Don Ezio Prato e don Andrea Bellandi, entrambi professori di Teologia fondamentale, il primo a Milano presso la Facolta teologica dell’Italia settentrionale, il secondo a Firenze alla Facoltà teologica dell’Italia centrale, intervenuti alla trasmissione “Gli spari sopra” hanno colto alcuni elementi di novità nel secondo volume del Gesù di Nazaret di Papa Benedetto XVI, tra cui la riconsiderazione dell’aspetto cronologico del Vangelo di Giovanni. Era prassi considerare il Vangelo dell’apostolo prediletto come uno scritto simbolico, in modo che la scansione storica
della vita di Cristo assumeva un significato solo simbolico. Il Santo Padre, invece,
riconsidera la temporalità nel Vangelo di Giovanni più aderente al vero. Paradigmatica è la trattazione sulla data dell’ultima cena nel capitolo V. Altra novità importante è il tentativo di superare lo iato tra l’incontro personale con Gesù e la precisione storico-scientifica. A volte, nel passato, questi due elementi sono stati considerati erroneamente separati. Il Papa recupera il vero scopo dei Vangeli: comunicare l’avvenimento per eccellenza della storia, nella riunificazione di questi due elementi attraverso l’allargamento della ragione, che, se usata in modo adeguato,
riesce a cogliere la straordinarietà e la contemporaneità del fatto cristiano.
Punti fondamentali del libro di Benedetto XVI sono, inoltre: una lettura di Cristo alla luce della tradizione del popolo d’Israele e il riferimento ai padri della Chiesa. Benedetto XVI ritiene alcune posizioni dei padri più pertinenti rispetto ad altre tesi moderne caratterizzate da un uso della ragione più ridotto. Da ultimo, il richiamo alla centralità per la fede della figura di Cristo è una costante del Papa. È un approccio essenziale da parte di un uomo che paradossalmente è carico di cultura teologica e generale. La centralità di Gesù non è teorica, ma è la partecipazione a un evento contemporaneo. Questa posizione ha come immediata conseguenza la capacità di dialogo con tutti. È un esempio la visita del Papa in Gran Bretagna, criticata aprioristicamente prima del viaggio, poi osannata sia dal popolo sia dagli intellettuali.