Giudici tolgono ai genitori la potestà della figlia: la curano per malattie che non ha. L’America grida al «rapimento di Stato»

Di Benedetta Frigerio
02 Marzo 2014
A Justina è stata diagnosticata una rara malattia degenerativa ma secondo i medici dell'Ospedale di Boston il problema è psicosomatico. I genitori ora possono vedere solo una volta a settimana la figlia, la cui salute peggiora

justina pelletierJustina Pelletier è una ragazza di 15 anni del Connecticut che fino a nove mesi fa abitava con mamma Linda, papà Lou e le tre sorelle Julia, Jennifer e Jessica. Come tante sue coetanee Justina amava fare sport, pattinare sul ghiaccio e stare con gli amici. Finché tre anni fa non le fu diagnosticata dall’ospedale Tufts Medical Center di Boston una rara malattia mitocondriale degenerativa che provoca una crescente debolezza muscolare. La giovane fu affiancata a uno specialista dell’ospedale, finché, nove mesi fa, non è stata da una forte influenza.

«JUSTINA NON PUÒ TORNARE A CASA». I genitori, spaventati, l’hanno portata all’Ospedale dei bambini di Boston: «Lì ci dissero che Justina non poteva tornare a casa», racconta la madre. I medici contattarono il ministero della Famiglia del Massachusetts e spiegarono ai Pelletier che la ragazza soffriva a causa di un problema psicosomatico e che doveva essere ricoverata nel reparto psichiatrico. «Mi dissero che non esisteva nessuna malattia mitocondriale», ricorda il padre.
Soltanto tre giorni dopo alla famiglia venne imposta anche una linea comportamentale severissima tale da rendere difficili i contatti con la ragazza. E in seguito alle proteste di Linda, Justina venne affidata alla potestà statale del ministero della Famiglia. Da quel momento in poi i Pelletier hanno potuto vedere e telefonare alla ragazza solo una volta alla settimana.

NELLE MANI DELLO STATO. Il 21 febbraio, dopo quasi un anno di battaglia legale fra la famiglia e il Massachusetts, la corte distrettuale ha deciso che la ragazza non potrà tornare a casa almeno per un altro anno. La famiglia, accusata di «abuso» verso la ragazza per aver cercato di curare la malattia mitocondriale invece che rinchiuderla in un ospedale psichiatrico, è rimasta scioccata perché sembrava ormai evidente che le prove a suo favore avrebbero portato a casa Justina. «È paradossale, sono stati accusati di essere troppo attivi nella cura della figlia», ha dichiarato Dean Hokanson, uno degli ex medici della ragazza.
«Sono costernato, sembra che l’équipe medica di Justina voglia difendere la propria diagnosi a tutti i costi. Hanno portato via da casa la ragazzina. Questo è l’intervento più grave e invasivo a cui un paziente può essere sottoposto in seguito a una diagnosi clinica», ha scritto Mark Korson, medico specialista del Tufts Medical Center, all’avvocato difensore della famiglia Pelletier.

SCONTRO SULLA DIAGNOSI. Mentre la letteratura medica conferma che un bambino su duemila ha problemi simili a Justina, con conseguente perdita di energie, dolori agli organi e agli arti che peggiorano con l’avanzare degli anni, l’Ospedale dei bambini sostiene che i dolori della ragazza sono di tipo psicosomatico. Le cure per la malattia sono quindi state sospese ma Justina non è migliorata: se prima di entrare in ospedale camminava, ora è in sedia a rotelle e le sue condizioni si stanno aggravando. «I genitori amano la figlia e vogliono per lei i trattamenti migliori», ha dichiarato il difensore dei Pelletier, a cui la corte su richiesta del Ministero ha impedito di portare a testimoniare esperti di malattie mitocondriali.

Schermata 2014-02-26 a 18.01.36«TENDENZA PERICOLOSA». Secondo una ex infermiera dell’ospedale, Kathy Higgins, il trattamento subìto da Justina «si avvicina alla tortura». Jennifer ha riportato ai giudici queste parole della sorella: «Lo staff psichiatrico le ha detto che non sarebbe mai tornata a casa. L’hanno esortata a non pensarci perché non sarebbe mai successo. Non so quante volte gli abbiano parlato così, ma lei è convinta che morirà lì. Tutto quello che volevamo per lei è che stesse meglio, invece peggiora. Per questo è giù di morale, credo che la stiano usando». Justina, però, è riuscita a scrivere di nascosto un messaggio per la sua famiglia: «So che vi fidate di me. Non lo dimentico. Vi amo più di ogni altra cosa al mondo».
Il quotidiano Boston Globe sostiene che l’episodio non sia isolato: «È emerso che negli ultimi 18 mesi si sono stranamente verificati altri casi che hanno coinvolto genitori, l’Ospedale dei bambini di Boston e il ministero della Famiglia». Secondo Patrick J. Mahoney, fra i pro-life più conosciuti d’America, «questo è un caso che dimostra la tendenza pericolosa dello Stato di usurpare i diritti dei genitori e svilire il loro ruolo unico e speciale nella crescita dei figli. Siamo senza parole».

«SENTENZA CRUDELE».  Alla fine del processo in tanti si sono radunati fuori dal tribunale per gridare al «rapimento di Stato», mentre la madre di Justina è stata ricoverata per un malessere in seguito al verdetto di trasferimento della giovane in un centro statale di affido non attrezzato per le cure. Il padre di Justina ha avanzato il «sospetto che mia figlia sia usata come cavia». Una tesi sostenuta anche dal quotidiano online The Blaze, che ha pubblicato il manuale di procedura della ricerca clinica dell’Ospedale dei bambini di Boston in cui si legge: «I bambini che sono sotto tutela dello Stato possono essere inclusi nella ricerca clinica che presenta rischi minimi, con una prospettiva di beneficio futura».
I medici della Mito Action support hanno parlato di «sentenza crudele. Justina sarà trasferita in una struttura di affido dello Stato dove non si potrà curare: significa chiedere alla sua famiglia di stare a guardare una figlia mentre rischia di morire».

@frigeriobenedet

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3 commenti

  1. Andrea

    Purtroppo su questo fronte l’America ha mollato da un pezzo

  2. malta

    La gente spesso dimentica che i peggio crimini dell’umanità sono stati commessi attraverso le leggi dello stato. Se anche l’America molla chissà cosa ci attenderà….

  3. Ambrogio

    Insomma, se gli date cure mediche vi togliamo il bambino, se gli togliete il papà o la mamma ve lo lasciamo…

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