Il Giappone si litiga i (pochi) residenti. E vince chi punta su mamme e papà
«Ora o mai più»: il primo ministro Fumio Kishida lo va ripetendo dall’inizio dell’anno, «il Giappone è al limite della possibilità di continuare a funzionare come società. Concentrare l’attenzione sulle politiche relative all’infanzia e all’educazione dei bambini è una questione che non può aspettare e non può essere rimandata».
Kishida annunciava a gennaio l’ennesimo piano di incentivi, promettendo di raddoppiare la spesa dei programmi legati all’infanzia per disinnescare quella che gli economisti chiamano «bomba demografica a orologeria»: il riferimento è al tasso di fecondità di appena 1,36 figli per donna, lontanissimo dalla sogli adel rimpiazzo generazionale e al calo delle nascite (mento di 800 mila quelle registrate lo scorso anno) nel secondo Paese al mondo per numero di persone di età superiore ai 65 anni (circa il 28 per cento), dopo lo stato di Monaco. Un paese che secondo i ricercatori arriverà a contare meno di 53 milioni di persone (dai 125 milioni di adesso) entro la fine del secolo.
Fatte le debite presentazioni, più di ogni proclama gira un nome: Akashi. Quando, prima delle elezioni di aprile, The Yomiuri Shimbun ha condotto un sondaggio tra gli amministratori di 47 prefetture e 1.741 città, oltre il 90 per cento dei leader locali ha affermato di considerare serio e urgente il problema del calo demografico (il 65 per cento lo ritiene “estremamente grave”, il 26 per cento come “piuttosto serio”). Le preoccupazioni maggiori provenivano dalle prefetture di Iwake e di Fukushima, devastate dal terremoto e dall’incidente nucleare del 2011, ma soprattutto dalle aree comprendenti comuni con popolazione inferiore ai 10 mila abitanti che si stanno spopolando a causa dell’«inarrestabile esodo delle giovani generazioni alla ricerca di un lavoro o di un’istruzione superiore». Tuttavia un modello, manifestamente indicato da 49 amministratori, esiste: Akashi, appunto.
Il modello Akashi, tutto gratis per i genitori
La città della prefettura di Hyogo ha registrato un aumento della popolazione, passando dai 290 mila residenti del 2013 ai 300 mila dello scorso anno. E l’afflusso di giovani che la scelgono per mettere su famiglia è in costante crescita. Merito della politica dei “cinque programmi gratuiti”, tutti rivolti ai giovani genitori. Ad Akashi medici e servizi sanitari per i piccoli sono gratuiti. Sono gratuiti gli asili per il secondo e successivi figli. Funzionari municipali visitano mensilmente le famiglie con bambini di età compresa dai 3 mesi a 1 anno offrendo loro consulenze e soprattutto tutti gli articoli per l’infanzia di cui hanno bisogno. Sono gratuite le mense scolastiche delle medie inferiori così come l’accesso alle piscine e a musei per tutti i minori residenti in città. Anche il parco giochi al coperto Hare Hare è gratuito per i residenti e un posto «gratis dove i bambini possano giocare tutto il tempo che vogliono» non è un fattore secondario per i giovani dai 25 e 39 anni, la maggior parte provenienti dalle prefetture di Kobe e Osaka, che rappresentano l’afflusso più corposo ad Akashi e anche le basi per una solida stabilità demografica futura, «il fatto che la città fornisca servizi medici gratuiti è stato determinante per trasferirci», racconta una mamma di 35 anni al The Japan News.
In particolare «Akashi – scrive David Kolf, che insegna inglese in Giappone – ha il vantaggio di essere collegata da linee di trasporto pubblico ad aree urbane molto più grandi e può quindi fungere da sobborgo. Le persone possono andare a lavorare a Osaka, per esempio, e tornare a casa ad Akashi. Non sorprende che i problemi di spopolamento siano più acuti nelle aree più remote. Potresti comprare una casa in questi villaggi abbastanza facilmente (anche sovvenzionata dal governo), ma poi cosa faresti per vivere?».
La “gara” al ripopolamento del Giappone
Higashikawa, Hokkaido, ai piedi della catena montuosa Daisetsuzan, è a questo proposito un’altra città considerata un modello di ispirazione per 26 amministratori di piccoli centri urbani: nel 1993 sembrava destinata a scomparire, oggi è passata da meno 7 mila a oltre 8.500 abitanti. Higashikawa ha puntato sul fascino del borgo incontaminato, sprovvisto di ferrovie e autostrade ma capace di ridare senso a un vivere tranquillo e pieno di comfort a contatto con la natura. Taketa, 25 mila abitanti in una regione ricca di torrenti e sorgenti termali, ha puntato al contrario sull’idea del “distretto” dell’artigianato, la lavorazione del legno, la tintura di tessuti e carta, arrivando ad aprire un ufficio a Tokyo per assistere nel trasferimento i giapponesi stanchi dei ritmi iperfrenetici della città. L’Economist ha invece di recente celebrato il modello Toyama, 390 mila abitanti, un calo impercettibile dello 0,47 per cento della popolazione tuttavia una popolazione sempre più vecchia. Toyama “tiene” grazie al suo approccio “dumpling and skewer” alla pianificazione urbana, centri ad alta densità collegati da una metro leggera che consente anche agli anziani (titolari di abbonamenti scontati ad hoc) di spostarsi agilmente per raggiungere cliniche, musei, negozi, centri benessere: l’idea della città a portata di mano è sostenibile ma per quanto? È significativo a questo proposito, commenta ancora Kolf, che il suo centro per anziani all’avanguardia sorga su «quella che un tempo era una scuola elementare».
Dal 2011 in Giappone le vendite dei pannoloni per anziani hanno superato quelle dei pannolini per bambini. Ad Akashi questi ultimi vengono distribuiti gratis insieme al latte in povere e alla compagnia degli incaricati dal programma: mamme o papà che hanno cresciuto i loro figli e puntano ad alleviare insieme alle spese la solitudine e la fatica dei giovani genitori.
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