposte che nei progetti, è il riferimento alla pluralità dell’offerta educativa: tutti i riferimenti del documento, anche normativi, sembrano contemplare la sola scuola pubblica statale e non la scuola pubblica paritaria, in gran parte gestita dal privato sociale. Come è risaputo i molti paesi europei la pluralità dell’offerta scolastica è sostenuta e garantita dagli Stati e la qualità e l’efficienza del sistema di istruzione sono maggiori nei paesi che promuovono il pluralismo scolastico.

Il terzo aspetto attiene alla carenza di visione strategica del piano in parola in ordine alla necessità di massicci investimenti volti ai minori e alla natalità. Le povertà educative che la pandemia ha moltiplicato si combattono proprio con il massimo investimento sui minori. D’altro canto la crisi delle nascite è la spia più chiara dell’incertezza sul futuro di una comunità. Da questo investimento, che le scriventi associazioni chiedono con forza e da tempo, verrà maggiore parità di genere, maggiore conciliazione lavoro-famiglia, maggiore occupazione femminile, maggiore occupazione giovanile, promozione del Terzo Settore applicato all’interesse generale della funzione di cura, istruzione ed educazione. Una grande manovra sull’educazione deve considerare il sistema educativo nazionale nella sua interezza e quindi la funzione pubblica di educazione ed istruzione va considerata tanto in relazione alla scuola statale, quanto a quella paritaria a partire da quella no profit.

Il Recovery Plan deve fornire un’ampia dotazione finanziaria per ottenere anche dal sistema paritario un forte incremento nell’offerta educativa.

In particolare siamo a richiedere l’inserimento dei seguenti punti:

  • il programma per l’edilizia scolastica della componente Efficientamento energetico e riqualificazione degli edifici (pag. 90) deve fare riferimento anche agli edifici di proprietà o utilizzati a qualunque titolo da scuole paritarie, Il Bonus 110 deve essere esplicitamente esteso anche a tali soggetti e con riferimento a massimali che tengano conto delle dimensioni dell’immobile;
  • il Piano per gli asili Nido ed il Potenziamento delle scuole per l’infanzia (pag. 123) deve riferirsi esplicitamente ad iniziative volte a favorire, promuovere, incentivare e sviluppare politiche attive a favore dei minori nel segmento 0-6 anche per il tramite di sinergie con il non profit e del privato sociale (che ad oggi è parte integrate del sistema 0-6 anni), mentre il documento fa riferimento a testi normativi che riguardano esclusivamente edifici di proprietà di enti pubblici;
  • sempre con riferimento alla scuola dell’infanzia, auspichiamo il convenzionamento diretto con le scuole paritarie dell’infanzia espressione del privato sociale. Lo strumento principe è quello della convenzione pluriennale, basata su un fondo di dotazione adeguatamente capiente;
  • con riferimento al punto Scuola 4.0. scuole innovative, cablaggio, nuove aule didattiche e laboratori (pag. 124) si faccia esplicito riferimento anche alle scuole paritarie.

Da ultimo riteniamo di dover sottolineare, con riferimento alle riforme proposte (pag. 120-121), che da una parte viene proposto di rendere l’esame di laurea coincidente con l’esame di stato, velocizzando l’accesso al mondo del lavoro da parte dei laureati, e dall’altra parte, poche righe prima, questa ipotesi non è contemplata per coloro che desiderano insegnare, per i quali si prevede l’ennesima “riforma ridisegna le procedure Concorsuali per l’immissione nei ruoli del personale docente rafforzando, secondo modalità innovative, l’anno di formazione e prova.”. Riteniamo che debba essere separato il percorso abilitante all’insegnamento da quello di assunzione nei ruoli dello stato, (ad es, ritenendo abilitante all’insegnamento nella scuola secondaria la laurea + 24 CFU in materie psico-pedagogiche).

Ribadiamo la disponibilità ad approfondire quanto sopra dentro un contesto che possa tenere presente tutte le voci della scuola.

Massimiliano Tonarini – Presidente nazionale CdO Opere Educative
Pietro Mellano –
Presidente nazionale CNOS Scuola
Marilisa Miotti –
Presidente nazionale CIOFS scuola
Giovanni Sanfilippo –
Delegato nazionale per le Relazioni Istituzionali FAES
Virginia Kaladich –
Presidente nazionale FIDAE
Luigi Morgano –
Segretario Nazionale FISM
Vitangelo Denora –
Delegato Fondazione GESUITI EDUCAZIONE

Foto Ansa

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