Gli Stati Uniti premiano suor Carolin, “donna coraggiosa” che lotta per dare un futuro alla Siria

Di Redazione
03 Maggio 2017
Il Dipartimento di Stato Usa ha premiato una salesiana che dirige una scuola materna e un laboratorio di sartoria a Damasco. La sua testimonianza

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Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti l’ha insignita col Premio Internazionale Donne Coraggiose del 2017. Lei si chiama suor Carolin Tahhan Fachakh ed è una religiosa salesiana che dirige una scuola materna e un laboratorio di sartoria a Damasco, in Siria. Dopo aver ricevuto il riconoscimento, la religiosa ha detto: «Sono consapevole che questo premio non è solo per me, ma per la Chiesa in Siria che è “una” e siamo molto uniti. Per paradosso questa guerra ci ha uniti ancora di più. Nessuno di noi ha voluto lasciare il paese dall’inizio della guerra. La Siria oggi è un paese distrutto, non solo nell’economia, ma nella cultura, nelle sue radici. Un giorno a scuola un bambino ha fatto un verso con la bocca e gli ho chiesto cos’era. Mi ha risposto che era il rumore di una bomba, che è diverso da quello di un missile. Non posso pensare che i bambini siriani, oggi, imparino a distinguere le armi e non a giocare, studiare e crescere come bambini “normali”».

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]I MISSILI SULL’OSPEDALE. Grazie a lei, a una ventina di consorelle e alle opere da lei dirette, si educano le donne a imparare un mestiere: «Offriamo corsi di 3 livelli e alla fine regaliamo ad ogni donna che supera gli esami una macchina da cucire. Inoltre paghiamo le rette scolastiche ai bambini, ai giovani l’università, e a volte ci capita di pagare gli affitti delle case. Abbiamo anche un progetto di musica per diminuire la violenza che cresce dentro di loro ogni giorno».
La situazione in Siria rimane complicata: «Ogni giorno vediamo missili che cadono ma noi dobbiamo guardare al futuro; la più grande sfida della guerra è la povertà e noi combattiamo entrambe ogni giorno. Nell’ospedale abbiamo tanti malati e una volta un missile è caduto proprio vicino alla struttura e abbiamo operato i pazienti anche nei corridoi. Non c’è un posto sicuro in Siria. Tutti i giorni noi camminiamo per le strade e la morte cammina parallela con noi. Ma io non posso avere paura. La Chiesa deve offrire speranza e entusiasmo».

I BAMBINI. In una intervista alla Radio Vaticana ha raccontato che «la maggior parte dei cristiani, purtroppo, ha lasciato la Siria. Ora su duecento bambini solo 24 sono cristiani, il resto sono tutti musulmani. I genitori dei nostri bambini hanno molta fiducia in noi, perché prima di tutto offriamo questo clima di pace, di famiglia, dove il bambino giocando, saltando, sogna. Inoltre sono sicuri che qui non c’è questa aria di fanatismo, no. Li accettiamo come sono, non guardiamo né diciamo “cristiano”, “musulmano”. La nostra casa è sempre aperta a tutti».
Oggi «le medicine non si trovano, i migliori dottori sono partiti. Quando c’è un guasto ad un apparecchio non troviamo tecnici che vengano ad aggiustarlo. Tutto queste sono conseguenze della guerra. Però le suore dell’ospedale sono meravigliose perché sono sempre pronte a soccorrere tutte le persone che vengono a curare le ferite; sono sempre pronte a soccorrere qualcuno».

INSEGNARE IL PERDONO. Guardando al futuro suor Carolin sa l’aspetta un lavoro altrettanto faticoso: «Costruire l’uomo da dentro, perché il mondo è già pieno di paura, di violenza, di alcune persone piene di odio. Dopo la guerra inizieremo un lavoro per insegnare loro il perdono, il dialogo, tante cose da costruire dentro, cominciando dal perdono». Un buon punto di partenza, pur tra le difficoltà, già lo intravede: «C’è tanta solidarietà. Quando succede qualcosa vicino a noi tante persone, anche musulmani, bussano alla nostra porta chiedendoci: “Ma suora, state bene? Avete bisogno di qualcosa? Avete paura? Noi possiamo stare con voi”. Così c’è la solidarietà. Prima della guerra e durante la guerra: c’è, esiste, perché la Siria è bella, è piena di convivenza. Questa è la caratteristica della Siria: la convivenza».

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