
Guardare Susanna Campus, con la sua passione selvaggia e importuna, e non vedere la macchia della Sla

In un testo di Flannery O’Connor (Il mistero di Mary Ann) si riporta un passo di un racconto di Nathaniel Hawthorne, intitolato La voglia. Alymer, dopo anni di matrimonio, per la prima volta, nota sulla faccia della moglie Giorgiana un leggero segno. «Hai mai pensato che la macchia che hai sulla guancia potrebbe essere tolta?». Da quell’osservazione, lei capisce che lui non l’ama più. L’amore che, fino a quel momento, l’ha preservato dal ritenere degna di nota quell’imperfezione, è svanito. Alymer non le dice che non l’ama. Le dice di rimuovere quella voglia, così da essere «perfetta». Ma, appunto, Giorgiana, con intuito, diciamo così, assai femminile, comprende anche il non detto. Amore e perfezione sono nemici. Non stanno assieme. Cozzano.
Il passo di Hawthorne mi è tornato alla mente settimana scorsa quando la mia amica Susanna Campus mi ha comunicato che la Dinamo Sassari, squadra di basket sarda che quest’anno ha strabiliato tutti per i suoi risultati sul campo, la prossima stagione porterà sulla maglia il logo di Aisla, l’associazione dei malati di Sla (sclerosi laterale amiotrofica).
Susanna l’ho conosciuta nell’estate del 2007. Ero in Sardegna per occuparmi del caso di Giovanni Nuvoli, un ex arbitro di calcio, malato di Sla che aveva chiesto l’eutanasia. A un certo punto, Demetrio Vidili, il primario del reparto di anestesia di Sassari, mi portò a casa di un’altra malata di Sla, sua paziente e amica. Susanna aveva fatto posizionare un vaso di fiori sotto la finestra, «in modo tale che posso vederli crescere», mi disse dettando con gli occhi un pensiero sul cartello delle lettere. Chi è costretto a letto e non può nemmeno muovere una mano, deglutire, grattarsi il naso quando più ne ha voglia, ha un senso del tempo assai diverso da chi può muoversi liberamente.
Susanna vede crescere le piante, non so se capite. È una sorta di privilegio divino, se ci pensate. Susanna percepisce ogni istante come definitivo, assapora ogni secondo come quello conclusivo. Ogni respiro è una battaglia, letteralmente. Per tutti è così. Ma solo chi è sul ciglio del burrone sa che non è solo un pensierino della sera.
In verità, quella fu solo la prima lezione che mi impartì quel giorno. Infatti la seconda frase che mi rivolse fu un rimprovero perché la madre mi aveva offerto un caffè e io lo stavo sorseggiando in piedi. «Siediti!», mi ordinò dettando con gli occhi. «È maleducazione bere il caffè in piedi a casa di amici». E due. Ero lì da cinque minuti e già m’aveva dato due belle lezioni. Così siamo diventati amici.
Due anni fa, Tempi le ha chiesto di tenere un blog sul sito. Si chiama “Scritto con gli occhi” ed è un diario non piagnucoloso né edulcorato di quella che è la quotidianità di un malato di Sla. È piena di cose la giornata di Susanna. Ci sono le rondini alla finestra che ballano per lei, le rare passeggiate all’aria aperta, le visite di amici e infermieri, il quotidiano e ammirevole sacrificio della madre e della sorella Immacolata, il “cambio cannula”, la sbobba sorbita tramite Peg, i guai di una malattia che non lascia tregua, le imprecazioni da querela per il montascale rotto.
Ci sono, soprattutto, le passioni sportive per la Torres Calcio e la Dinamo Sassari Basket. Susanna è talmente cocciuta che, non solo è riuscita ad andare a vedere qualche partita delle due squadre, stressando oltremodo presidenti, dirigenti e giocatori, ma è anche riuscita a portarli a casa sua. Non uno o due giocatori: tutte e due le squadre al gran completo. La Dinamo quest’anno ha vinto la Coppa Italia e la prima uscita ufficiale è stata a casa di Susanna. Una dozzina di marcantoni hanno invaso la sua stanzetta per consegnare simbolicamente la coppa alla loro «tifosa numero uno».
La passione di Susanna per i suoi beniamini non ha nulla di composto e accomodante. È esagerata, selvaggia, cieca, importuna, come solo i grandi amori sanno esserlo. Non ho mai visto nessuno essere così fedele alla propria pretesa di amicizia. È una pretesa viscerale, che non ammette ritirate e sotterfugi. Se bevi il caffè in piedi a casa mia dai già l’idea che sei sulla porta. Invece, se sei un amico, devi “stare”.
Impressiona vedere quanta frenesia si crei attorno a un motore immobile. E si potrebbe quasi dire che tutta questa gente che le si avvicina e la vuole conoscere, intuisca dal contraccolpo con una vita tanto fisicamente ammaccata, quanto sia simile alla propria vita apparentemente intonsa. Soprattutto, a differenza dell’Alymer di Hawthorne, tutta questa gente quando la guarda in faccia non vede più la macchia della Sla. Vede Susanna.
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1 commento
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grazie! grazie a te l’ho conosciuta anch’io !