Il vero menefreghismo dei sani, il diritto al boia, la presunta umanità dell’eutanasia. Il bivio aperto dal marchigiano “costretto a ripiegare” sulla sedazione profonda e dalla preziosa testimonianza di Sylvie Menard
Fabio Ridolfi, marchigiano, tetraplegico da 18 anni che, affiancato dall'associazione Luca Coscioni, ha avviato una battaglia per il suicidio assistito e l'eutanasia, ha deciso di chiedere il distacco dei supporti vitali e di essere accompagnato incosciente alla morte con la sedazione profonda (foto Ansa)
Fabio Ridolfi «morirà tra pochi giorni», «ma non è così che avrebbe voluto morire», scrive Repubblica. «Si spegnerà per fame e sete, con la sedazione profonda, in più giorni, in un hospice, quando, invece, avrebbe legittimamente potuto mettere fine alla propria vita, in pochi minuti, con il suicidio assistito».
«”Non ho paura di morire, anzi non vedo l’ora, e spero che il mio gesto serva ad altri come me”, spiega con gli occhi questo 46enne ex muratore, ex batterista che due giorni fa ha deciso di aprire la porta della sua stanza dove vive immobilizzato da 18 anni, alla stampa e alle televisioni. Per gridare, pur con la voce del computer, insieme al fratello Andrea, a Filomena Gallo e Marco Cappato dell’Associazione Coscioni: “Grazie al vostro menefreghismo sono costretto a scegliere la strada della sedazione profonda, per evitare di soffrire in modo disumano a causa delle vostre lungaggini burocratiche per ottenere il suicidio assistito”».
Il corpo come «atto politico» p...