Free Asia Bibi, il rock degli Ooberfuse per la donna pachistana condanna a morte

Di Sara Caspani
14 Giugno 2012
La band che aveva già registrato un video in memoria di Shahbaz Bhatti, ha composto una canzone per la liberazione della donna cristiana ingiustamente condannata a morte per blasfemia.

«Death to the Christian! The angry mob screamed, the penalty is death. They say she blasphemed» cantano gli Ooberfuse nel loro nuovo pezzo in difesa di Asia Bibi, prima donna nella storia pakistana a essere condannata a morte secondo la severa legge sulla blasfemia. Il suo vero crimine? Non voler rinunciare alla religione cristiana.

«Il mio nome è Aasiva Noreen Bibi. Io sono “niente”, così come mi viene ripetuto di continuo qui. Una semplice donna di un minuscolo villaggio del Punjab, zona del centro Pakistan. E nonostante questo, ora, tutto il mondo mi conosce, tutto il mondo sa che io sono Asia Bibi». Allo scadere del terzo anniversario dal suo arresto per blasfemia, la donna pakistana madre di cinque bambini torna sulla scena internazionale grazie al nuovo singolo del gruppo rock cristiano Ooberfuse, “Free Asia Bibi”. Accusata falsamente secondo una legge pakistana che viene spesso e volentieri citata contro le minoranze religiose, Asia si trova dal 19 giugno 2009 in carcere, assistita legalmente dall’associazione no profit Claas.

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«In un primo tempo vivevo frustrazione, rabbia, aggressività. Poi, grazie alla fede, dopo aver digiunato e pregato, le cose sono cambiate in me: ho già perdonato chi mi ha accusato di blasfemia. Questo è un capitolo della mia vita che voglio dimenticare». Le parole di perdono messe in rete dalla Claas hanno avuto forte impatto sulla sensibilità del solista della band britannica, Hal St.John, che ha voluto comporre una canzone, affiancata alla mobilitazione internazionale a sostegno della donna, per promuovere un’awareness-compaign sulla condizione di Asia e di chi, come lei, ha subito la violazione dei propri diritti in maniera del tutto gratuita.

«Give back her freedom, life and dignity preserve, killing in God’s name, destroys the peace we deserve» sono le rime (accompagnate da un video) con cui gli Ooberfuse esortano il Parlamento Europeo a intervenire concretamente nella vicenda. Non è certo la prima volta questo gruppo musicale traduce in musica i fatti della cronaca pakistana, ne è l’esempio più recente la canzone “Blood Cries Out” presentata in Trafalgar Square lo scorso marzo, in ricordo del ministro cattolico per le minoranze religiose Shahbaz Bhatti, ucciso per aver difeso la stessa Asia Bibi.

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Era il 10 novembre 2010 quando fu emessa la sentenza di morte da parte del giudice Naveed Iqbal, della Corte di Giustizia di Nankara, il quale si sentì anche in dovere di precisare come “non esistano cause attenuanti per lei”. Da allora molti sono stati gli interventi e le pressioni esercitate per la sua liberazione, dal discorso del Pontefice del 17 novembre 2010 sul rispetto dei diritti umani, all’intervento finito nel sangue del governatore islamico del Punjab Salman Taseer. Asia, intanto, rimane nel carcere di Skeikhupura, «Dying on death row behind prison bars. She can’t see the light of day or gaze up at the stars» come recita la strofa, aspettando che l’appello presentato dalla famiglia subito dopo il giudizio della Corte sia accolto.

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