Nel 2013 le esportazioni di beni europei verso la Russia valevano 119,8 miliardi. Nel 2014, appena 103,4 miliardi: oltre 16 miliardi in meno. Bastano questi dati diffusi dall’Eurostat, che compila le statistiche generali dell’Ue, per capire perché Angela Merkel e François Hollande, dopo poco meno di un anno di sanzioni e contro-sanzioni, sono volati a Minsk per cercare di far trovare un accordo a Ucraina e Russia. Se non cambierà qualcosa, infatti, il 2015 andrà sicuramente peggio.
SANZIONI E CONTRO-SANZIONI. «La Russia è il terzo partner commerciale dell’Ue, mentre l’Ue è il primo della Russia», spiega l’andamento dei dati a tempi.it Joseph Waldstein, addetto stampa della Commissione Europea per il commercio. «La Russia ha adottato il 7 agosto 2014 un blocco della durata di un anno delle importazioni di prodotti agricoli da Unione Europea, Stati Uniti, Norvegia, Canada e Australia (virando verso la Cina, ndr). I mercati più colpiti sono quelli che riguardano carne, latticini, frutta, verdura, pesce e crostacei». Questi prodotti rappresentano per l’Ue «un valore di 5,1 miliardi di euro, cioè il 43 per cento delle esportazioni agricole dell’Ue verso la Russia nel 2013 e circa il 4 per cento delle esportazioni totali».
CALO DELL’EXPORT. Come dichiarato a tempi.it da Lucio Caracciolo, direttore di Limes, lo stato di guerra tra Ucraina e Russia è per l’Europa «insostenibile». L’Italia, quinto fornitore della Russia, nel 2013 esportava a Mosca beni per 10,4 miliardi di euro (0,70 per cento del Pil) e nel 2014 ha perso 1,1 miliardi. L’export verso la Russia della Francia nel 2013 valeva 11,4 miliardi (0,50 per cento del Pil), nel 2014 appena 6,8 miliardi. La Germania portava a Mosca nel 2013 beni per 33,4 miliardi (1 per cento del Pil), nel 2014 l’export è sceso a 29,5 miliardi.
«PERDITE LIMITATE». «Le perdite totali per i Paesi europei a causa delle contro-sanzioni russe sono limitate», continua Waldstein. «Certi Stati e certi settori però sono stati duramente colpiti. Anche se è ancora troppo presto per fare un bilancio finale del divieto russo, gli effetti sono comunque meno acuti di quanto si pensasse, eccezione fatta per certi settori (come la produzione di latticini per i Paesi baltici e la Finlandia)».
«COSTO PESANTE». In tempi di crisi, ad ogni modo, anche perdere una piccola percentuale del Pil fa sentire i suoi effetti sul bilancio. Ed è per questo che il ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel Garcia-Margallo, ha dichiarato: «Le sanzioni hanno avuto un costo pesante per tutti noi. La Spagna è stata duramente colpita in termini di agricoltura e turismo». Anche per questo motivo Hollande e Merkel hanno cercato di mettere d’accordo Ucraina e Russia (che di contro ha perso in export in un anno 24 miliardi). Il risultato della missione, però, è ancora incerto.
CESSATE IL FUOCO. Il cessate il fuoco firmato nella notte tra l’11 e il 12 febbraio da Vladimir Putin e Petro Poroshenko non funziona o funziona solo in parte. Secondo Stati Uniti e Ue ci sono già state circa 300 violazioni. L’unico organismo incaricato di verificare eventuali violazioni, l’Osce, ha affermato che il cessate il fuoco è stato violato a Mariupol, ma non ha un accesso completo a tutto il territorio ucraino. Nella maggior parte del Donbass si è smesso di combattere, ma a Debaltseve e a Mariupol la tregua non si è mai sentita e gli spari non si sono fermati.
Ieri c’è stato il primo scambio di prigionieri tra l’esercito ucraino e i ribelli separatisti: ha riguardato 139 militari di Kiev e 52 miliziani e si è svolto nella terra di nessuno vicino al villaggio di Zholobok, a circa 20 km a ovest dalla città di Lugansk, in mano ai ribelli. Gli accordi di Minsk prevedono lo scambio di tutti i prigionieri, ma non è chiaro quanti siano in totale.
Foto vertice Nato da Shutterstock