
L’Algeria rompe con la Francia. L’Italia può approfittarne

Parigi. L’ultima conferma della profonda crisi diplomatica in corso tra Francia e Algeria da quando all’Eliseo c’è Emmanuel Macron è arrivata in questi giorni. Le Figaro è entrato in possesso di una lettera scritta dal preside di una scuola privata algerina ai genitori, dove questi ultimi vengono informati delle nuove direttive del governo centrale: il programma di studi francese, a partire da quest’anno, non dovrà più essere insegnato, e in caso di mancato rispetto del divieto gli istituti verranno sanzionati.
Cosa cambia nelle scuole private in Algeria
Nel dettaglio, il ministero dell’Istruzione algerina ha deciso di «applicare la legge stricto sensu», dando la caccia al cosiddetto “double programme”, specificità del sistema scolastico algerino che permette(va) agli studenti delle scuole private di seguire allo stesso tempo il programma algerino e quello francese. Gli allievi algerini, d’ora in avanti, non potranno più usare libri di testo diversi da quelli del programma elaborato dallo Stato. Accanto a ciò, sono state inasprite “per reciprocità”, cioè in risposta a quanto la Francia sta facendo agli studenti algerini, le condizioni di accesso alle università in Algeria per i cittadini che hanno superato il “baccalauréat”, la maturità francese.
Un’ulteriore conferma dell’attacco di Algeri al francese è l’ordine imposto alle 22 scuole private in Algeria che possiedono il LabelFrancÉducation (attribuito dal ministero degli Esteri francese), e offrono corsi anche nella lingua di Molière, di rimuoverlo: sotto minaccia di azioni penali. Le nuove direttive fanno seguito alla lettera indirizzata quest’estate dal ministero dell’Università guidato da Kamel Baddari (fisico e matematico) ai professori universitari, dove questi ultimi vengono invitati progressivamente ad accantonare il francese per accogliere e generalizzare l’inglese.
I rapporti ai minimi termini tra Tebboune e Macron
Algeri ha giustificato la decisione con il desiderio di rafforzare la visibilità delle università algerine e farle salire nelle classifiche internazionali, tenendo conto del fatto che l’inglese rappresenta la prima lingua di pubblicazione al mondo per gli studi, i lavori di ricerca e gli articoli scientifici. Ma è evidente che ci sia anche una chiara volontà di liberarsi dal dominio culturale francese, volontà ancor più rivendicata da quando i rapporti tra il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune e Emmanuel Macron sono ai minimi termini. Le tensioni diplomatiche scoppiate nel 2021 dopo le accuse durissime del capo dello Stato francese al “sistema politico-militare” algerino, che spinsero Algeri a richiamare in patria l’ambasciatore algerino in Francia, non si sono mai attenuate.
Anzi: è stato un susseguirsi di sgambetti, ritorsioni e schiaffi diplomatici. Come la decisione da parte di Algeri di reintrodurre nel suo inno un distico tratto dal “Kassaman” (Il giuramento dell’Algeria), scritto dal poeta Moufdi Zakariah, che recita: «O Francia! Il tempo delle chiacchiere è finito. L’abbiamo chiuso come si chiude un libro. O Francia! È giunto il giorno in cui devi rendere conto. Preparati! Ecco la nostra risposta. Il verdetto, la nostra rivoluzione ce la farà. Perché abbiamo deciso che l’Algeria vivrà».
Il tempismo di Giorgia Meloni in Algeria
In questo contesto di crisi, è l’Italia di Giorgia Meloni a essersi inserita con tempismo e lungimiranza per sostituire la Francia nel ruolo di principale partner europeo: con l’aiuto della diplomazia parallela dell’Eni, il gigante degli idrocarburi italiano, che ad Algeri gode da sempre di ottima reputazione. È in Algeria, non a caso, che il premier italiano ha lanciato il suo ambizioso Piano Mattei, «un modello di cooperazione su base paritaria per trasformare le tante crisi anche in possibili occasioni», secondo le sue parole.
Nel novembre del 2021, Meloni si era già recata da Algeri per inaugurare un giardino dedicato al fondatore dell’Eni, Enrico Mattei, che sostenne attivamente sia il Fronte di Liberazione Nazionale durante la Guerra d’Algeria sia il Governo Provvisorio della Repubblica Algerina (Gpra), al quale fornì un apporto significativo all’interno dei negoziati degli Accordi di Evian. La prima tappa di un nuovo movimentismo italiano in Algeria, che va di traverso a Parigi.
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