Fine della libera uscita

Di Gianni Baget Bozzo
26 Aprile 2000
La geografia politica dell’Italia 2000 è la stessa di quella del ’48 di De Gasperi. Con una differenza: essere di sinistra non è più sinonimo di età dell’innocenza. Il governo si dimetta, come farebbe Blair in Gran Bretagna

Grandi elezioni ed attese elezioni, queste dell’aprile 2000! Il rovesciamento dell’altro aprile, l’aprile rosso, quello in cui la sinistra ha conquistato il corpo del paese e ha temuto di perdere l’anima. Grandi elezioni perché indicano la fine del grande terremoto che scosse il paese con la fine violenta dei partiti democratici. Elezioni di riassestamento. Di ritorno, vorrei dire. Se uno guarda la carta elettorale dell’Italia dell’aprile 2000 vede che è identica a quella dell’Italia del ’48: i comunisti sono forti solo nel triangolo centrale e non hanno né Nord né Sud. L’eccezione in questo caso è Bassolino ma anche allora per un po’ di tempo, negli anni ’50, ci fu l’eccezione Lauro. Ogni tanto Napoli, capitale perduta, si concede il beneficio di un re. Cosa vuol dire questo ritorno? Vuol dire che l’elettorato italiano ha in qualche modo ritrovato il suo antico equilibrio. Se uno considera la coalizione che Berlusconi ha riunito, nota che è sostanzialmente simile alla coalizione che Alcide De Gasperi riunì nel ’48: Dc, liberali, democratici, repubblicani, cioè una coalizione di forze omogenee tutte contrapposte alla sinistra. E anche oggi le tre forze che compongono il Polo, Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord sono forze politicamente omogenee, col senso dello stato, della nazione, della sicurezza, del territorio, della libertà. Hanno cioè una omogeneità di fondo come quella del centrismo degasperiano. In qualche modo è tornata una maggioranza parlamentare: è finita l’epoca del presidenzialismo riguardo il referendum e riguardo il maggioritario. Il ritorno al centro è avvenuto attraverso il sistema proporzionale. Ciò significa che la libera uscita della sinistra è finita. La sinistra è tornata nel suo alveo naturale. Se escludiamo il Molise, in cui però dobbiamo dimenticare che c’è una regione, due province, trenta comunità montane, un numero imprecisato di Usl per 300mila abitanti. Una zona a clientelismo facile. Salvo re Bassolino, e anche qui torna l’eccezione di re Achille Lauro, tutto è tornato come negli anni ’50. L’elettorato, va ricordato, è conservatore. Francois Goguelc fece una cartina delle varie votazioni della Francia nell’800-900 per mostrare che gli orientamenti di fondo erano già gli stessi nel 1789 nei cahiers degli Stati generali. Ebbene siamo tornati al centro, ma con una grande eccezione, la totale fine del partito cattolico. Anzi si può dire che quello che rende possibile questo ritorno del centro è la fine del partito cattolico. I tentativi del grande centro da chiunque fatti sono finiti e si può dire che uno dei vantaggi del quinquennio della sinistra è stato quello di seppellire definitivamente la Democrazia cristiana. Al posto della coalizione impegnata sul partito cattolico, vi è una coalizione di tre partiti laici come sono appunto i tre partiti del centrodestra. Inoltre ancora più grande, e questo è dovuto anche alla sparizione del partito cattolico, che mai aveva accettato il nome di destra, è che il nome di destra è vissuto ormai senza complessi di inferiorità. È una grande operazione semantica quella di recuperare il termine destra come termine non squalificato e positivo: perché la dequalificazione del termine destra significa la qualificazione valoriale del termine sinistra e significa essere nel pieno della cultura comunista, dell’antifascismo postfascista. Siamo tornati dunque all’antico e vedremo svanire con ciò il maggioritario, i referendum e anche il presidenzialismo. Tutto il grande movimento nato attorno ai grandi partiti storici ora si ricompone sulla rovine dei partiti storici, perché come non c’è più la Dc, il partito cattolico, così finisce il partito Socialista, quello Liberale, finiscono le forze del centro. È la loro morte che consente la rinascita del centro-destra. In cui la cosa importante non è il termine centro ma il termine destra, perché indica la fine, come dicevo, dell’egemonia culturale della sinistra. Tutto ciò vuol dire che dopo due elezioni vittoriose per il centrodestra, le Europee e le Regionali, ora le politiche verranno perché la libera uscita della sinistra è finita. Essa era elettoralmente innaturale e fu per questo che essa mancò sempre di legittimazione e di legittimità. Per quanto D’Alema si sforzasse di diventare il più doroteo democristiano possibile, più andreottiano nel cercare di acchiappare qualunque farfalla che passasse per l’aria, finanche i radicali, nonostante questo imitare disperatamente l’infinita capacità di prensione del partito cattolico, D’Alema si trova ad essere sconfitto. Una sconfitta personale, perché infine è lui che ha fatto le operazioni in tutto il centrosinistra: ha tolto ai cattolici prima la presidenza dell’Interno, poi la presidenza della Repubblica. Infine il centrosinistra, senza Prodi e senza Scalfaro non aveva più senso. Ed ora per questo infine la libera uscita della sinistra è finita, ma non è tanto questo che importa: è il ritorno della maggioranza naturale e, diciamolo pure, della democrazia parlamentare. E diciamolo ancora della proporzionale, perché la proporzionale è compatibile con il bipolarismo come si è chiaramente visto in queste elezioni. In cui la drammatica molteplicità delle liste, ereditata dal maggioritario, non ha che diviso l’unità di schieramento. Che cosa può accadere in futuro? Quello che il centrodestra è legittimato a chiedere è lo scioglimento immediato delle Camere con questa legge elettorale. Perché non vi è nessuna possibilità per questo governo D’Alema di fare passare leggi in Parlamento, la sua maggioranza è divisa tra proporzionalisti maggioritari e la sconfitta certa rende meno saldi i vincoli. La vittoria ha molti padri, la sconfitta ne ha uno solo ed è toccato appunto al povero D’Alema. Quindi la sinistra non farà nessuna nuova legge elettorale. Con razionalità e leggerezza il centrodestra può dunque chiedere lo scioglimento delle Camere con D’Alema presidente, Bianco agli Interni (che elezioni ideali quelle con Bianco agli Interni!). Può andare a fare solo quello che fa un governo inglese dimissionario, convocare nuove elezioni, non sarà così perché hanno paura, sanno che se perdessero il potere la sinistra si spaccherebbe com’era prima del Pci tra massimalisti e riformisti. Sarebbe forse la salvezza della sinistra spaccarsi francamente in due, vorrebbe dire che la sinistra in questo paese non è chiamata a governare e che l’eccezione dalemiana finisce male appunto perché era un governo contro natura. E ciò che è contro natura non dura, si scioglie prima o poi facilmente. Almeno a noi è andata così, e ci è andata bene. Berlusconi ha colto il momento giusto quando si è messo al patrocinio di De Gasperi, Assago ’98: perché infine egli è riuscito a creare in forma laica quello che De Gasperi fece nel ’48 in forma cattolica.

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