Luigi Geninazzi (Avvenire) commenta per Tempi la scelta del governo italiano di intervenire con i caccia armati in Libia e la posizione della Lega: «Il governo è stato contraddittorio fin dall’inizio. La Lega fa un ragionamento tipico da Lega, che non è un granché perà è vero che con le bombe non si va da nessuna parte. La guerra è lunga ma non causerà certo una crisi di governo».
L’Italia ha scelto di bombardare la Libia e la Lega si è infuriata.
Il problema è che siamo rimasti a metà del guado, non come ne usciamo. A partire da febbraio, quando è iniziata la rivoluzione in Libia, il governo ha avuto un comportamento contraddittorio: Berlusconi prima ha detto che non voleva disturbare Gheddafi perché suo amico. Invece poteva cercare di andare a convincerlo, sarebbe stata una mossa di valore internazionale. Poi abbiamo deciso che doveva fermarsi, abbiamo aderito alla missione ma senza bombardare, abbiamo assicurato che non l’avremmo mai fatto e ora lo facciamo. Il processo è sconclusionato. Adesso diciamo che non manderemo forze di terra ma se ce lo chiedono?
La Lega sostiene che la guerra costi troppo e che gli aerei non risolvono niente.
Quello della Lega non è proprio un pilastro di ragionamento: la guerra porta immigrati. E’ tipico della Lega ma non è il punto. Non condivido per niente quello che dicono. Però c’è una verità nella sua posizione: i bombardamenti non risolvono la situazione, come in Kosovo, e possono anche colpire i civili. Gheddafi è un osso duro, non molla. Prima o poi la guerra finirà ma è lunga.
Come giudica gli screzi tra Pdl e Lega?
La Lega non è mai voluta entrare in questa guerra, il premier invece ha divagato ed è stato contraddittorio. Non penso proprio però che ci sarà una crisi.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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