I due giovani omosessuali e le stelle
Non molti giorni fa, nel solito giro serale con al guinzaglio il cane Micky, lieve condanna della mia vecchiaia, in una vietta piccola e oscura del mio paese ho visto, d’improvviso, sbucare da un portone laterale l’ombra di un ragazzo in bicicletta, seguito dall’ombra di un altro giovane. Potevano avere quattordici-quindici anni. L’età della bicicletta appunto, non ancora del motorino.
«Non mi ami più?» chiese il giovane che seguiva, al primo. E, scorgendomi, rivolto a me, ad alta voce: «Signore…».. Voleva dire altro ma si fermò. Intuii che volesse quasi chiamarmi a testimone e conforto del suo mancato amore. Come a dire: “Signore, ha visto che succede? Non mi vuole più”. Ma poi, rivolto all’ombra del giovane che lo precedeva: «Vuoi fare sesso anale?».
Ingannato da quella prima chiamata mi sentii direttamente interpellato: «Ma sei scemo?».
«No, signore, non dicevo a lei…» Era, evidentemente, un’offerta di sé al suo giovane lui, perché il rapporto continuasse. Allo stesso modo avrebbe potuto offrire, che so, un caffè o, fors’anche, vista l’età, un lecca lecca.
Come proseguì, se proseguì, il dialogo, non so. Due, tre secondi, ed ero già lontano, trascinato dal cane Micky, da sempre indifferente alle vicende amorose che non fossero le proprie.
Omosessualità nuda
Non so perché, ma ritorno spesso a quell’episodio e a quei due ragazzi.
Da un canto mi colpì, allora, l’eccezionalità dell’evento. Mai mi era capitato di imbattermi così, in questa omosessualità vestita della sua sola nudità. Ma più ancor più mi colpì, e ancora mi inquieta, il modo, il tono, e la normale banalità di quel dialogo. Non riesco a farmene una ragione. In quale lago di petrolio sotterraneo ha potuto nascere? Dove si infigge? Quale atomo la partorisce? Quale mistero tra bene e male si combatte sotto la sua tranquilla superficie? Ci ritorno e penso: “Che ne sarà di quelle giovani vite sconosciute in cui tutto deve ancora incominciare e dove tutto è già finito?”.
Non pochi anni fa, con alcuni amici, già adulto, ero solito la domenica pomeriggio andare in caritativa nei quartieri delle case popolari nel mio paese.
Ci si radunavano attorno nugoli di bambini e ragazzini. Con loro, era solito aggiungersi anche un gruppo di adolescenti. Giovinette soprattutto, perché i ragazzetti se ne stavano in disparte, contegnosi. Fra queste che n’era una che, letteralmente, splendeva. Semplice, ridente, delicata nei sentimenti e nel porgersi. Si intuiva che dentro aveva un mondo. E incominciava, allora, con timidezza e pudore, ad accostare appena appena le labbra al mondo che l’aspettava. Una volta volle farmi leggere le sue poesie. Le volli bene. Dio mio come le volli bene quella volta. Bene come si vuole bene alle cose vere quando sono vere.
Ma poi, ecco che, d’improvviso, guardandola, fui attraversato da un pensiero terribile. “Tra poco incontrerà un primo amore. A lui affiderà tutti i suoi timori e le sue speranze. Si frequenteranno, si diranno tutto. Si daranno tutto. E poi dopo finirà. E poi ne arriverà un altro a rinnovare timori, affidamenti e speranze. E poi dopo ecco un altro. Fin quando, senza che lei lo sappia e se lo dica, se non per un sentore strano che le camminerà accanto, ecco il ripetersi del già visto, del già saputo. Senza accorgersene timori e speranze saranno all’angolo, uno straccio dietro le spalle”.
Cosa c’entra con le stelle?
Don Luigi Giussani era solito raccontare di quando, giovane prete, erano gli anni Sessanta, tornava di sera in bicicletta per una via di Milano. D’improvviso scorse nella penombra, un ragazzo e una ragazza abbracciati. I due, al comparire della nera tonaca svolazzante si scostarono immediatamente l’una dall’altro ostentando reciproca indifferenza. I giovani e don Giussani si conoscevano. Qualche imbarazzo. «Amici, se non state facendo nulla di male, perché quest’impaccio?». Nessuna risposta, solo un saluto. Il giovane prete se ne riparte. Tre o quattro pedalate. È una bella serata. Un po’ fredda, tante e tante stelle. Una rapida intuizione ed è di nuovo con loro. Fissando il cielo: «Amici, ma quello che state facendo, che cosa c’entra con le stelle?»
Cosa c’entra quello che state facendo – spiegava a noi che letteralmente pendevamo dalle sue labbra – con il destino grande come il cielo a cui siete chiamati? Un’azione è buona quando spalanca al tutto.
Le lucciole di Pasolini
Pasolini negli anni Settanta gettò l’allarme: «Sono scomparse le lucciole». Le lucciole erano scomparse e con loro, quel vecchio mondo contadino, fatto di persone, di appartenenze, di riti e di valori, distrutto dalla cattiveria normale e banale del nuovo potere consumistico. Niente di buono si annunciava sotto il sole.
«Vuoi fare sesso anale?». Due ragazzi in una via stretta e scura del mio paese, una giovane di cui non so più nulla, don Giussani e Pasolini.
Dovremmo squarciarci il petto perché negli anni Settanta erano scomparse le lucciole? Che importa, al paragone? Può pure darsi che oggi abbiano a tornare le lucciole, ma come facciamo con le stelle?
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