Fake news? Il vero pericolo sono le narrazioni ideologiche. Il caso Spiegel
Tratto dal Centro studi Livatino – La singolare vicenda di Claas Relotius, pluripremiato reporter di punta del settimanale tedesco Der Spiegel, che è riuscito a collezionare – prima di essere smascherato – non meno di 60 servizi contenenti falsità e invenzioni, fatte passare per inchieste giornalistiche. Come difendersi da distorsioni dalla realtà?
1. Molti sprovveduti e numerosi provocatori inondano i social di notizie relative a fatti inesistenti. È giusto contenere la diffusione di tali notizie e isolarne gli autori. Molto più arduo è contrastare la disinformazione indotta dai “padroni” del discorso, che, dai più raffinati mezzi di comunicazione e dalle più celebrate cattedre del giornalismo, cercano di influenzare la mentalità comune e, per conseguenza, le opzioni culturali, politiche, commerciali e gli stessi tratti esistenziali degli uomini e delle donne comuni. Gli artefici accorti che dirigono il discorso dominante non appartengono alla categoria degli sbandati che si esercitano in sproloqui facilmente smascherabili, bensì al mondo dell’élite comunicativa che, con risorse finanziarie immense, disancorano le informazioni dalla realtà delle cose e dall’esperienza esistenziale ordinaria.
Le vere fake news dei grandi media
La narrazione che ne risulta – che fa parte del c.d. discorso political correct – è di gran lunga distante dagli accadimenti reali, tanto che, a poco a poco, la fantasticheria comunicativa, prevalentemente di tipo distopico, offusca l’esperienza. All’avanguardia di questo incedere del discorso distopico, che induce spesso nei lettori e negli ascoltatori disagio o indignazione, e quasi sempre un senso di insoddisfazione o di rivolta, sono i più influenti media mondialistici, i quali, dalle tribune delle catene televisive più accreditate o dalle colonne delle riviste più prestigiose, influenzano sottilmente il modo di pensare e di giudicare non tramite la promozione di una riflessione meditata, bensì provocando sensazioni ed emozioni superficiali.
Il genere letterario preferito dai partigiani dell’informazione indipendente è l’inchiesta, condotta su un ampio spettro di rilevazione in ordine ai temi religiosi, etici, politici ed economici rilevanti per l’esistenza umana. Questo genere letterario offre due vantaggi al comunicatore. In primo luogo gli permette di fare una selezione, del tutto arbitraria, tra il numero indeterminato di soggetti intervistabili, di quelli che meglio gli consentono di conseguire l’obiettivo che si prefigge. In secondo luogo gli fornisce lo schermo per un’apparente neutralità valoriale. Infatti il risultato dell’inchiesta può essere presentato come se prescindesse dall’opinione del reporter. Il datore dell’informazione non mostra di riflettere intorno alla verità delle cose o alla bontà degli eventi che rappresenta. I fatti, disancorati dal contesto storico, sono presentati in modo da non provocare una riflessione veritativa, bensì da suscitare impressioni ed emozioni e, quindi, reazioni istintive di simpatia o di antipatia, di condivisione emotiva ovvero di odio.
Il caso clamoroso dello Spiegel
2. Campione del giornalismo indipendente, caratterizzato dalla presentazione di fatti separati dal loro valore, è in Europa la rivista settimanale teutonica Der Spiegel. Dotata di mezzi finanziari enormi, si è specializzata negli anni scorsi, fra l’altro, nel discreditare il nostro Paese, rappresentandolo, tramite reports indipendenti, come popolato da imbroglioni, scansafatiche e scialacquatori che díssipano in bagatelle e piaceri le risorse dei paesi frugali.
Questo campione di giornalismo è caduto alcuni anni addietro in un infortunio assai disdicevole. Un suo reporter di punta, insignito dei premi giornalistici più prestigiosi, è stato preso con le mani nel sacco. La gran parte delle sue inchieste, che gli erano valse l’applauso entusiasta del mondo, nonché il sostegno incondizionato dei direttori della rivista, era basata su fatti inventati di sana pianta, ovvero modificati ad libitum. Il giornalista si chiama Claas Relotius. Lo ha smascherato un suo collega, Juan Moreno, che ha pubblicato al riguardo il volume Tausend Zeilen Lüge. Das System Relotius und der deutsche Journalismus (Berlin, 2019), ove si narra il complesso degli eventi che ha consentito lo smascheramento delle false narrazioni.
Galeotti furono i migranti
I due reporters erano stati inviati dalla rivista negli Stati Uniti e in Messico sul finire degli ultimi mesi del 2018, per una inchiesta sulla politica del presidente Donald Trump diretta al contenimento dei fenomeni migratori illegali negli Stati Uniti. L’inchiesta avrebbe dovuto svolgersi su due scenari. Juan Moreno accompagnava una carovana di diseredati che dal Messico cercava di raggiugere gli Stati Uniti; Claas Relotius avrebbe dovuto stare dall’altro lato della frontiera, ove sarebbero approdati i migranti. Relotius, però, non si recava affatto ai confini dell’Arizona, ma inventava di sana pianta la storia di alcuni suprematisti bianchi che, con le armi in pugno, avrebbero atteso i migranti per farli desistere ad ogni costo dall’entrare nella sacra terra americana.
Ogni suprematista era portatore di una storia personale che dava conto dell’odio irrazionale che ciascuno di essi nutriva verso i latinos. Si voleva così mostrare: i) la perversità della politica del presidente americano; ii) gli effetti di odio suscitati da tale politica nella fascia dei suprematisti bianchi. Il reporter che accompagnava la carovana nel Messico si rendeva conto che Relotius non stava svolgendo il suo lavoro nei luoghi assegnatigli. Decideva, pertanto, di lamentarsi della cosa con i direttori di Spiegel, riuscendo, alla fine, con grande fatica, a far sì che anch’essi si rendessero conto delle bugie.
I 60 testi truccati sullo Spiegel
3. Le verifiche effettuate sui testi confezionati per svariati anni hanno costretto alla fine Relotius ad ammettere che egli aveva descritto in modo inveritiero molti fatti, ne aveva falsificato numerosi e ne aveva inventato altri. I suoi racconti traevano molto spesso spunto da notizie apparse su altri media, che egli colorava con interviste falsamente condotte con i protagonisti degli eventi. Der Spiegel ha pubblicato una lista di 60 testi di Relotius apparsi nel corso degli anni, segnalandone le falsificazioni e le invenzioni (Welche Texte gefälscht sind – und welche nicht, in www.spiegel.de, consultato il 14.04.2021).
La semplice lettura delle falsificazioni lascia esterrefatti. Dato e non concesso che il resoconto di Spiegel sia corretto, la finestra che si apre sullo scenario delle narrazioni apparse sul più prestigioso mezzo di informazione europeo induce comunque a diffidare delle inchieste confezionate dai suoi redattori e a domandarsi se, a questo stato dello sviluppo comunicativo, la fantasticheria ideologica non abbia ormai preso il sopravvento sulla realtà, secondo lo schema, ben delineato dal recente scritto di Gabriele Civello, apparso su questo sito, della progressiva scomparsa nel mondo della comunicazione dell’essere delle cose a vantaggio di un pensiero disancorato dall’essere, anche di quello fenomenicamente più facilmente accertabile.
Dieci esempi sorprendenti
4. Si forniscono qui a scopo esemplificativo alcuni resoconti circa le invenzioni e falsificazioni di Relotius, secondo la ricostruzione fattane da Spiegel:
- Jaegers Grenze, apparso in Spiegel n. 48/2018, dal titolo: Difesa dei cittadini contro i migranti: la frontiera del cacciatore. La storia, completamente inventata, si conclude con il suprematista che, temendo il sopraggiungere dei migranti, spinto da un odio irrazionale, scarica il suo fucile contro il nemico che si muoverebbe nell’oscurità.
- Nass, apparso in Spiegel n. 49/2018. Si tratta di un testo catastrofista sul tema del clima in cui Relotius inventa uno scenario futuro in cui Londra, Parigi e la Polonia andrebbero in rovina perché sommersi dal mare. Il testo è inserito come pezzo centrale in una inchiesta sulla minaccia di innalzamento dei mari pubblicato da Spiegel a margine del vertice sul clima tenutosi a Katowice (Polonia), con l’obiettivo di creare uno stato di viva preoccupazione per i cambiamenti climatici. Il giornalista, prendendo spunto dalla notizia che un’abitante di Kiribati (atollo del Pacifico centrale che fa parte di uno Stato ricomprendente molti atolli del Pacifico), tale Joane Teitiota, aveva chiesto, senza ottenerlo, asilo presso un altro Paese come rifugiata climatica per il timore della sommersione dell’atollo in cui viveva, racconta falsamente che Teitiota avrebbe inviato dalla sua capanna appelli disperati alle Nazioni Unite. Come pure false sono le circostanze familiari e abitative che Relotius racconta per rendere più drammatica la vicenda.
- Ein Kinderspiel, apparso in Spiegel n. 26/2018. In questa inchiesta il giornalista narra la storia di un ragazzo tredicenne siriano che avrebbe dato inizio alla guerra in Siria contro Assad tramite un graffito disegnato contro il presidente siriano. Un gioco da ragazzi, appunto. La verifica, compiuta da Spiegel nel 2020, ha accertato che, seppure un giovane con il nome indicato dal giornalista sia esistito, il testo gronda di massicce falsificazioni, invenzioni e drammatizzazioni di notizie ricavate da altre fonti giornalistiche.
- Todesengel, apparso in Spiegel n. 50/2017. Relotius racconta di aver intervistato i genitori di una giovane, Michelle Carter, e di averne visitato l’abitazione, ricevendo notizie circa la drammatica vicenda in cui la giovane diciassettenne avrebbe incoraggiato al suicidio un suo conoscente, Conrad Roy. È stato accertato che Relotius mai ha incontrato i genitori di Michelle Carter e che essi mai gli hanno rilasciato interviste. È poi falso che la giovane, quando avrebbe incoraggiato Roy al suicidio, fosse ricoverata in una clinica psichiatrica per disturbi mentali. Falsa, dunque, è la storia di un angelo della morte, che avrebbe incoraggiato un povero giovane al suicidio.
- Heim in die Hölle, apparso in Spiegel n. 32/2014. L’articolo concerne un istituto, sorto nel 1900 e chiuso nel 2011, sito in Florida e destinato alla severa educazione dei bambini e degli adolescenti devianti. L’istituto, caratterizzato purtroppo dalla mentalità dell’evoluzionismo escludente, tipica dell’America materialistica della prima metà del ‘900, adottava metodi di trattamento lesivi della libertà e della dignità dei giovani ristretti. Il giornalista di Spiegel ha incontrato un tale, Jerry Cooper, reduce dall’esperienza passata come ospite in questo istituto, narrandone una storia romanzata che contiene numerose esagerazioni e drammatizzazioni, alla cui lettura Cooper si è indignato. Il testo di Relotius inizia per esempio con l’asserto di Cooper, secondo cui «chi non mangiava l’intero contenuto del piatto, doveva assumere il cibo leccandolo da terra». Cooper ha negato che fosse mai avvenuto qualcosa del genere. Così è per tutta un’altra serie di vessazioni descritte da Relotius. Inventata è la storia che il giornalista, insieme con Cooper, si sarebbero posti alla ricerca dei cadaveri di bambini seppelliti segretamente. Pure falso è il racconto dello stupro di cui Cooper sarebbe stato vittima. La narrazione gronda di falsificazioni che strumentalizzano la triste esperienza di vita di Jerry Cooper per dipingere un mondo di violenze e di torture, fisiche e psicologiche, non corrispondenti alla verità.
- Auge um Auge, apparso in Spiegel n. 27/2015. In questo caso Relotius, prendendo spunto dalle pene extra ordinem inflitte dal giudice di una piccola città dell’Ohio, tale Michael Cicconetti, racconta di una donna, che era stata querelata per aver spruzzato dello spray al pepe negli occhi di un cameriere per avere atteso troppo tempo il cibo. Costei sarebbe stata condannata a subire un analogo spruzzo di spray al pepe da parte del querelante. Altre invenzioni colorano il racconto di Relotius. Per esempio, che il giudice avrebbe condannato un tale, che aveva ingiuriato con il termine “maiale” un poliziotto, a girare per un giorno intero per le vie della città acconciato come maiale. Insomma, Relotius si interpreta come irridente castigatore di costumi giudiziari abnormi, adattando le storie in modo da suscitare maggior sconcerto nel lettore.
- Die letzter Zeuge, apparso in Spiegel n. 10/2018. Questa narrazione rivela il lato oscuro del giornalista, capace di strumentalizzare una vicenda, letta sul New York Times, concernente una donna, abitante in una cittadina del Texas, Pearland, sita non lontano da Huntsville. Il figlio di questa donna, poliziotto, era stato ucciso in servizio. L’omicida era stato condannato a morte ed ella era stata ammessa ad assistere alla procedura di esecuzione. Relotius racconta che questa donna gli avrebbe raccontato nei dettagli una drammatica storia personale. Ella, dopo l’uccisione del figlio, avrebbe partecipato come testimone a tutte le esecuzioni capitali negli Stati Uniti, girando il Paese a tale scopo. Ciò non corrisponde a verità. Relotius mai ha parlato con la donna, tanto meno in occasione dell’esecuzione di un assassino nel carcere di Huntsville, cui la donna avrebbe partecipato. La lista dei testimoni, fornita dal portavoce della giustizia criminale, riporta il nome di 37 persone, funzionari dello Stato, giornalisti, amici del giustiziato, parenti della vittima, componenti delle organizzazioni umanitarie, ma non quello della povera madre del poliziotto ucciso.
- Löwen jungen, apparso in Spiegel n. 8/2017. In questa inchiesta il giornalista narra la storia di due bambini che l’Isis avrebbe fatto diventare attentatori suicidi. Anche se taluni aspetti del narrato sarebbero plausibili – così l’opinione di Spiegel – è comunque certo che Relotius non ha raccolto le notizie riferite da uno dei ragazzi nella cella della prigione.
- Den Mann in die Menge, apparso in Spiegel n. 34/2015. In questo caso la storia è vera, ma di essa Relotius omette un particolare importante. Durante una manifestazione contro i neri in South Carolina, un dimostrante collassa e viene soccorso da un nero. Relotius parla di un razzista bianco salvato da un nero, omettendo però di riferire che il nero che aiuta il collassato è un funzionario di Polizia che compie il gesto nel quadro del suo servizio professionale.
- Gottes Diener, apparso in Spiegel n. 7/2015. La storia concerne un ginecologo abortista che viene presentato come l’ultimo esecutore di aborti nello Stato del Mississippi. A parte che è falso che si trattasse dell’ultimo medico abortista, inventata è la storia della conversione del ginecologo all’abortismo. Egli invero, secondo Relotius, sarebbe stato un duro avversario dell’aborto, ma si sarebbe convertito dopo aver saputo dell’uccisione nel maggio del 2009 della sua collega esecutrice di aborti George Tillers da parte di un fanatico pro-life. Come accertato da Spiegel, la storia della conversione è falsa perché il medico ha sempre praticato abort i.
Pericolo narrazioni ideologiche
5. Il metodo di redazione di Claas Relotius spinge fino al paradosso la pretesa ideologica del cosiddetto giornalismo indipendente.
Il primo passaggio di tale giornalismo, come accennato, è la separazione del fatto dal valore. Il giornalista indipendente ambisce di essere neutrale. Egli pretende di riferire solo i fatti, senza giudicarne il valore. I fatti sono soltanto fenomeni materiali; il valore glielo attribuisce ciascuno alla stregua della sua libera opzione valoriale. L’ideologia sottesa a tale concezione del giornalismo è il relativismo radicale. Fatto e valore non stanno tra loro intrinsecamente connessi nella trama concreta del dispiegarsi dell’agire umano nel mondo. Ogni accadimento, siccome frutto dell’esclusiva libertà dell’uomo, sarebbe privo di un valore che possa essere oggetto di una valutazione comune condivisa. Il valore, in quanto qualità attribuita al fatto dall’ideologia soggettivistica, è staccato dal suo referente materiale.
Il distacco del fatto dal valore significa però derealizzarlo, ovvero togliergli l’ancoraggio all’essere, cioè al vero, al buono, al giusto e al bello – o ai loro opposti – che gli danno una consistenza reale. Ma se i fatti non hanno una consistenza reale, tanto vale inventarli, o almeno, modificarli secondo le proprie scelte di valore. Alla derealizzazione dei fatti, conseguente alla separazione tra fatto e valore, consegue la sostituzione del fantastico al reale. Quest’ultima dimensione è costruita in modi diversi a seconda della soggettiva preferenza del giornalista.
Relotius è stato un campione della sostituzione del fantastico al reale, tanto da meritarsi i più prestigiosi premi giornalistici somministrati dalla comunità mediatica internazionale. Che una pecora nera riesca a salire ai vertici del giornalismo indipendente di punta è cosa strana. Salvo ritenere – come io ritengo – che lo stesso vizio di Relotius, seppure in maniera più sofisticata e meno sfacciata, infici larga parte della comunicazione somministrata dai comunicatori indipendenti. Fake news? Oppure narrazioni ideologiche e tendenziose? Soltanto le prime meritano condanna o anche le seconde? E soprattutto: come difendersi dalle seconde? Questo è il vero problema.
Foto Ansa
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