
Facci (Libero): “Amnistia? Certo. Ci vorrebbe un governo meno ossessionato dal consenso”
Pubblichiamo l’intervento che il giornalista di Libero Filippo Facci ha scritto a Tempi.it in occasione della conferenza stampa che lunedì 21 alle 12 Luigi Amicone e Marco Pannella terranno a Milano per chiedere al Parlamento di votare l’amnistia. La conferenza sarà trasmessa in diretta video da Radio Tempi e audio da Radio Radicale.
Per arrivare al punto: sono favorevole a un’amnistia. In un Paese civile, l’obiettivo dovrebbe essere la giusta oscillazione tra la cultura della legalità e il rispetto delle garanzie, ma da noi – è destino, pare – tutto si traduce nell’oscillazione tra il peggior forcaiolismo e il garantismo più peloso. Rinviamo ad altra sede il dibattito sugli effetti concreti della legge Fini-Giovanardi sulla droga: resta il fatto che la maggior parte di coloro che affollano le carceri, ora, sono dentro per quella legge, sulla cui efficacia peraltro ci sarebbe molto da dire. Sul numero dei carcerati, rispetto ai posti disponibili, non stiamo neanche più a sparare cifre: lo sanno tutti da una vita che mancano i posti-carcere. Nelle galere italiane ci sono stati più di trenta suicidi in pochi mesi, le carceri mancano perché nessun governo vuol metterci soldi e perché il costruirle non porta voti; tantomeno porta voti il proporre misure normali e civili – ma poco virili – come gli arresti domiciliari per chi ha quasi finito di scontare la pena.
Il nostro Paese negli ultimi lustri è stata oggetto dell’immigrazione che sappiamo, e il surplus dentro le galere, a badarci, corrisponde più o meno al numero degli stranieri incarcerati. Questo senza contare che il reato di clandestinità alla fine non è passato. E senza contare che il governo ha approvato la detenzione nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) sino a 18 mesi, luoghi dove si può finire anche senza aver commesso reati: a loro modo sono carceri anche quelle. Lo stesso governo ha teso indubbiamente a sparpagliare più carcere per nuovi reati: dalla custodia cautelare obbligatoria per gli accusati di stupro alle improbabili retate dell’improbabile decreto sulla prostituzione. A tal proposito tocca ricordare il provvedimento probabilmente meno garantista degli ultimi vent’anni, fortunatamente bocciato dalla Corte Costituzionale: quello che prevedeva il carcere automatico per tutti i sospettati (solo sospettati) di violenza sessuale e pedofilia, quella norma, cioè, popolar-forcaiola che il governo varò frettolosamente quando sembrava che in giro ci fossero solo romeni che stupravano donne. E invece, parentesi, era la classica bufera mediatica: sia perché molti accusati erano innocenti, sia perché gli stupri risultavano inferiori agli anni precedenti.
Molti obietteranno che il problema non è svuotare le carceri ma costruirne semplicemente di nuove per ficcarci dentro molta più gente. Funzione retributiva del carcere, chiamiamola. Ma l’unico che si è veramente sbattuto per realizzare un vero piano carceri, al governo, è stato il Guardasigilli Angelino Alfano. Anche Berlusconi, per un po’ di tempo, si era mostrato disponibile ad affrontare il problema sul serio. Di fatto, non è andata così. Gli 80 mila posti-carcere inizialmente auspicati dal Ministro, tenendo conto dei tempi di realizzazione, già di per loro rischiavano di peccare addirittura di modestia, un po’ come la terza corsia di certe autostrade: quando hai finito di costruirla, serve già la quarta. Il piano carceri effettivo, agli effetti, ha partorito una previsione di 9.510 posti in più: non bastano neppure per l’attuale fabbisogno. Secondo un’accurata inchiesta di Radiocarcere, oltretutto, molti dei nuovi padiglioni sono già stati costruiti ma sono vuoti, perché manca il personale: si parla di circa 2.000 posti detentivi inutilizzati.
Il misero dualismo che intrappola la politica italiana, più o meno, recita così: se non farete le carceri sarà necessario un altro indulto, e parte degli italiani vi spellerà vivi; se farete le carceri in tempi come questi, invece, il rischio è che dicano: ecco, c’è la crisi e loro spendono per i galeotti. E così non se ne esce. Ci vorrebbe un governo diverso, non ossessionato dai sondaggi e dal consenso. Speriamo di averlo trovato.
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