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Finiti i fondi della legge Smuraglia, Boscoletto precisa: «Ci hanno solo detto di non assumere nuovi detenuti»

In esclusiva tempi.it pubblica la circolare inviata dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria alle cooperative sociali che danno lavoro alle persone detenute: a metà anno sono finiti i fondi per gli sgravi fiscali destinati dal Governo e molte cooperative saranno costrette a chiudere i battenti. Il servizio integrale da giovedì 7 luglio su Tempi

Chiara Rizzo
05/07/2011 - 18:43
Interni
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Pubblichiamo la precisazione all’articolo di Tempi.it “Finiti i fondi per il lavoro nelle carceri previsti dalla legge Smuraglia”, che riportiamo di seguito, di Nicola Boscoletto, presidente del Consorzio sociale Rebus: “Tengo a precisare quanto segue: 1. che sono stato citato impropriamente; 2. che è stata fatta confusione tra una situazione locale (certamente deplorevole) con una situazione nazionale e a tal proposito devo dare atto al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria nazionale della tempestiva comunicazione, avvenuta a maggio, della carenza di risorse economiche relativamente alla legge Smuraglia, invitando, attraverso i provveditorati, le direzioni degli istituti penitenziari a comunicare alle cooperative e alle aziende interessate tale temporanea carenza, in modo tale che tutti gli inserimenti lavorativi in essere fossero tutelati, e raccomandando di non aggiungerne di nuovi se non in sostituzione di quelli esistenti. Quindi, ad onor del vero e per non fare di tutta l’erba un fascio, un’attenzione tempestiva è avvenuta. Rimane la gravità dell’impossibilità di ulteriori inserimenti lavorativi che rappresentano la principale, se non esclusiva, reale possibilità di recupero dei detenuti con un conseguente incremento della sicurezza sociale e di un eclatante risparmio economico. Auspico come tutti per buon senso (recta ratio) che al più presto si provveda da parte del ministero della Giustizia a rifinanziare tale legge, tenuto conto che stiamo parlando di pochi denari”.

Tra le mille emergenze che le carceri italiane si trovano ad affrontare – dal sovraffollamento alle condizioni di vita in cella al di sotto delle soglie igieniche e umane tollerabili, con stanze dove si vive anche per 20 ore al giorno, scendendo dalle brande a turni per mancanza di spazio –, uno degli aspetti positivi, che ha visto coinvolte molte persone detenute in percorsi di reale reinserimento sociale, è stato l’ingresso del lavoro in carcere. E ora è il primo che potrebbe essere colpito.

Grazie alla legge Smuraglia, infatti, sono stati previsti ogni anno sgravi fiscali per le cooperative che assumono persone detenute. Nel solo 2010 ad esempio hanno trovato un regolare contratto di lavoro presso cooperative sociali 518 persone recluse, mentre 348 hanno lavorato presso aziende private, e considerando anche le persone semilibere o in articolo 21 (coloro che lavorano durante il giorno all’esterno, per rientrare nelle carceri solo alla sera) complessivamente 2 mila persone hanno lavorato per datori di lavoro diversi dall’amministrazione penitenziaria: a queste si aggiungono le 3.592 persone (solo nel secondo semestre del 2010) che hanno frequentato corsi di formazione professionale.

Evidentemente si tratta di un importante percorso e stimolo per le persone che sono in carcere che, contrariamente all’immaginario comune, cercano continuamente di lavorare durante la detenzione (basti dire che i dati degli assunti da cooperative o aziende vanno sommati a quelli delle persone che lavorano per l’amministrazione penitenziaria, cioè 12.110 persone). Per incentivare le aziende e le cooperative sociali ad assumere detenuti, sono stati messi a disposizione fondi per garantire sgravi fiscali proprio grazie alla legge Smuraglia. Ebbene, Tempi è in grado di mostrare in esclusiva la circolare (v. foto sopra) che lo scorso 16 giugno il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) ha inviato alle cooperative per comunicare che i fondi della legge Smuraglia sarebbero terminati due giorni dopo: di conseguenza alle cooperative è stato chiesto di scegliere se rimanere nelle carceri facendo lavorare le persone detenute, ma subendo inevitabili passivi economici, o andarsene.

Spiega Luciano Pantarotto, responsabile della cooperativa “Men at work”, che si occupa di ristorazione nel carcere di Rebibbia a Roma (32 detenuti-cuochi impiegati con regolare contratto per le cooperative sociali): «È un fatto gravissimo, che dimostra l’assoluta incapacità del Dap di programmare le spese per gli interventi in carcere, quando proprio dal lavoro in carcere ho visto con i miei occhi un reale cambiamento. Chi lavora con noi si vede finalmente “proiettato” all’esterno, è stimolato». Il risultato di una comunicazione così improvvisa non si fa attendere. Pantarotto: «Molte cooperative hanno scelto di andarsene. Abbiamo chiesto un incontro con il ministero della Giustizia, ma siamo ancora in attesa di riscontro».

Situazione molto grave anche per Nicola Boscoletto, presidente del Consorzio sociale Rebus che raccoglie alcune cooperative che danno lavoro alle persone recluse: «La cosa allucinante è che questo avviso sulla fine dei fondi, non solo ci arriva da un giorno all’altro, ma giunge a seguito di una lunga campagna del Governo per sensibilizzare le cooperative e le aziende a dare lavoro dentro le carceri». Sul prossimo numero di Tempi verrà raccontato il mondo delle carceri italiane nelle sue principali criticità.

Tags: boscolettocarcerecarcericooperative socialidapInterniLavoro
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