
Lettere al direttore
Se il fine vita avrà il finale di un film horror di serie B

Caro direttore, sono andato al cinema a vedere 28 anni dopo e, lo sappiano i lettori, ti devo raccontare il finale. Il film è come la Corazzata Potëmkin, e ci siamo intesi. Uno legge “Danny Boyle” e dice dai, cavolo, diamogli una chance. Buona parte del film è una cortina fumogena di inquadrature pittoresche e musiche strabilianti per nascondere il fatto che i film sugli zombie s’assomigliano tutti, ma qui c’è dietro un grande regista. Poi l’avventura precipita nel grottesco, fra zombie piselloni, svedesi decapitati e neonati che non piangono mai (quest’ultima sì che è fantascienza pura). E sul finale la chicca, il politically correct maius et infinitus incartato come una caramella: una bella lezioncina sulla bellezza dell’eutanasia spacciata per misericordia. Se un tempo in questo genere di pellicole la scienza serviva per trovare una cura, qui la cura che la scienza arriva a proporre è solo quella di farla finita. E il bambino che ha affrontato ogni rischio per amore della mamma, per amore della mamma accetta che gliela facciano fuori. Il tutto condito con caldi sussurri e grande pathos come se fosse una figata pazzesca, e con un nuovo proverbio latino brevettato ad hoc: MEMENTO AMORIS. Il bello dei film sui non-morti solitamente è raccontare la lotta per rimanere in vita. Mica la lotta per farla finita.
Carlo Simone
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Caro direttore, ho letto il vostro articolo sul fine vita. Quindi la legge è un finale già scritto?
Paola Terelli
Spero di no, ma mi pare che questa storia avrà un esito scontato come quello di un film horror di serie B.
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