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Facebook ha un problema serio e non è il blackout

La manager Haugen, che aveva consegnato il materiale su cui il Wall Street Journal ha costruito i "Facebook Files", parla in tv e in Senato facendo ripartire le accuse verso il social di Zuckerberg: «È un monopolio»

Redazione
06/10/2021 - 6:30
Società
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Campagna pubblicitaria contro Facebook

Il blackout in quasi tutto il mondo per circa 7 ore di Facebook, Instagram e Whatsapp non è la principale preoccupazione di Mark Zuckerberg in queste ore. Neanche il crollo in Borsa (-5 per cento) è in cima ai pensieri del fondatore della piattaforma che, con i suoi 2,80 miliardi di utenti (1,84 attivi ogni giorno), rappresenta lo Stato più popoloso al mondo. A creare più di un grattacapo al re dei social network sono le rivelazioni di Frances Haugen.

I “Facebook Files”

La computer scientist e manager di 37 anni ha consegnato al Wall Street Journal migliaia di documenti interni segreti grazie ai quali il quotidiano ha costruito i suoi “Facebook Files“. Le accuse contenute nell’inchiesta sono tante e di gravità non trascurabile.

Domenica Haugen ha anche deciso di uscire allo scoperto e ha rilasciato un’intervista al programma 60 minutes della Cbs. Ieri la manager ha parlato davanti al Senato americano e nei prossimi mesi potrebbe giungere anche all’Europarlamento e in Francia: “Quando il governo si è reso conto che il fumo è nocivo per la salute è intervenuto. Vi supplico di farlo anche ora davanti ai danni sociali provocati da Facebook”, ha detto.

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L’algoritmo che semina discordia

Haugen sa ciò di cui parla: assunta nel 2019 come ingegnere informatico addetta ai dati, è divenuta product manager nel Civic Integrity Team, l’organismo creato dall’azienda di Zuckerberg per monitorare possibili interferenze nelle sue piattaforme in tempo di elezioni. A maggio il suo team è stato smantellato e lei ha deciso di lasciare Facebook portando con sé prova del funzionamento distorto del social network.

La manager ha denunciato, ad esempio, l’utilizzo massiccio di un algoritmo da parte di Facebook per diffondere discordia tra gli utenti, enfatizzando le posizioni più estreme, e così massimizzare i contatti e il tempo trascorso sulle piattaforme. Haugen ha svelato anche uno studio interno secondo il quale Instagram provoca danni psicologici seri alle ragazze più giovani. Nonostante questo, il sistema non è stato modificato.

Zuckerberg fa profitti, ovviamente

La manager contesta a Facebook di anteporre il proprio profitto alla sicurezza e al benessere degli utenti. «C’erano conflitti di interessi tra ciò che è buono per il pubblico e ciò che è buono per Facebook», ha spiegato a 60 Minutes. «E Facebook, ancora una volta, ha scelto di ottimizzare i suoi interessi e fare più soldi».

Per Zuckerberg si tratta dello scandalo più grave dopo il caso di Cambridge Analytica, che è valso alla piattaforma una multa da 5 miliardi di dollari. Ma come nel 2018, anche oggi non bisogna essere ingenui: qualcuno pensava davvero, allora, che Facebook non traesse alcun profitto dall’immensa mole di dati che raccoglieva (previo consenso, of course)? E oggi qualcuno pensa davvero che Facebook sia un mezzo che ha come scopo far evolvere il discorso democratico piuttosto che arricchire i proprietari della piattaforma?

«Facebook è un monopolio»

Haugen ha in fondo confermato ciò che tutti sanno o presentono: Facebook è un’azienda privata che fa profitti e utilizza ogni metodo per massimizzarli. Il problema è che oggi il social network ha 2,8 miliardi di utenti e ormai «è un monopolio», come denunciato sul Wsj da Mark Weinstein, fondatore di MeWe, social da 20 milioni di utenti in competizione con Facebook.

Secondo Weinstein, alla fine dell’anno prossimo Facebook investirà un miliardo di dollari per remunerare i creatori di contenuti originali (TikTok, per fare un paragone, arriva al massimo a 200 milioni). Sta stringendo accordi con i media più importanti al mondo per pubblicare i loro articoli su Facebook e si riserva il diritto di promuovere o penalizzare i media a seconda di come trattano gli argomenti. Un potere importante se si considera che, dati del Pew Research, un terzo degli americani si informa su Facebook.

E ancora, ogni volta che emerge un possibile competitor di Facebook, il social di Zuckerberg impedisce ai propri utenti di parlarne sulla piattaforma, non diffondendo i post che trattano dei social avversari o dichiarandoli arbitrariamente spam. Infine, conclude Weinstein, Facebook ha in mano i dati di mezzo mondo e sta puntando anche ai bambini con il servizio Messenger Kids:

«Pensavo che Facebook non fosse un monopolio, ma ora ho cambiato idea. È il più grande monopolio che il mondo abbia mai conosciuto. Ha più potere di qualunque governo o nazione per influenzare, manipolare e cambiare i pensieri, le opinioni, i voti e le tendenze d’acquisto su scala globale. Per affrontare questa sfida servono nuovi regolamenti per preservare la concorrenza».

Foto Ansa

Tags: facebookMark Zuckerbergsocial network
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