Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Il centrodestra, come le stelle di Cronin, sta a guardare lo scontro politico tra il partito di Renzi e movimento Cinque stelle. Eppure, mentre il dibattito s’arroventa sulla pulizia delle strade romane e si fa pretattica su legge elettorale e manovra finanziaria, ci si dimentica che i poli in campo sono tre e che il centrodestra è l’area storicamente maggioritaria nel paese. Mario Mauro, già vicepresidente vicario al Parlamento europeo, ministro della Difesa e oggi senatore di Forza Italia, questo particolare l’ha bene a mente. E ci tiene a farne memoria: «Il centrodestra non è solo competitivo – dice a Tempi il senatore forzista – è potenzialmente vincente, ma per vincere non basta unire una coalizione, occorre ripensarla».
Ripensarla come?
Il centrodestra è il fattore distintivo della Seconda repubblica. Nella Prima esisteva un bipolarismo coatto che postulava un centro dilatato fino al pentapartito che tuttavia si reggeva sul presupposto che l’area di consenso coagulata dal Msi fosse congelata. Silvio Berlusconi prima ha rotto questo schema, sdoganando il ruolo della destra, poi ha messo insieme chi insieme non poteva stare: un partito nazionalista come quello di Giancarlo Fini e un partito potenzialmente secessionista come quello di Umberto Bossi. Un mixage riuscito così bene che oggi quei due partiti costituiscono un’area omogenea che si dice sovranista. Il primo ripensamento dunque consiste nella presa d’atto che il braccio di ferro tra Matteo Salvini e Forza Italia non ha motivi storici, oltre che razionali, di esistere.
E il secondo?
Nella constatazione che dopo la caduta dell’ultimo governo Berlusconi il centrodestra è tornato a polarizzare l’alternativa politica al centrosinistra. Per questo l’obiettivo di Matteo Renzi, che si candida come terminale ultimo della raccolta di voti del centrodestra, è far credere che esista un bipolarismo risolto dallo scontro tra di lui e una personalità caricaturale come quella di Beppe Grillo.
In che termini il centrodestra è oggi l’alternativa politica al Pd?
La vicenda dell’ultima legislatura, cominciata con la grande coalizione e conclusasi con i mille giorni di Renzi a Palazzo Chigi, ha segnato una rottura chiarificatrice. L’esclusione di Berlusconi dal Senato voluta da Renzi, con l’ovvio intento di far cadere il governo Letta e poi la marginalizzazione di Forza Italia, con l’elezione senza condivisione del presidente della Repubblica, non ha solo chiarito la natura del renzismo, ha segnato il principio della risalita elettorale di Forza Italia. Da qui in poi Forza Italia ritrova una più naturale collocazione alternativa al Pd. La vittoria al referendum costituzionale che costringerà Renzi alle dimissioni ne è il coronamento.
Senonché la difficoltà a rimettere insieme un’area di coalizione restano.
Come dicevo, il contrasto tra i cosiddetti sovranisti e l’ala moderata del centrodestra è un fuor d’opera già risolto dalla razionalità politica. Qui non stiamo parlando di aree politicamente disomogenee, stiamo parlando di forze che sono state insieme per anni governando il paese, che hanno una comune matrice di valori e che non avrebbero difficoltà a trovare intese nella coalizione che naturalmente le vede insieme.
Rimangono incomprensioni e diffidenze anche con l’area centrista.
Il centrodestra è un’area di riferimento per tutte le possibili declinazioni di un elettorato alternativo alla sinistra. Molti si sentono di appartenere a quest’area politica anche se non limitano questa appartenenza a uno dei partiti del centrodestra. E i centristi finiscono sempre, fatalmente, con lo sposare la causa del centrodestra quando è realmente attrattiva: è accaduto con il Pdl e prima ancora con la Casa delle Libertà. Può accadere ancora. Del resto le diverse forze politiche del centrodestra già governano regioni come Lombardia e Veneto, che sono locomotrici economiche dell’Europa. La frammentazione attuale è figlia di delusioni, incomprensioni, errori di prospettiva, a cominciare dai miei. Adesso però è necessario un confronto costruttivo. È perfettamente inutile che ognuno si chiuda nel proprio vagoncino: riproviamo da oggi, sotto l’egida dei numeri che ha Forza Italia, a stare insieme, usando fino in fondo la capacità di mediazione che ha una figura come quella di Berlusconi. Se questa sarà l’attitudine le soluzioni verranno da sole e anche le prossime vittorie. Certo, c’è da entrare nel merito di un programma condiviso.
Entriamoci.
Solo il centrodestra inteso come area culturale ha la consapevolezza profonda che il problema principale oggi è la sopravvivenza della nazione, la sua continuità storica. Minacciata dal tradimento del patto generazionale, dall’implosione demografica e dall’attentato culturale all’entità famiglia. Per quanto riguarda il patto generazionale basta un dato: il debito pubblico italiano è il primo colpo di pugnale alle nuova generazione. Tutti i politici che come Renzi hanno incrementato in questi anni il debito pubblico sono colpevoli di avere rotto il patto generazionale con le nuove generazioni. Il centrodestra su questo fronte è inattaccabile. La percentuale del debito pubblico dall’ultimo governo Berlusconi ad oggi è passata dal 119 per cento al 135 per cento.
Lei ha accennato all’implosione demografica: l’Istat prevede che nei prossimi cinquant’anni l’Italia avrà 7 milioni di abitanti in meno.
Sono dati che parlano da soli. L’Italia rischia l’estinzione culturale. Vede, il problema non sono i 6 o 7 milioni di immigrati. Il problema è che questo 10 per cento di popolazione immigrata, diventa il 50 per cento della popolazione scolastica, l’80 per cento nella fascia delle nuove nascite. Non è possibile gestire questi dati senza un’idea forte di nazione, senza una visione politica dell’Europa. Ricordo che l’Egitto, da solo, ha i giovani di tutta l’Unione Europea: sono quasi 70 milioni le persone sotto i venticinque anni. Alla classe dirigente del centrodestra basterebbe mettere a fuoco questo tema per comprendere l’altezza e la responsabilità del suo compito. Che non è solo quello di ricompattarsi per vincere ma di riaprire per l’Italia uno scenario di futuro che va chiudendosi.
Il crollo delle nascite è dovuto anche all’assenza di politiche familiari. Lei parla di attentato all’idea di famiglia, si riferisce anche al gender?
Certo: quella del gender è una strategia del potere per togliere razionalità e libertà alla nostra convivenza civile. Tutti i partiti del centrodestra sono uniti sul tema della difesa della famiglia naturale non in nome di una fede ma della ragione dell’Occidente, basata sulla proclamazione dell’eguaglianza di ognuno nella dignità umana ma anche sul diritto alle differenze. Il patto generazionale con le nuove generazioni si ristabilisce anche a partire da questa battaglia culturale.
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