«Gli armeni sono vittime collaterali della guerra in Ucraina»
«Ogni mattina mi sveglio e non so se riuscirò a trovare del pane da dare ai miei figli da mangiare. È terribile». L’esperienza di Alvina Nersesyan è la stessa di altre 20 mila madri che vivono nel Nagorno-Karabakh e che da 252 giorni non possono uscire a causa del blocco del Corridoio di Lachin imposto dall’Azerbaigian. Se da otto mesi l’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia e al resto del mondo è chiusa, dal 15 giugno l’esercito azero non permette neanche alla Croce rossa internazionale di portare ai 120 mila armeni intrappolati beni di prima necessità. Quello che sta accadendo nell’indifferenza della comunità internazionale «ha un solo nome», come dichiarato ieri da Luis Moreno Ocampo, già procuratore della Corte penale internazionale ed ex professore alle università di Harvard e Yale: «Siamo davanti a un genocidio. Far morire di fame le persone per eliminarle fisicamente è genocidio per la legge internazionale».
«Il 95% della popolazione è malnutrito»
Ocampo, che oggi è un esperto indipendente e che ha da poco realizzato un rapporto sulle conseguenze del blocco del Corridoio di Lachin, ha parlato ieri a una conferenza stampa di emergenza organizzata dal governo dell’Artsakh, alla quale Tempi ha partecipato.
La situazione nel Nagorno-Karabakh è ormai disperata, come hanno spiegato Sergey Ghazaryan, ministro degli esteri dell’Artsakh, e Gegham Stepanyan, difensore dei diritti umani del territorio armeno. Il 95% della popolazione si può ormai considerare in stato di malnutrizione, visto che prima del blocco il 90% del cibo consumato in Artsakh veniva importato dall’Armenia. A causa della mancanza di carburante e dei continui colpi di arma da fuoco che l’esercito azero indirizza ai contadini armeni quando si recano nei campi, l’agricoltura è completamente ferma e solo una piccola percentuale di grano è stata mietuta.
Il trasporto pubblico non funziona dal 25 luglio, così come quello privato. Mancano cibo e medicine nei negozi e anche l’acqua inizia a scarseggiare. Dall’inizio della crisi, 17 mila persone, cioè il 90% degli impiegati nel settore privato, hanno perso il lavoro.
«Bisogna fermare il genocidio degli armeni»
Il 16 agosto il Consiglio di sicurezza dell’Onu si è riunito per discutere del problema e per cercare una soluzione, ma ancora nessun risultato è stato raggiunto dal momento che l’Azerbaigian si rifiuta di riaprire il Corridoio di Lachin, nonostante una sentenza vincolante della Corte penale internazionale abbia già condannato Baku a farlo a febbraio.
Per Ocampo è assolutamente necessario «impedire che la distruzione fisica degli armeni e la loro morte per fame». È l’unico modo per «fermare il genocidio è avere la collaborazione di tutti. Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna devono lavorare insieme alla Russia. La comunità internazionale deve appoggiare le forze di pace russe, autorizzandole a intervenire».
«Vittime collaterali della guerra in Ucraina»
In questo modo, «la situazione può essere risolta in un’ora». È chiaro che l’attuale contesto internazionale rende difficile trovare questo tipo di accordo ma, ricorda l’esperto indipendente, «non dobbiamo dimenticare che il genocidio armeno del 1915 è stato commesso approfittando della Prima guerra mondiale».
Quello che sta accadendo oggi «è molto simile. Ma l’Armenia e gli armeni non possono diventare una vittima collaterale della guerra in Ucraina».
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