«Hamas non agisce da sola, la sua azione è coperta da qualcuno»

Di Emanuele Boffi
13 Ottobre 2023
L'attacco a Gaza, il problema degli ostaggi e Hezbollah. Israele ha molti fronti aperti e non combatte solo con Hamas. Parla Anna Bagaini, analista di Ispi
Soldati israeliani al confine con Gaza (Ansa)
Soldati israeliani al confine con Gaza (Ansa)

Anna Bagaini, analista di Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), parteciperà con Andrea Avveduto (Associazione Pro Terra Santa) e Claudio Fontana (Fondazione Oasis) al “Dialogo sulla situazione israelo-palestinese” organizzato dall’associazione LabOra e Tempi (incontro via zoom, domenica 15 ottobre, ore 21.15). Ne abbiamo approfittato per rivolgerle alcune domande.

Perché in molti hanno paragonato l’attacco di Hamas all’11 settembre? 

Perché molti elementi di questo attacco ricordano quanto avvenuto a New York nel 2001. L’effetto sorpresa, il trauma psicologico vissuto dalla popolazione e, soprattutto, il numero dei morti.

Era dei tempi dell’Olocausto che non morivano così tanti ebrei nello stesso giorno.

Sì, e poi per le conseguenze che questo attacco può avere. E cioè che il conflitto si allarghi oltre i confini israeliani, come vediamo accadere con i raid israeliani sugli aeroporti di Damasco e Aleppo. Ci sono segnali che questi timori si trasformino in realtà: gli Stati Uniti hanno fanno muovere le loro portaerei nel Mediterraneo e hanno aumentato i rifornimenti militari a Israele. Il Paese, intanto, ha chiamato a raccolta i riservisti e ha schierato il suo esercito al Nord. Insomma, non è solo un’operazione su Gaza.

Israele sta bombardando la Striscia. Il suo intento è «distruggere Hamas». Può raggiunger questo obiettivo?

Tutti sappiamo che Israele vincerà adesso, la domanda che dobbiamo porci è come farà a vincere “dopo”. Cosa farà a Gaza? La occuperà? La annetterà? La demolirà? Tutte opzioni difficilmente realizzabili. Forse questo ritardo nell’entrare nella Striscia non è dovuto solo al fatto che stanno organizzando i riservisti e che hanno avuto bisogno di tempo per formare un governo di unità nazionale, ma anche al fatto che stanno cercando di capire “come” intervenire. Perché un conto è bombardare, un conto è affrontare la guerriglia tra i vicoli di Gaza.

In più c’è il problema degli ostaggi.

Sicuramente Israele ha la preoccupazione di salvare le loro vite. Però stiamo anche ai fatti: esegue bombardamenti su Gaza. Sono mirati e precisi, ma sono comunque bombardamenti.

Tornare allo status quo precedente non è possibile, distruggere Hamas è difficile. Quindi?

Difficile rispondere. Iniziamo col dire che non tutti i palestinesi stanno con Hamas e che i primi ostaggi di Hamas sono proprio gli abitanti di Gaza: li ha sempre usati come scudi umani. Inoltre bisogna aggiungere che, anche prima di questo attacco, la situazione non era tranquilla, non era in equilibrio da anni. E questo è il frutto delle politiche di Netanyahu che, a parte una breve parentesi, è al potere dal 2009. È lui che negli ultimi 15 anni ha sminuito e sottovalutato il problema palestinese.

Perché Hamas ha attaccato proprio adesso?

C’è una motivazione simbolica (il cinquantesimo anniversario dell’inizio da guerra dello Yom Kippur) e una contingente (al rave party partecipavano giovani provenienti da tutto il mondo. Un’occasione ghiotta per avere ostaggi internazionali). Ma, come molti altri osservatori, penso che un forte impulso l’abbiano dato i negoziati con l’Arabia Saudita. Mentre la questione palestinese era finita da tempo in secondo piano, Israele si avvicinava al Paese più influente dell’area: forse è questo che ha spinto Hamas ad attaccare.

Difficile pensare che i terroristi islamici non avessero previsto una forte reazione di Israele.

Hamas sapeva che un attacco del genere avrebbe significato un’ecatombe per Gaza.

E allora perché attirarsi la ire di Israele?

Riesco a pensare a una sola riposta: Hamas non agisce da sola, la sua azione è coperta da qualcuno.

Chi?

Penso a un intesa con Hezbollah, fatto temutissimo da Israele che si troverebbe ad avere due fronti aperti. Non credo che l’Iran interverrà in questo conflitto, ma, di fatto, è come se fosse già intervenuto.

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