
Graziandi e non
Ogni giorno su tutti i quotidiani si legge della grazia a Sofri. Gli auguro di ottenerla. Ma Sofri è uno che può parlare dalla prima pagina di Repubblica e del Corriere. Che ha degli amici, e importanti. Un mese fa due uomini reclusi da molti anni in un carcere del Sud per omicidio sono risultati innocenti. Due colonne nelle cronache interne dei giornali, e non li han nemmeno liberati subito – c’erano certe carte da riempire. Erano solo dei poveracci.
La gente di Messina a Natale è stata portata a messa dal suo vescovo in un brutto posto: l’ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, ciò che una volta si chiamava manicomio criminale, e ora non si deve. Lì dentro stanno 200 internati. Si mangia con 2 euro al giorno per ciascuno. Ci sono 140 agenti, giacché è un carcere, e solo 3 o 4 psichiatri, e mancano i soldi per gli psicofarmaci moderni. Si usano quelli vecchi, che più che altro stordiscono. Ma questo sarebbe ancora niente.
Se vai laggiù trovi un prete, don Pippo Insana, sempre avanti e indietro da questo casermone, con una gran cartella piena di carte. Ti racconta storie davanti a cui resti incredulo. Ma è tutto lì, su ingialliti verbali di carabinieri. è tutto vero. Dunque nell’ospedale psichiatrico giudiziario, opg, di Barcellona, che ha come bacino d’utenza l’estremo Sud e le isole, il 60 per cento dei reclusi, cioè 120, sono dentro da anni per reati non gravi. Molestie, minacce, atti osceni in luogo pubblico. Ciò che fa uno psicotico abbandonato a se stesso. Il caso classico è il matto del paese che in un torrido giorno d’estate si getta nudo nella fontana della piazza. C’era anche quello fra i ricoverati, qualche mese fa, quando sono andata laggiù. Veniva esattamente da Niscemi, ed era dentro da molti anni.
Impossibile, dirai, c’è la Basaglia, al massimo a uno nudo nella fontana gli fanno un Trattamento sanitario obbligatorio, di quale manicomio parli? Di quello criminale, appunto, che c’è ancora, per i braccianti analfabeti della Locride, per i pastori sardi schizofrenici. Dunque, questi matti derelitti minacciano, molestano – vengono denunciati. Un magistrato dispone la misura di sicurezza preventiva. Arrivano a Barcellona. Poi viene stabilita l’incapacità di intendere e di volere, la denuncia archiviata. Liberi dunque? Macché, la misura di sicurezza, se nessuna famiglia o comunità rivuole il matto – e nessuno lo vuole, e le comunità al Sud spesso non ci sono – viene prorogata ogni due anni. “Stecca”, la chiamano i matti, rassegnati. Di stecca in stecca, si fanno dieci anni per uno spintone al messo comunale. Dieci anni in galera, uno schizofrenico, di tutto innocente. C’è chi, non curato, si impicca. Nessuno dice niente, non importa a nessuno. Ogni volta che leggo di Sofri, penso al silenzio su quelli là giù a Messina: a perché certi innocenti sono, per dirla con Orwell, di tanto «più uguali» degli altri.
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