Già vincitore del prestigioso Grand Prix Catholique de Littérature, filosofo e pensatore francese, Fabrice Hadjadj a soli 42 anni è diventato da poco direttore dell’Istituto Philanthropos di Friburgo. E ha pubblicato un nuovo libro: Il Paradiso alla porta. Saggio su una gioia scomoda (Lindau, pp. 480, euro 29).
SENZA PARADISO L’UOMO FA L’INFERNO. Intervistato da Avvenire il filosofo spiega che, al contrario di quanti ne parlano come una consolazione della religione, «il paradiso non è un sogno sterilizzatore» che quieta gli animi. Anzi, «la nostra vita sarebbe sonnolenta senza questo accidenti di bisogno di Eden». Tanto che questo desiderio di paradiso è ciò che ha mosso anche le ideologie peggiori, con alcuni errori: «Marx pretendeva di sbarazzarsi del paradiso celeste, per tornare all’idea di un paradiso terrestre». E dove sta lo sbaglio? Nell’utopia, perché in terra la libertà umana è ancora ferita: «Lo diceva già Paul Claudel: “Quando l’uomo tenta di realizzare il paradiso in terra, il risultato immediato è un molto rispettabile inferno”». È «l’ideologia del bene totale, realizzabile con le nostre mani». Al contrario, «la speranza del paradiso celeste impedisce questa follia totalitaria». Mentre nelle ideologie il mondo è da cambiare, la posizione realista permette di riconoscere «il primato dei volti sulle idee» e «sul più antipatico tra i volti di chi incontriamo si posa uno sguardo di infinita tenerezza».
FARSI SFIDARE DAL NICHILISMO. Secondo Hadjadj «Nietzsche voleva combattere contro il nichilismo e il fondo del suo impegno era di tipo “eucaristico”». Addirittura tira in ballo l’eucaristia? Chiede Lorenzo Fazzini che lo intervista. «Se Nietzsche criticava il cristianesimo (ma anche il platonismo, la metafisica e il buddismo…), lo faceva perché pensava che tutti questi sistemi, senza distinzioni, rifiutano quel che ci è chiesto qui e ora. A suo dire essi inventavano un al di là di apparenze, un “dietro-mondo”, con lo scopo di disprezzare e calunniare questo mondo. Nietzsche voleva che si dicesse “sì” al mondo e che ci si mettesse dentro una sorta di azione di grazie davanti a tutto quel che ci veniva presentato». Questo secondo Hadjadj è il rischio di molti cristiani. Perciò dicendo che non c’era nulla nell’aldilà per affermare l’aldiqua, Nietzche «propone un’obiezione eccellente a quanti propongono un paradiso di evasione, di fuga davanti al nostro stupore e alla nostra responsabilità sulla Terra». Il nichilismo, dunque, ci sfida «a ritrovare il verso senso del paradiso cristiano, che non è un “altrove”, ma un “in mezzo a voi”, come disse Gesù, il quale ci comandava di stupirci davanti a un fiore di campo e all’incontro dei più poveri e piccoli tra noi».
PARLARE DELL’INFERNO. In un passaggio del suo volume, Hadjadj scrive: «Dio si inchina dinanzi a chi rifiuta liberamente e volontariamente la sua grazia». Per il pensatore francese sentire poche parole sulle verità ultime dai pulpiti significa non affrontare il bisogno del «perché ultimo di un essere. Faccio un esempio: se si trova per caso una chiave, essa non significa niente da sola. Sono la porta e la serratura che essa apre che ci dicono la natura vera di quella chiave». Ugualmente solo «la meditazione sulle cose ultime ci illumina sulla natura dell’uomo». Poi l’affondo: se tace sul fine ultimo la Chiesa può cadere nella tentazione delle ideologie sopra citate, diventando «una forza alleata del progresso», ridotta «a una super-assistente sociale, un’esperta psicologa o una grande moralizzatrice. Questo è accaduto dopo che l’evasione di cui la incolpava Nietzsche non bastava più agli uomini». La Chiesa, secondo il filosofo, dovrebbe quindi tornare al vero significato del paradiso e del “centuplo quaggiù”, tenendo insieme aldilà e aldiqua, spirito e carne. Come il filosofo va ripetendo da quando, ateo a 30 anni, si è convertì al cattolicesimo.